matteo freemind
00giovedì 4 ottobre 2007 12:20
Salve
Salve, a tutti. Innanzitutti mi presento, sono Matteo, ho 23 anni, e mi appassionano molto la lettura e la scrittura. Da tempo collaboro anche con un giornale locale. Vi propongo un racconto che ho scritto, sperando che lo leggerete con piacere e mi darete un giudizio. Non soffermatevi a guardare errori di ortografia e tecniche di scrittura. Io prefereisco puntare ai contenuti.



SANGUE
Quella dannata bambina non voleva smettere di piangere. Avrà cominciato che erano circa le tre e da allora Piero non aveva più chiuso occhio, e ormai si erano fatte le sette, inutile riaddormentarsi quando ci si doveva alzare di lì a poco. Non era la prima nottataccia che passava a causa della sua sorellina ma da quando erano cominciate le visioni il sonno per Piero era diventato prezioso e fondamentale, solo dormendo poteva liberarsi dal sangue. Quel sangue che lo perseguitava ovunque, che impregnava ogni cosa, che costituiva le fondamenta del mondo che lo circondava. Piero aveva cominciato a vederlo circa un mese prima, quando a scuola avevano proiettato un documentario sulla fame nel mondo, con immagini molto crude ed impressionanti su bambini malnutriti e sfruttati. Piero aveva avuto un violento attacco di vomito, ma per fortuna era riuscito a correre in bagno, se vomitava lì in aula di fronte a tutti la sua già scarsa reputazione scolastica sarebbe scesa sotto zero. Tornato in aula capì chiaramente cosa aveva causato il suo disgusto, non le immagini che aveva visto sullo schermo ma quelle che vedeva tutti i giorni con i suoi occhi. Ma il mondo va così, già si sa e Piero lo aveva imparato bene. Dopo il documentario come sempre partiva il dibattito sul film, prese la parola Maria-Annalisa, una delle studentesse più popolari della scuola, cresciuta immaginandosi una cheerleader di un college movie americano. Prima di accingersi a parlare si accorse che il suo trucco non era a posto, e si passò una mano di rossetto. “Ma tiratela di meno, sei troppo ridicola” pensò Piero. “Io credo che questo film debba fare riflettere le nostre coscienze su temi come la fame e la povertà!” disse la ragazza, “ma va a xxxxx xxxxx cavati quel maglione di Prada poi vienimi a parlare di povertà!” pensò Piero tra sé. Fu in quel momento che il sangue gli apparve per la prima volta. Vide il maglione di Maria-Annalisa coprirsi di sangue, sangue usciva dai suoi capelli, tutti erano coperti di sangue. Piero cominciò a tremare ma non disse una parola. Elena, un’altra sua compagna seduta accanto a lui lo aveva visto impallidire di colpo e gli chiese se si sentisse bene, Piero stava per risponderle ma ad un tratto il ciondolo diamantato che Elena portava al collo cominciò a schizzargli sangue addosso, il bagliore di quei diamanti diventati rossi come rubini ora lo accecava, poi Elena fu trascinata via da un suo compagno che irruppe dicendo «ma lascia stare questo sfigato, basta guardare come si veste per capire che non c’è tutto, ha dei vestiti passati di moda ormai da mesi». Tutto era sporco di sangue, era spaventoso. Da quel giorno la visione del sangue non lo aveva più abbandonato, temeva di essere divenuto schizofrenico, e d’altronde non ne poteva certamente parlare con sua madre. Piero l’aveva sempre considerata una donna insulsa. Sì, insulsa e mediocre, che altro avrebbe potuto pensare di una donna che tempo fa era quasi morta d’infarto per aver perso un paio di orecchini. Non passava giorno che la madre di Piero non tornasse a casa con un nuovo vestito o un nuovo paio di scarpe, si rifiutava categoricamente di presentarsi in ufficio con gli stessi abiti del giorno prima e disprezzava a morte coloro che non lo facevano, se ne usciva spesso con cose del tipo: “non si dovrebbe dare lavoro a certi straccioni che si presentano in ufficio con vestiti comprati dai cinesi”, sfoggiava con orgoglio abiti di ogni marca. Piero amava