badina
00domenica 13 maggio 2012 11:34

Mia madre viveva
in campagna, in una di quelle masserie del Tavoliere dove il grano correva a
perdita d’occhio e qua e là numerosi cespugli interrompevano la distesa del giallo e ospitavano cicale, grilli e uccelli canterini.
La masseria era grande e la gente che l’abitava numerosa.
Il papà, il nonno, gli zii e gli operai, dall’alba al tramonto lavoravano nei campi; le donne accudivano gli animali e badavano alle faccende domestiche.
Mia madre e gli altri ragazzini: le sorelle, i fratelli e i cugini aiutavano come potevano durante il tempo libero dalla scuola e, in estate si divertivano a giocare nell’aia. I maschietti più grandi andavano a pescare e a fare il bagno nel torrente Candelaro al confine della proprietà.
Due attività impegnative delle donne di casa mettevano in fermento anche i bambini: la produzione del pane e il bucato.
Erano lavori lunghi e faticosi perciò si facevano a settimane alterne. La lavorazione del pane era piacevole soprattutto in inverno: il calore del forno a legna riscaldava il cuore di tutti e l’odore del pane fragrante, delle focacce, dei biscotti e delle teglie di coniglio e patate si spandeva per tutta la masseria e faceva venire l’acquolina in bocca anche agli operai più lontani.
Ma in primavera e in estate festa grande, soprattutto per i più piccoli era il bucato.
Richiedeva un giorno intero e le donne di casa si mettevano al lavoro a notte fonda. Sistemavano i panni a strati in una grossa conca di zinco che aveva un foro sul fondo per fare uscire l’acqua. Sulla pila dei panni mettevano un telo e vi cospargevano sopra della cenere e del sapone di fatto in casa a scaglie.
Nel frattempo era pronto un grosso pentolone di acqua bollente che veniva versata nella conca. L’acqua che usciva dal foro era il ranno. Esso veniva raccolto in un secchio, ribollito e versato di nuovo sui panni.
Quando i bambini si alzavano era ora di risciacquare lenzuola, federe, tovaglie. Le massaie mettevano i panni in grosse ceste e tutti, grandi e piccoli, in comitiva andavano al torrente.
I panni puliti si mettevano ad asciugare stesi al sole sui prati e sui cespugli e quando si ritiravano per piegarli e metterli nelle ceste emanavano un buon profumo.
Le ceste del bucato diventavano delle comode portantine per i bambini più piccoli che o dormivano o ridevano a crepapelle per il dondolio e i sobbalzi provocati dai ragazzi più grandi.
A casa il bucato veniva conservato nei cassoni tra sacchetti profumati di lavanda.

Dina
alberto_58
00martedì 15 maggio 2012 14:27
E' una bella scena d'altri tempi, che purtroppo sono ormai scomparsi.
Al limite dovresti inserire qualche scena di vita, un episodio in particolare, perchè così come finisce sembra che manchi qualcosa alla fine.
Basterebbe anche sottolineare, enfatizzare la bellezza di alcuni momenti che hai descritto nei ricordi di tua madre, confrontandoli magari con il suo carattere, con il suo modo di rapportarsi poi alla vita da adulta che sicuramente avrà avuto una buona e salutare influenza su di lei e sulla famiglia.
La scrittura è essenziale, direi quasi 'visiva', non si perde in inutili fronzoli e va diretttamente al nocciolo, rendendo reali e vissuti gli episodi che descrivi.
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