Osservatorio Crisi Dimenticate: quando il silenzio uccide (da MSF)

Cobite
00giovedì 24 febbraio 2005 10:13

Citazione da Medici Senza Frontiere.
www.msf.it/crisi_dimenticate/index.shtml)


Osservatorio Crisi Dimenticate: quando il silenzio uccide

Presentato il primo Rapporto dell’Osservatorio Crisi Dimenticate di Medici Senza Frontiere Un’analisi dello spazio che i media italiani dedicano alle emergenza umanitarie

Roma, 18 febbraio 2005. L’associazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere ha presentato oggi a Roma il primo rapporto dell’Osservatorio Crisi Dimenticate: un’iniziativa in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia e Orao-News e con il sostegno della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza.

Lo studio ha analizzato dal punto di vista qualitativo e quantitativo lo spazio che i media italiani hanno dedicato alle emergenze umanitarie nel secondo semestre del 2004. Sotto la lente sono finiti i principali quotidiani e periodici e le principali edizioni (pranzo/sera) dei TG nazionali di Rai, Mediaset e La 7.

Le emergenze da monitorare sono state identificate in base a una lista di circa 40 parole chiave individuate da MSF (da Iraq a Congo, da tubercolosi a profughi, etc.). Dalla ricerca è emersa una diffusa tendenza dei media italiani a occuparsi di crisi internazionali quasi solo in relazione alle priorità politiche del momento (guerra al terrorismo, guerra in Iraq, etc) o in base a una logica sensazionalistica basata su appelli di personaggi famosi o di autorità.

Così si scopre che le emergenze umanitarie nel loro insieme hanno conquistato il 17,5% degli spazi sui TG, ma che 10 contesti – identificati da MSF come la “Top 10 delle crisi dimenticate” – hanno ricevuto appena lo 0,02% degli spazi TG e appena 140 citazioni (tra brevi e articoli) sulla carta stampata (su un totale di 949 uscite che menzionavano almeno una delle 40 parole-chiave). Se l’Iraq risulta la crisi più seguita dalle TV (58% del tempo dedicato alle emergenze internazionali), è anche evidente che l’81% dei minuti dedicati al conflitto iracheno hanno riguardato la cronaca di sequestri, esecuzioni e scontri. Un misero 1% dei minuti dedicati all’Iraq era mirato a informare gli italiani sulle reali condizioni di vita della popolazione civile o sugli interventi umanitari per alleviarne le sofferenze.

Solo per fare un esempio, un paese importante come l’Indonesia (che con oltre 217 milioni di abitanti è il più grande paese mussulmano del mondo), afflitta da malattie, catastrofi naturali e scontri inter-religiosi prima del terribile tsunami del 26 dicembre era sostanzialmente ignorato dai media italiani. Nell’arco dei 6 mesi monitorati all’Indonesia sono stati dedicate appena 4 citazioni sulla carta stampata e zero minuti dai TG.

Come l’Indonesia, altri contesti in cui uomini, donne e bambini sono privati dei più elementari diritti fino alla condanna a una morte prematura risultano assenti dai media italiani: la Liberia con i postumi di una guerra civile devastante, la Colombia dove la prima causa di morte è la violenza, la Somalia in preda a un caos anarchico che dura da anni, la Repubblica Democratica del Congo dove gli scontri tra gruppi armati e la totale assenza di strutture sanitarie hanno fatto calare a picco l’aspettativa di vita, l’Etiopia afflitta da carestie e malattie che condannano il 10% dei bambini a morire prima di aver compiuto un anno, l’Uganda dove decine di migliaia di persone vivono ancora in campi profughi improvvisati e dove 50mila bambini devono fuggire ogni notte per non essere rapiti o violentati, l’Afghanistan che riappare sui nostri giornali solo per parlare di elezioni o incidenti mentre si ignorano le drammatiche condizioni dei cittadini che ancora oggi non hanno accesso a cure sanitarie di base o acqua potabile.
Anche le emergenze emblematiche dei risvolti di una globalizzazione tutt’altro che perfetta sono oscurate: il dilagare della Tubercolosi che uccide una persona ogni 15 secondi nell’indifferenza delle autorità sanitarie internazionali che sembrano ignorare la necessità di sviluppare nuovi farmaci o il dramma del Burundi dove i finanziatori internazionali, in nome della sostenibilità, hanno imposto il pagamento di un ticket per l’accesso alle cure mediche che si traduce in un ostacolo insormontabile per una popolazione che per il 99% vive con meno di un dollaro al giorno.

Commentando questi dati, il professor Angelo Agostini dello IULM di Milano ha fatto notare come “in 1266 ore di telegiornali (pranzo e sera), pari a 52 giorni di trasmissione ininterrotti, lo spazio dedicato alle 10 crisi individuate da MSF è stato di soli 15 minuti. Una televisione di servizio pubblico che non trova il tempo per affrontare questi temi non sta svolgendo bene il proprio ruolo”.

“Il mondo descritto dai media italiani è molto diverso da quello che vediamo ogni giorno nelle nostre missioni – ha detto il direttore di MSF-Italia, Stefano Savi -. Le complessità dei conflitti e delle dinamiche economiche che costringono buona parte dell’umanità a vivere in condizioni precarie scompaiono dagli schermi TV e dalle pagine dei giornali. Per anni ci siamo sentiti dire che il pubblico non è interessato a queste tematiche: noi vediamo il contrario! Le centinaia di migliaia di donatori e sostenitori che abbiamo in Italia sono affamati di notizie e informazioni sulla realtà di tutti gli angoli del mondo in cui operiamo”.

Il professor Renato Guarini, rettore de “La Sapienza” ha dichiarato che “per l’Università occasioni di riflessione come questa costituiscono una missione e che comprendere fino in fondo le cause dell’opacità nelle rappresentazioni mediali e sociali significa utilizzare e conferire titolarità alle teorie e agli strumenti metodologici delle Scienze della Comunicazione”.

Medici Senza Frontiere è nata dall’iniziativa di un gruppo di medici e giornalisti: la comunicazione e la testimonianza sono sempre stati complementari al lavoro di soccorso medico e umanitario svolto nei vari paesi. Attraverso l’Osservatorio MSF chiede a tutti coloro che lavorano nei media di impegnarsi per offrire un’informazione internazionale più attenta e calata nei diversi contesti. “Informare su quello che succede a miliardi di persone a questo mondo è una responsabilità di tutti noi. Il silenzio che li avvolge rischia di farli morire due volte: una prima volta perché il non sapere non ci permette di agire nel presente, una seconda volta, nel futuro, perché quei fatti non facendo parte della memoria non entrano nella storia – conclude Savi. Da parte nostra ribadiamo la disponibilità a un confronto costruttivo per mettere al servizio dell’informazione in Italia il nostro bagaglio di testimonianze dirette e conoscenze”.

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(da www.msf.it/crisi_dimenticate/index.shtml)

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