Sarebbe mai cambiato? Lei ci aveva sperato così tanto, aveva fatto di tutto per tirarlo fuori da quella vita, ma era stato tutto inutile; S amava immaginarsi e vivere come un personaggio di Bukowsky, se ne compiaceva, nera quasi sicura che ne fosse fiero, glielo leggeva in quel suo sorriso vuoto.
Pioveva il giorno dopo, erano le 11 del mattino, Sadie camminava veloce lungo il marciapiede affollato, teneva la testa china, non guardava nessuno, i lunghi e lucenti capelli castani le accarezzavano il volto e ondeggiavano leggeri sulle spalle. Arrivò alla porta. Respirò. Pigiò il dito pallido sul bottone di ottone. S le aprì con indosso solo i boxer, profumava di schiuma da barba, si era appena fatto la doccia. La casa era stranamente pulita, niente bottiglie vuote, niente piatti sporchi nel lavandino, addirittura i libri non erano sparsi ovunque su pavimento e mobili, me relativemente ordinati e accatastati in un angolo, insieme a pile di fogli e quaderni pieni della solita scrittura fittissima. Lui le sorrise malizioso e la fece sedere in cucina dove una tazza di the fumante la aspettava, Sadie non poteva nascondere il suo stupore ma non si faceva illusioni, ne aveva già visti di tentativi del genere. Si tolse il cappotto blu scuro e lo poggiò allo schienale della sedia verde prato sulla quale si era seduta, era la sua preferita, e il giorno in cui insieme avevano deciso di dipingere ogni sedia con un colore dell'arcobaleno era stato uno dei più belli che si ricordasse di aver passato con S.
S le si avvicinò e si chinò per guardarla meglio, era davvero bellissima, quelle gambe lunghe e dritte avrebbero fatto impazzire qulunque uomo, era intelligente sveglia e dolce, troppo perfetta per trovare qualcuno che la valorizzasse quanto meritava; fissò i suoi occhi grigi nella bruna profondità dei suoi, le scostò una ciocca di capelli color ebano che le copriva la fronte immacolata, le si avvicinò ancora fino a quando riuscì a sentire il suo profumo di mare e di lavanda, le sfiorò l'orecchio con le labbra e sussurrò "Grazie".
Sadie avvertì un brivido correrle su per la schiena e fremette, cercò le sigarette nella borsa e ne accese una.
"Butta quello schifo, ti fa male"
"Ah detto da te non è che sia molto credibile. Cosa sappiamo di questa donna misteriosa?"
"Quasi nulla, l'ho vista un anno fa l'ultima volta, lavorava per una rivista, faceva servizi fotografici di moda credo...qui a Londra"
"Ok, mia sorella conosce tutti in quell'ambiente, dammi qualche giorno e se è ancora a Londra te la troverò"
"Sara"
"Eh?"
"Si chiama Sara"
Mangiò cinese quella sera Sadie, seduta sul tappeto a gambe incrociate, come una bambina, continuava a guardare la vecchia foto che S le aveva dato. Carina. Niente di speciale. Eppure aveva qualcosa di affascinante, un'ombra negli occhi, aveva lo sguardo malinconico che Sadie conosceva bene, lo stesso che l'aveva fatta innamorare, quello sguardo, che solo in una persona aveva visto.
Una tristezza pulsante la investì, non era arrabbiata, nè gelosa. Come avrebbe potuto esserlo daltronde? Era tutto così chiaro. Così semplice. Quella ragazza e S erano parti dello stesso mondo, lei aveva quello sguardo, Sara possedeva in quegli occhi tutte le risposte che Sadie aveva provato ad afferrare per tanto tempo, ci aveva messo tutta se stessa, senza mai riuscire nemmeno a sfiorarle. Credeva che nessuna donna ci sarebbe mai riuscita. Non si era sbagliata. Sara non aveva quelle risposte, non le aveva mai cercate. Era questo che Sadie non avrebbe mai capito: Sara negli occhi non aveva nessuna risposta, Sara e S non cercavano nè volevano risposte, le creature come loro, negli occhi, hanno solo domande.
Dopo una settimana la sorella di Sadie riuscì a rintracciare Sara e come chiestole dalla sorella, le organizzò un incontro: Covent Garden, pausa pranzo.
Era una bella giornata, una brezza leggere accarezzava i volti e il sole splendente sorrideva al mondo dall'alto del suo cielo limpido.
Sadie la riconobbe subito, era seduta a un tavolino, con un dito sfiorava il bordo della tazzina di caffè che vuota le stava davanti, fissava il vuoto. Era cambiata, era una donna, non più la ragazzina della foto, i capelli erano più lunghi e più scuri, biondo cenere, i lineamenti si erano inaspriti col tempo, ma le labbra erano le stesse, morbide e carnose, aveva gli occhi lievemente truccati di grigio scuro e un velo di phard a colorarle gli zigomi pronunciati.
Aveva 26 anni.
Sadie si sedette di fronte a lei.
"Piacere mi chiamo Sadie"
"Sara"
"Grazie di avermi incontrata avevo davvero bisogno di parlarti"
"Beh, non ho molto tempo. E ringrazia che tua sorella sia una grande professionista che rispetto molto, perchè se non me lo avesse chiesto lei non sarei mai venuta. Sappilo"
"Ok...ok"
"Allora, cosa vuoi?"
"Una persona mi ha chiesto di cercarti...ecco"
Le porse la foto, e fu evidente che quella vista le avesse provocato un forte sentimento, per un secondo quella corazza inespugnabile sembrò vacillare, quella donna di ghiaccio sembrò sul punto di sciogliersi; ma durò solo un secondo.
"E questa che significa? Sei qui per prendermi in giro?"
"No. S vuole vederti, non fingere di non sapere di cosa stia parlando. So che lo conosci, nella foto siete abbracciati."
"Certo che lo conosco. Ma questa foto è di otto anni fa, ero una ragazzina"
"Lui ha bisogno di vederti, ma non è esattamente questo il motivo per cui ti ho chiesto di venire qui"
"Sono tutta orecchie" Ora il suo viso era coperto da una maschera di cinismo e ironia.
"Io amo S. Non fargli del male. E' fragile, non ha bisogno che una stronza gli rovini la vita"
Sara sorrise.
"Va bene piccola. Non ti preoccupare, non ho nemmeno intenzione di incontrarlo. E' tutto tuo"
Così dicendo si alzò, si accese una sigaretta e sparì tra la gente.
Sadie rimase sola. Era tremendamente arrabbiata. Se c'era stata una ragazza che aveva fatto innamorare S, non esisteva più. La cinica e saccente Sara aveva preso il posto della meravigliosa bambina dagli occhi sognanti.