Sul correre

Certo che però correre così, come oggi, è bello. Avevo paura del bosco, ma mi sentivo, dopo 30 minuti, come se avessi potuto continuare per sempre, e vorrei che fosse così. Vorrei addormentarmi una sera e cadere in un paradosso, iniziare a correre con il subconscio e non fermarmi, svegliarmi, mai. Correrei via verso le montagne, correrei a 4 zampe, sarei tutti gli animali del mondo, sarei materia come lego, come play-doh. Mi disintegrerei per fluire con l’acqua, attorcigliarmi con i fili che danno corrente ad un temporale, potrei cantare insieme alla musica delle sfere, e il grande nessuno sarebbe lì ad ascoltarmi, a spingermi in avanti con un silenzio ubiquitario, sostenermi senza toccarmi né considerarmi, atto di volontà assoluto e neutrale. Non c’è spazio nello spazio infinito come non c’è sentimento nel cuore dell’amore senza pareti. Sto scrivendo a vanvera per precedere il senso di colpa che mi sta legato alle caviglie: è caratteristico di me come umano voler usare una matassa di parole curiosamente accostate per auto-confondermi. Sono troppo paralitica per l’eroina, non sarò mai abbastanza.. abbastanza per UN’eroina. Ma dicevo: ogni passettino avanti che le mie cellule fanno.. non ha senso. Non ha nessun senso quello che voglio tirarmi fuori dal petto. C’è dolore ovunque ma io non mi muovo. Corro come un criceto terrorizzato ma sono sempre qui, solida, innegabile. Sento il mio corpo che urla, e la mia coscienza è scossa dal panico e vorrebbe solo non essere, non essere sé stessa, presente, senziente, ma non ha senso. La stretta intorno agli occhi che sento adesso, con una canzone che mi annulla, è una cosa che mi lascia annichilita dalla sorpresa. Cosa vuol dire. Cosa diavolo devo fare? Come faccio? Cosa dico?
Ho ancora paura, ma il mio corpo continua a portarmi avanti. E' la cosa più meravigliosa che mi viene in mente in questo momento.