La platea di Khaled.

alberto_58
00venerdì 11 gennaio 2008 19:17
Era la prima volta che vedevi un centro commerciale, Khaled.
Quanti piani, quanti negozi, tutto quello che si poteva desiderare potevi trovarlo.
Tutte le cose belle, tutte le ricchezze erano lì. E quanta gente!
Chissà cosa pensavi, mentre guardavi sbalordito, con il tuo zainetto in spalla.
Si riaprivano le scuole, centinaia di ragazzi e ragazze della tua età affollavano il centro, molti con i loro genitori.
Certo, era molto differente dal tuo villaggio, Khaled. E anche la città, per quel poco che avevi visto, era molto differente dai tetti di lamiera e blocchetti di cemento arsi dal sole della tua casa.
Che occasione venire in quella città! Come sarebbero stati contenti e orgogliosi di te i tuoi genitori!
Dovevi dimostrare loro che anche tu, nonostante i tuoi quindici anni, eri già un uomo, in grado di prendere decisioni importanti.
Qualche ragazza si girava a guardarti e ti sorrideva, provavi qualcosa di sconosciuto dentro… forse perché era la prima volta che ti trovavi veramente solo, fuori del tuo ambiente, o forse erano gli abiti nuovi che ti avevano dato, a metterti a disagio, così simili a quelli che vedevi esposti nelle vetrine e indossati dai tuoi coetanei. I jeans ti graffiavano le gambe, la felpa poteva andare, le scarpe da ginnastica anche. L’unica cosa a cui tenevi era il tuo zainetto colorato. Era l’unico legame con la tua terra, conteneva il tuo destino Khaled.
Decidesti di fare una sosta vicino a una fontana, al centro di un enorme piazzale.
Avevi la bocca riarsa, era un vero refrigerio attingere l’acqua con le mani a coppa, bere, detergersi il viso e il collo.
Qualcuno si girava a guardarti e rideva.
“Ma perché non beve una coca?”
“Ma perché non va alla toilette?”
Tu capivi bene la loro lingua, ma pensavi nella tua.
C’era un grande assembramento di ragazzi dove vendevano videogiochi e telefonini. Ti dirigesti in quella direzione, senza badare alle clamorose pubblicità, ostentate da manifesti di donne seminude.
Ora ti trovavi in mezzo alla calca, pressato da tutte le parti.
Quell’odore estraneo, quel contatto, ti dava la nausea.
La musica degli altoparlanti era assordante.
La tua voce non si sarebbe sentita.
Volevi che la sentissero. Dovevano sentirla.
Ti facesti largo a gomitate, alzando le mani, come a reclamare attenzione, urgenza, e molti ti guardarono interrogativi.
Non volevi attirare l’attenzione, ma alcuni si infastidirono.
Ti girasti verso di loro. Come davanti a una platea.
La tua platea.
Sorridesti. Certamente li guardavi negli occhi Khaled.
Chissà quali furono i tuoi ultimi pensieri, poco prima di urlare “Allahuà akbàr!!” – Dio è grande!!
- Tirando una funicella che sporgeva dal tuo zainetto, Khaled.


Cobite
00mercoledì 16 gennaio 2008 13:57


Forse conosceva la lingua del luogo, certo non ne conosceva la libertà di pensiero, il rispetto e l'amore per la vita.

[SM=x142897] Giancarlo
alberto_58
00venerdì 18 gennaio 2008 20:08
Ciao Giancarlo.
Condivido in parte la tua osservazione.
Quelli del luogo (eufemismo per occidente), raggirati dai mass media, rifiutano a priori, considerandola ridicola e astrusa, perché la ignorano, perché diversa dalla loro, la lingua, nonché il pensiero, l’uguale amore per la vita di quelli come Khaled (eufemismo per medio oriente).
Non giustifico simili azioni, ma capisco la disperazione che c’è dietro.
Khaled è un pezzente che si fa saltare in aria, perché il suo popolo non ha i soldi per istruirlo, educarlo e farlo vivere in una società come la nostra.
Si fa saltare per combattere chi ritiene siano i responsabili della sua situazione, uccidere e uccidersi.
Perché al suo popolo non viene permesso di vivere come gli altri? Discorso troppo lungo, non è questo il luogo per discuterne.
Ma se Khaled si fosse chiamato Smith, o Rossi, pilota di bombardiere, che dopo un’abbondante colazione decolla, sgancia bombe intelligenti, che uccidono centinaia di anonimi, uomini, donne, bambini, assieme a qualche terrorista e poi torna in base, si fa la doccia, rilascia interviste con sorriso smagliante e ben curato, va poi in discoteca, per noi questo è passabile? E’ degno di una civiltà che conosce la libertà di pensiero, il rispetto e l'amore per la vita? Spero di no, veramente.
Si dovrebbe aver capito che i cowboys e i soldati del settimo cavalleggeri non erano tutti buoni e gli indiani tutti cattivi. ]
[SM=x142829] Alberto.

ELIPIOVEX
00martedì 22 gennaio 2008 13:41
E' vero, bisogna sempre discriminare ogni situazione.
La mia mente rifiuta la violenza per qualsiasi ragione.
Dopo le tue spiegazioni ho capito il senso del tuo racconto...
Khaled però non salta in aria da solo, col suo gesto fa morire altri innocenti come lui.
Non sarebbe meglio che tutto avesse un fine?

ps: io sono quella che stamattina ha pensato a tutti i bambini e le donne palestinesi che sono costretti a vivere senza carburante e soprattutto senza elettricità perché qualcuno ha deciso che andavano puniti anche loro nel mucchio [SM=g27812]
fiordineve
00lunedì 11 febbraio 2008 14:04

Un racconto breve ed attuale.

Però BASTA con la retorica, oramai tutti gli estremisti conoscono il nemico, sa dove e come vive.

Io penso a quelle due ragazze down fatte saltare in aria, hanno avuto scelta loro?

Se si pensa che il poverissimo Darfur galleggia su un mare di petrolio, che i cinesi, più capaci di altri a trovare occasioni per infischiarsene delle leggi, stanno estraendo petrolio a josa, col beneplacito del governo locale, la colpa è sempre dell'occidente?


Che mi dici dei reduci delle guerre in Viet o in Iraq che, tornati a casa, devono essere sottoposti a trattamenti psichiatrici? Non credo che combattere ed ammazzare sia una passeggiata.

Almeno non sparano nel mucchio.
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