Breve storia - parte 1 e 2
Erano le quattro del pomeriggio quando Osvaldo, Guido ed io – passeggiando per via Pittore – incrociammo quelle della 3^ C. Erano come noi della scuola media “Guglielmo Marconi” di San Giorgio a Cremano, solo che noi tre stavamo in 3^ A e nessuna sezione era mista, per questo non eravamo mai riusciti a parlare con una ragazza. Desideravamo tanto farlo, per fare amicizia. Il nostro sogno sarebbe stato poter uscire insieme, per andare a ballare, al cinema, farsi una pizza insieme, anche solo passeggiare. Conoscere, parlare, comunicare…
Io e Osvaldo incitammo Guido – il più coraggioso dei tre – a farsi avanti. Dopo un tempo che sembrò un’eternità (come avrebbero reagito, ci chiedevamo, avrebbero frainteso le nostre intenzioni, avrebbero capito?) il nostro amico si convinse e finalmente si rivolse ad una di loro.
«Sei un prosaico!» sentenziò la ragazza. E il sogno finì.
Oggi sembra nulla il fatto che le parole di Guido furono stroncate sul nascere, ma allora fu un trauma per tutti e tre.
Decisamente noi tre non eravamo tipi da attaccar bottone con la prima che passa o prendere in giro le ragazze fuori la scuola: eravamo di animo sensibile, di idee aperte, facevamo ragionamenti profondi. Eravamo indubbiamente curiosi, aperti alla conoscenza, ma la vera conoscenza non era mai una cosa superficiale per noi.
Passeggiavamo tanto, parlavamo tanto e di tutto, passeggiavamo sempre, andavamo dappertutto. In pochi mesi avevamo battuto tutte le strade di Barra e San Giorgio a Cremano. In queste lunghe camminate, col sole o con il freddo, cercavamo di conoscere il principio delle cose, l’essenza delle persone, la verità degli avvenimenti contemporanei come di quelli storici. Ci facevamo domande sulla politica, sulle donne, sulla vita, sul futuro, su tutto. Come sulla guerra del Vietnam. Fu scioccante l’episodio, che aveva letto Guido e di cui discutemmo, di una ragazza vietnamita (violentata ed “agganciata” ad un albero, a testa in giù, dopo averle tagliato i seni) perché inaccettabile l’idea di quei soldati americani – magari poco più grandi di noi – che non erano certo quelli del motto hollivoodiano “arrivano i nostri”.
Il modo di passeggiare e conversare somigliava a quello dei filosofi greci, idealmente e realmente tra viali ombreggiati e prati del grande parco dell’Accademia, dove Aristotele e altri si riunivano intorno a Platone. Il livello di discussione era tale che arrivammo fino a Dio… ed a proposito di Dio…
Un tardo pomeriggio d’inverno, dopo una fase di “pedinamento” (senza farci notare, con tanta insicurezza e timore) ad una ragazza iniziato a via Libertà, e dopo essere giunti a ben metà del viale Leonardo Da Vinci, io riuscìi a superare il disagio dell’imbarazzo.
La fermai: «Tu credi in Dio?» le chiesi. «Perché, sei un evangelico?» rispose lei.
Evidentemente non era abituata a sentirsi rivolgere domande più profonde, per esempio, di chi fosse il cantante dei “Primitives” (Mal) oppure “vuoi un gelato?” da ragazzi di 14 anni, infatti non fummo capiti.
Un giorno sembrò affacciarsi una buona occasione. Il mercoledì della Settimana Santa del 1968, nelle ultime due ore, la scuola intera doveva recarsi alla chiesa di Padre Talento in via Gianturco. All’uscita della messa, un paio di ragazze della 3^ C s’incamminarono per via S. Giorgio Vecchia. Dopo il discorso di amore fraterno e di pace fatto dal parroco, e la prossimità della Santa Pasqua, noi tre, ancora presi dall’atmosfera di fratellanza (e dopo alcune centinaia di metri di forte indecisione) ci risolvemmo finalmente a fermare le ragazze. Riuscimmo per la prima volta ad esternare il desiderio di fare conoscenza, le ragazze sorrisero: condividevano le nostre idee, erano affascinate da quei discorsi sul valore dell’amicizia e del come sarebbe stato bello condividere… improvvisamente piombò il fratello maggiore di una di loro minacciando di menarci: se non volevamo guai non avremmo dovuto permetterci non solo di rivolgere la parola alla sorella, ma nemmeno lontanamente di avvicinarci.
Anche questo fu un vero trauma.
Durante tutto il primo anno della nostra amicizia, dall’ottobre ’67 (inizio della terza media) fino al settembre ’68 (quando conoscemmo Manuela Biasi, una felice amicizia) non avemmo alcuna amica.