vestirsi sempre con la stessa felpa e lo stesso paio di jeans, poco gliene fragava di ciò che gli altri pensassero di lui. Scese in cucina ancora assonnato per fare colazione, a scuola lo aspettava una giornata pesante, noiosa in compagnia di gente che odiava. Non appena si fu sfregato gli occhi cominciò a vedere nuovamente il sangue, sua madre era tutta piena di sangue, tutta la cucina aveva l’aspetto di una macelleria. Si sfregò gli occhi cercando di allontanare quella visione, ma non se ne andava, sua madre lo avrebbe preso per matto se avesse saputo, no, lei non doveva sapere nulla, nessuno doveva sapere nulla. La voce dell’insulsa donnaccia lo spuntò a distrarlo dai suoi pensieri: «Ti vedo strano ultimamente, che hai?» gli chiese con aria inquisitoria, «niente» rispose evasivamente Piero. «Non sarà che hai smesso di studiare vero?, Ho già detto a tutte le mie amiche del privé che passerai l’esame con ottimo, vedi di non deludermi, altrimenti chissà che penseranno di noi!». “Ma perché la sto ancora a sentire” pensò Piero tra sé e se ne uscì di casa senza nemmeno rispondere. L’autobus quella mattina arrivò puntuale, almeno una volta avrebbe evitato le prese in giro dei compagni che arrivavano sempre perfettamente in tempo perché li accompagnavano i genitori. Il sangue grazie a Dio era momentaneamente scomparso, forse oggi gli avrebbe dato tregua. Si mise a sedere, l’autobus era semivuoto, cercò di estrarre l’Ipod dallo zaino per ascoltare un po’ di musica in attesa che l’autobus giungesse a destinazione. Non lo trovò. “Eppure non ricordo di averlo tolto dallo zaino” pensò Piero. Quando rialzò lo sguardo vide di fronte a lui un bambino dai tratti asiatici, piccolo sporco, e malvestito che teneva in mano il suo Ipod. Piero non seppe che dire, il bambino gli porse l’Ipod. La mano gli sanguinava, sembrava che il minuscolo lettore mp3 fosse un rasoio nelle sue mani. Il bambino si mise a piangere per il dolore. Consegnò l’Ipod nelle mani di Piero e poi si accasciò a terra, fissando Piero con occhi spenti e vitrei. Con voce flebile quel corpicino martoriato e distrutto che giaceva a terra si mise a dire: «vedrai, perché sai vedere!». Piero iniziava ad essere spaventato ma riuscì a chiedere «chi sei?». Spuntò una voce che risvegliò bruscamente Piero dal piccolo incubo che si stava consumando, «dici a me?» disse un uomo di mezza età seduto di fronte a lui. «No, mi scusi!» rispose Piero imbarazzato, che poi aggiunse «mi scusi, lei sa chi fosse quel bambino che era qui poco fa?». Il tizio lo guardò esterrefatto, «non ricordo di aver visto salire nessun bambino, ti senti bene ragazzo?». “Andiamo bene, prima il sangue ora i bambini immaginari, mi sto proprio rincoglionendo del tutto” pensò tristemente Piero. Era ormai giunto alla sua fermata quando si accorse che l’Ipod gli aveva sporcato le mani di sangue, era sporco di sangue come non mai, dallo schermo sgocciolava sangue su sangue. Piero lo ripose nello zaino, appena giunto a scuola il suo primo istinto fu di correre in bagno a lavarsi le mani ma poi si disse: “ma a che serve, tanto lo vedo solo io questo sangue». Non era il solo ad avere le mani sporche, tutti a scuola avevano mani sporche di sangue, nessuno se ne accorgeva solo Piero vedeva. A quel punto gli tornarono in mente la parole del bimbo immaginario, “vedrai perché sai vedere”. Ma quello che vedo davvero c’è e lo vedo solo io oppure vedo cose non ci sono. In preda a questo dilemma cominciò la prima lezione della giornata. Scienze, una rottura xxxx senza confini. Aprì il libro con le mani insanguinate. Le ore passavano lente e noiose, arrivò poi il momento più stressante dell’intera mattinata, la ricreazione. I suoi compagni lo prendevano di mira senza sosta, Piero capiva che quel comportamento era dettato più dall’inferiorità intellettuale che da una reale cattiveria pensava Piero, quindi il sentimento che provava verso i bulli era più che