ELIPIOVEX
00martedì 20 novembre 2007 20:41
Aprendo la porta della palestra Fabiana viene investita da un odore acre, un misto di sudore, frittelle alla crema ed olio di canfora.
Ne è abituata ed il senso di repulsione è fortunatamente un lontano ricordo.
L'edificio è sovraffollato da un allegro cicaleccio tutto al femminile e la nuova venuta avanza verso la zona a lei assegnata. La confusione sembra regnare sovrana in mezzo ad un moderno gineceo, ma ognuna di loro ha un posto ed un rituale già stabilito fin dalla prima mattina.
Sono le sette e mezza e, ancora con gli occhi appiccicati, Fabiana ha già sullo stomaco un'abbondante colazione fatta di riso bollito e bistecche al sangue.
Si dirige verso lo spogliatoio vero e proprio: è soddisfatta perché quella domenica vi ha trovato un contrassegno bianco, il suo, da ciclista affiliata direttamente alla Federazione; per una volta non deve condividere il piccolo angolo con le ex compagne di squadra.
In calzoncini neri e maglietta immacolata raggiunge in fretta il punto per i massaggi: Giorgio, suo padre, ha sistemato uno sdraio portatile, una asciugamano bianco e si sta ungendo le mani con uno strano liquido scuro ed oleoso.
Lei ha preso molto dal genitore: come lui ha il fisico asciutto e l'aspetto atletico. Entrambi con i capelli neri, anche se i cinquant'anni di lui hanno dovuto cedere il passo ai primi fili bianchi.
Invece Fabiana ha solo ventitré anni e la sua principale preoccupazione è riuscire ad arrivare alla fine della stagione senza il supporto di una squadra.
All'inizio era stata una questione di principio: le compagne la mal sopportavano e il direttore sportivo snobbava le sue doti e capacità. Non aveva senso rimanere in quell'ambiente ostile.
Ma non era stato facile: lasciare la squadra a maggio, a stagione appena iniziata voleva dire precludersi la possibilità di correre alle principali gare internazionali, rinunciare al Giro d'Italia e non avere nemmeno visibilità alle selezioni dei Mondiali. Tutto ciò significava gettare alle ortiche l'intera stagione.
Suo padre era stato irremovibile: - Meglio soli – Aveva affermato. Ma intanto si ritrovava ad inseguire come un miraggio i premi disseminati lungo le gare per racimolare qualcosa e compensare la mancanza dello stipendio della ex squadra.
Era però una lotta tra disperati. Nelle ultime quattro domeniche, da quando cioè correva da sola, aveva vinto solamente due traguardi volanti e un gran premio della montagna: troppo poco.
Pochissimo se considerava le magre figure fatte al traguardo: nessuna vittoria, nemmeno un piazzamento. Niente di niente.
Il massaggio è energico, pizzica anche un po' la pelle mai pienamente abituata a farsi maltrattare in quel modo. Lui parla in continuazione ma Fabiana ha rinunciato da tempo ad ascoltarlo.
Ripete per l'ennesima volta la strategia di gara, come se non avessero passato serate intere a discuterne all'inverosimile: è necessariamente sempre uguale a se stessa; non potrebbe essere altrimenti visto che lei non ha più nessuna squadra alla quale appoggiarsi.
- Papà, farò quello che posso.
Lo interrompe con voce rassegnata.
Con un gesto di stizza lui si lascia scappare per terra la bottiglietta unta di plastica e ribatte deciso: - Non è abbastanza.
Padre e figlia hanno alzato un po' troppo la voce durante il brevissimo scambio di opinioni: tra i gruppetti di concorrenti attorno a loro si è fatto silenzio, mentre qualcuna ha commentato sarcasticamente: - La principessa ha sentenziato ancora una volta.
Fabiana incassa la nuova umiliazione, considerando la cosa l'ennesima bambinata delle compagne: il gruppo non ha ancora digerito la sua decisione drastica, la considera una snob e tende ad emarginarla in ogni occasione, sia in gara che fuori.
