Quando stendi il tuo corpo sul letto, tra le lenzuola e la coperta, sei consapevole che per qualche ora la tua frenetica vita cesserà di essere vissuta; o meglio, che per un tempo non calcolabile non avrai consapevolezza di essa. Eppure quest’idea non ti spaventa; calano le tue palpebre. Ora è solo uno schermo nero, un’incessante cascata di catrame, uno sguardo all’universo orfano di stelle, il presentimento di ciò che seguirà al tuo ultimo respiro. E mentre sprofondi, incosciente, nel magma della notte, i tuoi occhi, smeraldi burloni, si giocano di te; è loro abitudine attendere il tuo sonno, per poi assistere solitari ai più grandiosi spettacoli, colossali visioni sconosciute perfino all’immaginazione umana, nei suoi momenti di maggiore creatività. In queste feste dei colori invisibili e dei suoni muti, vivono le creature mai nate, si stagliano le praterie impossibili, scompare la logica del tempo e della causa. E nonostante tutto, talvolta, riesci a ingannare i tuoi stessi occhi e sbirciare timidamente quella terrificante bellezza, che la mattina dopo chiamerai Sogno; e la maggior parte delle volte la vista è talmente abbagliante, talmente sconvolgente nella sua maestosità e dispersione, che quando tenti di raccontarla, il tuo ricordo è confuso e distratto a tal punto, da non poter essere espresso con parole e immagini umane.
Non disperare, eccitato cuore.
Questa notte tradiremo la consuetudine.
Accontenteremo le nostre pupille, addormentandoci, ma ci incontreremo sulla medesima spiaggia, fiammante di stelle, sposando i nostri sogni. Così vivremo anche noi, per un poco, nel luogo che orologio non conosce, né ordine; e saremo cullati dall’astrattezza del Tutto, senza nostalgia delle mere esistenze. Così faremo, allietato cuore.
E non avremo bisogno di raccontarlo a nessuno.