Per non dimenticare.MAI!
Piera e la madre si ritrovarono dunque libere e stremate dall’emozione, non sapevano dove dirigersi, non certo in via Flaminia! Ma di lì a poco ci sarebbe stato il coprifuoco. Allora Piera si ricordò della signora Di Santolo che aveva conosciuto il giorno prima ed era stata tanto gentile; certamente le avrebbe aiutate per quella notte. Mai avrebbero sperato di ritrovare lì i loro familiari!
A voler riflettere, pare che nel nostro linguaggio manchi la parola giusta per comunicare quell’indefinibile sentimento di gioia d’esser salvo che vive all’unisono con lo strano rimorso verso chi non si è salvato. Il rimorso è l’inquietudine dell’anima di chi avendo una colpa, sente di doversene vergognare e dunque non può riguardare gli innocenti che si salvarono! Ed allora quale parola può definire quella strana mescolanza di gioia d’esser vivo e dolore straziante che ha inquietato gli animi di mille e mille ebrei che salvi, hanno patito la perdita dei loro cari? E perché esiste, al di là del nome che potremmo dargli? Forse perché talvolta ci si domanda quale caso ha evitato l’annientamento di alcuni e favorito quello d’altri? Forse si è portati a pensare che nel momento del rischio il Signore abbia ascoltato le preghiere di alcuni ed ignorate quelle d’altri? Forse è un’assurda autocensura che ti vuole impedire di gioire d’esser vivo mentre altri non lo sono più? Forse perché l’immane tragedia ti ha messo di fronte alla tua impotenza? Mistero l’animo umano con tutto il suo mare profondo di pensieri ed incertezze!…Alberta è questa “l’inquietudine” che hai sentito mentre nascosta, le SS portavano via i tuoi cari? Ed è ancora questa che ti ha angosciato l’animo nel momento stesso in cui hai avuto la gioia di riabbracciare tua madre e tua sorella? Oh cara splendida Alberta! Tu ora sai quanto l’uomo è in debito con te, perché sull’uomo ha compiuto lo scempio massimo: quello di avere annientato nel suo simile, prima ancora della vita, la sua dignità, togliendogli il nome, i ricordi e costringendolo a rapporti che di umano non avevano più nulla…
L’ingegnere Mario Levi, la signora Alba Ravenna in Levi, zii di Alberta, Giorgio Levi suo cugino di soli sedici anni non tornarono mai più: insieme a tutti gli altri sventurati ebrei catturati quel giorno a Roma, il 18 ottobre, di mattina ben presto per non diffondere ai più, l’ignobile operato, furono trasferiti in un lungo treno bestiame alla Stazione Tiburtina. Dopo alcune ore quel treno, con il suo tragico carico umano è partito: nessuno si è parato innanzi alla locomotiva per impedirne la partenza, le coscienze erano ormai assopite nella paura e nella più completa assenza di discernimento del bene dal male. Solo a Padova, dopo ben due giorni, alcune coraggiose signore della Croce Rossa Italiana, affrontando lunghe discussioni con le SS, ottennero il permesso di offrire acqua a quelle innumerevoli persone, chiuse in vagoni blindati da cui uscivano grida e pianti di bambini, mani tese, voci che inviavano all’esterno, messaggi per persone care.
Il viaggio si concluse ad Auschwitz il 22 ottobre sera. I prigionieri sono rimasti in quei vagoni maleodoranti, senza gabinetti, fino al 23 mattina. Finalmente vennero tolti i sigilli e aperte le porte : un’umanità dolente e silenziosa venne fatta scendere per essere subito selezionata : erano in tutto 1023 persone, ma nei funerei registri del campo venne scritto 1023 “pezzi”! Coloro che sembrarono in discrete condizioni e dunque abili ai lavori del campo furono messi da una parte:149 uomini, da un’altra parte 47 donne; tutti gli altri,827 persone, di cui 244 bambini sotto i 10 anni, quel giorno stesso, 23 ottobre 1943, vennero inviati prima nelle camere a gas, poi nei forni crematori.
244 bambini sotto i dieci anni: bambini le cui madri continuarono, durante quel viaggio ormai senza speranza, a dare le attenzioni che solo le madri sanno dare, il conforto dell’abbraccio, il sorriso che maschera l’angoscia, il grembo come culla…bambini che con occhi stupiti e spaventati trovarono tra le gonne materne, l’ultima illusione di difesa e protezione. Piccole colline di scarpette d’ogni colore e misura furono l’ultimo segno del loro passaggio: scarpette rimaste piccole per sempre, perché ai piedini di chi le calzava, fu impedito di crescere.
Alberta e la sua famiglia, seppero dopo anni e caparbie ricerche che, fra i 149 uomini mandati a lavorare, c’erano anche lo zio Mario ed il cugino Giorgio. I loro nomi sono stati ritrovati ancora fra i vivi nei macabri registri di Auschwitz, nel dicembre del 1943. Poi più niente.
Di quel convoglio solo 17 persone rientrarono in Italia a liberazione avvenuta.
LA SPERANZA
Per lunghi anni Alberta ha custodito la sua storia nei recessi più remoti del suo cuore, senza raccontarla ai suoi figli : non ha voluto vedere nei loro occhi “quella” paura, li ha voluti veder crescere fiduciosi della bontà degli altri. Ella esprime pieno consenso al film di Benigni in cui quel padre custodisce fino al sacrificio estremo, la crescita serena del figlioletto, e maschera fino all’inverosimile l’orrore del campo nazista in cui un’ideologia folle e malvagia li aveva sospinti.
Le ferite indicibilmente profonde e dolorose, che le sono state inferte durante gli anni della gioventù, che di solito sono i più belli della vita, non si sono mai rimarginate. Tuttavia, quando pian piano, ella, si è riappropriata con forza e sfida, della sua identità , ha voluto andare incontro alla vita con fiducia. C’è scritto nell’Ecclesiaste: c’è un tempo per piangere, c’è un tempo per ridere, c’è un tempo per morire, c’è un tempo per vivere. Quando è il tempo di vivere, bisogna farlo nella speranza d’essere felice.
Forse doveva ben saperlo anche l’anonimo ebreo che, nell’allucinante realtà d’un campo di sterminio come Auschwitz, in quella speranza, ebbe a scrivere:
DA DOMANI SARO’ TRISTE, DA DOMANI
MA OGGI SARO’ CONTENTO.
A CHE SERVE ESSERE TRISTI, A CHE SERVE?
PERCHE’ SOFFIA UN VENTO CATTIVO?
PERCHE’DOVREI DOLERMI OGGI DEL DOMANI?
FORSE IL DOMANI E’ BUONO
FORSE IL DOMANI E’ CHIARO
FORSE DOMANI SPLENDERA’ANCORA IL SOLE
E NON VI SARA’MOTIVO DI TRISTEZZA.
DA DOMANI SARO’TRISTE,DA DOMANI.
MA OGGI, OGGI SARO’CONTENTO
E A OGNI AMARO GIORNO
“DA DOMANI-DIRO’-SARO’TRISTE.
OGGI NO”.
FINE
Lili B.-Napoli, giugno 2001-
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