Mauvilla
00domenica 6 febbraio 2005 03:17
Quanti di voi conservano la loro prima poesia?
Sarebbe bello vedere la prima di ognuno. E l'ultima.
E immaginarci in mezzo tutte le cose omesse.
Gli occhi dei gatti
Me l’han detto
gli occhi dei gatti neri
i muri delle case
le stoviglie strepitanti
che è finita
è finita.
Me l’han gridato
i cantori di sfortune
i sensi attenti
i vomeri degli aratri assonnati
perché nei prati
nei campi nei boschi
e sugli asfalti
guadati da nottambuli
gatti neri lucenti
si sfoga
la fine universale
la disillusione più grande.
E’ finita
finita
nel tuo pianto dubbio
nel tumefarsi dell’intimo
nello stroncarsi dell’abbraccio.
Me l’han detto
i ventricoli schiantati
gli atri che poveracci
seguono a ruota il destino
e i fiaschi di vino
che adesso eruttano
che è finita
davvero finita
finita.
Lo sussurravano
i fasci di fari
il serrarsi dei garage
le bocche dei defunti
perché era previsto tutto
e ne parlavano
i pupazzi del mio scaffale
l’aspirapolvere sperimentale
di mia madre
e le accumulazioni
più accumulative e sonore
immaginabili
che non mitigano mai
la fine
poiché è finita
senza fine finita.
E’ finita
nel protrarsi dei secondi postumi
delle infinite fini
delle falene notturne
che sfarfallano morte
a sprazzi e schizzi
sui muri dov’è scritto
il tuo nome.
L’ho avvertito distinto
nell’intestino di parole
rotte dalla notte,
nello scomporsi di trama e ordito,
nell’ultimo addio affranto
che non c’è oblio
per il riproporsi
infinito
del disincanto.
Esse emme esse d'amore
Verso Natale mi hai inviato un esse emme esse d’amore col videotelefonino.
E il messaggio è stato codificato, inviato via etere alle parabole della Telecom.
Era forse un mercoledì. Pioveva neve sciolta.
. . .E dalle parabole ha corso su fili metallici,
attraverso doppini di rame, giù giù nei server dell’azienda dove ci lavora pure mia zia.
Da lì poi, con buona lena, l’hanno rilanciato verso il mio vecchio motorola.
. . Avrà fatto decine di chilometri,
anche se abiti a due minuti a piedi da me.
C’era scritto che mi amavi, e credo fossi sincera allora.
Ti sarà pure arrivata la conferma automatica dell’avvenuta ricezione.
Cobite
00domenica 6 febbraio 2005 09:29
Trovo molto bella la prima per fantasia, per il canto che l'accompagna, per gli infiniti "finiti" sempre ben definiti, per la magia che ha dentro e che percepisco.
Mi è invece difficile trovare queste cose nella seconda che mi sembra un pensierino in prosa, con il suo fascino ma senza canto, senza magia. Poi non so.
Un saluto
Giancarlo cobite
Lorymcneel
00domenica 6 febbraio 2005 11:10
è finita, finita...
quasi un'ossessione,nella prima poesia, raggelata dalla freddezza del...ehmm... secondo pensiero.
Vitale Tagliaferri
00domenica 6 febbraio 2005 11:19
Tra la tua prima e tua ultima poesia ci sei anche tu.
Io ce l'ho la prima e ho anche l'ultima.....
e in mezzo - come tutti - ci sta la vita vissuta.
giangi53
00domenica 6 febbraio 2005 12:18
re
Una rutilante girandola d'immagini
quasi un'ubriacatura la prima
la seconda mha!!!!!!!!
grazie gian
Mauvilla
00domenica 6 febbraio 2005 14:39
La seconda è l'approdo della prima.
Una specie di rassegnazione.
E per questo priva di canto.
Volutamente priva di qualsiasi magia.
Fiumi di porpora
00domenica 6 febbraio 2005 15:32
la mia prima poesia era una filastrocca troppo carina su una fata che un giorno lontano,mentre tutti erano impegnati e non potevano vedere,sarebbe uscita dala pancia chiusa di un bel fiore viola.
Invece l'ultima poesia è finita
è finita,
come se ad avvertirmi fossero stati gli occhi scuri dei gatti neri,i muri delle case,le stoviglie strepitanti
il saluto delle persone,la donna che cammina sopra a un treno,la dama venere perfetta che mangia un panino al cioccolato
solo il tempo di sfiorarmi l'anima
e scompare,finita
posso anche scriverlo ma non è lo stesso
non ho mai scritto un'ultima poesia.
Mauvilla
00domenica 6 febbraio 2005 16:34
E' bella la frase: "Non ho mai scritto un'ultima poesia".
fiordineve
00lunedì 7 febbraio 2005 19:38
La mia prima poesia postata
la ricordo, eccome: criptica ed ermetica, si chiamava DOMANDE.
DOMANDE
Tu mi chiedi,
dietro la porta
di cartone,
che ci separa,
cosa faccio
nei miei silenzi.
Io ti domando,
dietro il muro
di vetro
che ci divide,
cosa ne hai fatto
del mio amore.
by Fiordineve
l'ho pure inserita in un'antologia e non ricordo nemmeno quale sia il significato.
Mauvilla
00martedì 8 febbraio 2005 01:36
Mi sembra determinante la diversità dei materiali della barriera.
Dalla parte di lui è di cartone, impenetrabile agli occhi.
Dalla parte di lei è un vetro, che le permette comunque di vederlo.
Lui non capisce il perchè dei silenzi.
Lei sa che è lui a causarli.
[Modificato da Mauvilla 08/02/2005 1.38]
fiordineve
00martedì 8 febbraio 2005 03:18
Si, è così, l'avevo scritta durante il divorzio; la barriera era insormontabile, il mio ex non voleva vedere nulla; gli faceva comodo avere una schiava succube e plagiata e continuare la sua vita d'eterno scapolo.