Per Casa Bianca è una "pietra miliare"
All'indomani della condanna a morte di Saddam Hussein, si sprecano i commenti di chi è a favore e di chi è contro la sentenza. La Casa Bianca ha parlato di "un'importante pietra miliare nel cammino verso il futuro dell'Iraq". "L'Italia è contraria alla pena capitale, sempre e comunque", ha detto invece Romano Prodi, ribadendo la posizione già espressa dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema.
Inevitabile il giudizio degli Stati Uniti che hanno speso uomini e mezzi per far cadere il regme dell'ex raìs. "Questa giornata - ha spiegato un portavoce del presidente americano George W. Bush - segna un'importante pietra miliare nello sforzo del popolo iracheno di sostituire la tirannia con uno stato di diritto".
Tramte le parole di D'Alema, l'Italia ha fatto sapere che la posizione del nostro governo sulla pena di morte è la stessa, da sempre. ''Naturalmente, senza volere per nulla sminuire la gravità delle responsabilità di Saddam Hussein nei massacri, nell'oppressione, nelle uccisioni, nelle torture. Il mio non è un discorso certamente in sua difesa, tuttavia io difendo il principio secondo cui la pena di morte non è accettabile e quindi continuo a sperare che questa sentenza non venga eseguita", ha spiegato il ministro.
Dal canto suo, Marco Pannella ha iniziato uno sciopero della fame e della sete per scongiurare la condanna a morte di Saddam. Il leader radicale ha rivolto una richiesta di intervento al governo, che già aveva fatto sentire la sua voce in occasione della prima condanna a morte del dittatore iracheno. Pannella si è anche offerto di recarsi di persona, subito, a Baghdad, o dove sia necessario, per ottenere la conversione della pena di morte in quella a trent'anni di reclusione.
Non si è sbilanciata la Gran Bretagna, che tramite il Foreign Office ha spiegato che il Regno Unito "è contrario in linea di principio alla pena di morte, ma l'esecuzione di Saddam Hussein è una decisione che spetta solo il governo iracheno".
Di parere opposto le varie associazioni umanitarie, come Human Rights Watch, che ha chiesto alle autorità irachene di non eseguire la condanna a morte dell'ex presidente iracheno Saddam Hussein, affermando che il processo da lui subito per crimini contro l'umanità è stato viziato da irregolarità. "Imporre la pena di morte, indifendibile in ogni caso, è tanto più un errore dopo un processo così iniquo", ha detto Richard Dicker, direttore del programma Giustizia internazionale dell'organizzazione per la difesa dei diritti umani.
Presidenza Iraq: non serve l'ok di Talabani
La sentenza della Corte d'appello che ha confermato la condanna a morte di Saddam Hussein è definitiva. Lo ha reso noto la Presidenza irachena, precisando che non serve l'approvazione del presidente Jalal Talabani. Sembra così cadere nel vuoto l'impegno dello stesso Talabani, che aveva ricordato di essere tra le persone che hanno firmato una petizione internazionale contro la pena di morte e di voler rispettare l'impegno.
"L'approvazione del Presidente non è necessaria, la decisione della Corte è definitiva", ha spiegato Hiwa Osman, uno dei collaboratori di Talabani. In base alla legge la condanna a morte irrogata in primo grado dal tribunale deve in realtà essere ratificata anche dall'ufficio del Presidente, ma basta anche la firma dei Vicepresidenti: una scappatoia legale già adottata in passato da Talabani, che si era sempre detto contrario alla pena capitale.
Saddam: "Morirò come un martire"
L'ex presidente iracheno Saddam Hussein ha detto che morirà "come un martire" e ha chiesto al popolo iracheno di restare unito "di fronte ai suoi nemici" in una lettera "al popolo iracheno", autentificata dai suoi avvocati. "Mi sacrifico. Se Dio vuole, deciderà di mettermi tra i martiri e i veri uomini", ha dichiarato l'ex rais.
"I nemici dell'Iraq, gli invasori e i Persiani hanno trovato un ostacolo nell'unità tra voi e quelli che vi dirigono. E' per questo che tentano di seminare zizzania tra voi", ha aggiunto Saddam, in riferimento agli americani e ai vicini iraniani.
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