altro compassione. Lo circondarono in 4 e cominciarono a farsi gioco di lui, «ma da dove xxxx sbuca fuori uno come te, non lo vogliamo in classe con noi». I quattro bulli indossavano lo stesso modello di maglia. Elegantissimi maglioni firmati D&G, Piero cominciò a guardarli con insistenza. «Che c’è, ti piacciano i nostri vestiti? Li abbiamo comprati ieri al centro commerciale con le ragazze, noi non ci vestiamo da straccioni come te». In realtà il motivo per cui Piero li fissava era un altro, dai loro maglioni cominciò a grondare una cascata di sangue che lo sommerse. La scritta D&G era ora colorata di rosso. Piero cominciò ad urlare spaventato, al che la professoressa di scienza accorse subito. Che succede qui, «non lo so prof, questo scemo ha preso ad urlare, noi non lo abbiamo toccato». Piero capì che doveva darsi un contegno, o l’avrebbero davvero preso per matto. La giornata scolastica volse al termine con la lezione di educazione fisica. Era una bella giornata e i maschi disputarono una partita di calcio all’aperto. Piero come sempre giocava in porta, dove venivano rifilati i più scarsi, o meglio, quelli che non passavano i pomeriggio agli allenamenti di calcio come i suoi compagni. La palla andò a finire fuori dal campo, all’unanimità i compagni decisero che doveva essere Piero ad andarla a prendere, Piero subì quella prepotenza in silenzio e si allontanò in cerca della palla. La trovò accanto ad un prato, ma ciò che vide lo lasciò stupefatto. Il bambino dell’autobus, era chino sopra la palla e la stringeva a sé. «Sei tu, ma che ci fai qui?», chiese Piero, senza ottenere risposta. Non gli restò che aggiungere «beh,dammi la palla», in quell’istante il bambino alzò la testa e Piero vide chiaramente che stava trafficando con ago e filo, stava cucendo il pallone. Piero rimase esterrefatto e non ebbe il coraggio di parlare. Il bambino gli consegnò poi il pallone in mano, ma era completamente sporco di sangue. Gli scivolò via dalle mani. Cercò nuovamente di raccogliere quella palla sporca di sangue ma era troppo viscida per farsi raccogliere. Il bambino cadde a terra stremato dalla fatica. Pierò si chinò e cercò di scuoterlo, gli disse «coraggio non mollare, ho capito ciò che mi volevi dire, sì hai ragione io vedo, nessuno vuole vedere e nessuno vede, ma io sto imparando a vedere le cose per come sono». Un urlo lo scosse improvvisamente, «Piero ma che xxxx fai? Dove sei andato a prendere quella palla? Sei andato in Cina a fartelo ricucire dai bambini?». Al sentire quella battuta i compagni di Piero cominciarono a ridacchiare in maniera infantile. Ma Piero fu scosso da un forte brivido di rabbia, e calciò una pallonata talmente forte in direzione del suo compagno da beccarlo in piena faccia e fargli sanguinare il naso. “Finalmente vedo del sangue reale”, pensò Piero provando un liberatorio senso di soddisfazione. «Ti sbagli», disse il bambino che era riapparso in piedi accanto a lui, «la vera realtà è quella che vedi tu, non quella che vedono loro», disse il bimbo prima di scomparire definitivamente in un lago di sangue.
ELIPIOVEX
00giovedì 4 ottobre 2007 14:25
L'idea è sicuramente originale.
Il sangue delle persone povere ricade sulla nostra indifferenza ogni giorno.
Siamo tolleranti sulla forma e sull'ortografia... un po' meno sulle parolacce [SM=x142882] saranno anche colloquiali ma da regolamento non sono bene accette [SM=x142888]
matteo freemind
00giovedì 4 ottobre 2007 17:51
Messo agli atti. Grazie di avermi avvisato. [SM=g27811]
Cobite
00martedì 9 ottobre 2007 14:30


Benvenuto in Fiori di pensiero [SM=x142846]

Non diciamo più di tanto, ma secondo me anche la forma ha la sua importanza.
A te basterebbe una piccola rivisitazione per perfezionarla [SM=x142888]

Ciao

[SM=x142848] Giancarlo

fiordineve
00lunedì 5 novembre 2007 01:00



Cavoli, terrificante nella sua originialità.
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