Si fa allacciare i due grandi numeri sul dorso si incammina facendo ticchettare rumorosamente le scarpette nere sul pavimento di ceramica del corridoio.
Fuori il tempo è minaccioso: in cielo le nuvole si muovono velocemente sospinte da un vento fastidioso proveniente dal lago sottostante il paese.
E' la prima volta che si trova a gareggiare in quel posto, tra le montagne dell'Alpago: la scelta della località è stata pressoché casuale, come ogni domenica del resto, o almeno è quello che lei crede in quel momento.
Inforca la bici e inizia qualche giro di riscaldamento; la gara non si prospetta delle più facili con una salita impegnativa poco prima del traguardo e il vento dispettoso fanno già intuire che il gruppo verrà facilmente decimato.
Qualche minuto più tardi e dallo sgangherato palco allestito su un furgoncino aperto inizia a parlare lo speaker dalla voce calda e impostata. Qualche messaggio pubblicitario di rito e poi, come ad un segnale prestabilito, le atlete cominciano a posizionarsi ordinatamente sulla linea di partenza. La celebrità locale fa un piccolo discorso inutile ai più e poi il via.
Nei primi chilometri il gruppo di atlete si muove pigramente, quasi che pure le biciclette siano ancora assonnate. Alcune cianciano del più e del meno, altre preferiscono godersi il panorama offerto dalle rive del lago: da quel lato del fondo valle il vento è a favore della loro marcia rendendo gradevole e poco impegnativa la pedalata.
Lungo la strada ci sono poche persone frettolose per lo più incuriosite dal frastuono delle macchine in testa alla corsa.
Nessuna le rivolge la parola ma Fabiana non si perde d'animo: senza distrazioni riesce a soffermarsi ad osservare le sue avversarie, carpire qualche debolezza o approfittare di un momento di distrazione per distaccarle.
Al termine del terzo giro il campanile batte le dieci e dal palco un bambino fiero fa suonare un campanaccio allegramente: è il segnale dell'inizio dell'ultimo lunghissimo giro.
Nel frattempo le altre si sono fatte più silenziose ed attente a studiarsi a vicenda.
La velocità è sostenuta volutamente: nessuna è autorizzata a dare inizio alla battaglia fintanto si è in piano.
La moto staffetta svolta in direzione delle montagne e lei non si è fatta trovare impreparata: lentamente, senza scatti e soprattutto senza troppo dare nell'occhio è finita nelle prime posizioni.
Le atlete corrono ancora al limite mentre imboccano il primo tornante e quasi finiscono per sbattere contro l'auto della giuria che le precede. Lentamente, metro dopo metro, le gambe delle ultime si fanno pesanti, i rapporti leggeri fanno fatica a far girare le ruote mentre la strada si impenna sempre di più.
Tra le prime posizioni l'atmosfera è all'opposto; poche vigorose gambe impongono la nuova andatura mentre le altre faticano a trovare un proprio ritmo e rischiano di dover staccare anzitempo il proprio numero di gara.
Tenacemente Fabiana non molla, si accorge anzi della smorfia di dolore stampata sul volto di una compagna di strada e con un ultimo sforzo prende il volo, leggera, sola. Completamente sola.
Ancora non osa voltarsi e guardare indietro; sa che è presto per gioire: la via che conduce alla vetta è lunga e faticosa.
Lungo i bordi della strada si sono assiepate numerose persone in attesa di veder passare la corsa; lei non è molto conosciuta al pubblico degli appassionati ma viene comunque applaudita da tutti per la sua impresa in solitaria.
L'aria rarefatta dall'altitudine e la fatica dello sforzo le hanno appesantito il respiro; è costretta a rallentare la corsa per prendere fiato anche se il momento non sarebbe ottimale: il giudice in moto non ha ancora deciso di attendere le sue rivali alle spalle, ciò significa che non ha ancora sufficiente vantaggio.
Ancora qualche faticosissimo metro e, nei pressi di uno slargo semi deserto, nota un ciclista fermo ad osservare il passaggio. Ha la carnagione scura come neri sono occhi e capelli tagliati cortissimi, la frangia diritta e regolare. Indossa una maglia gialla da allenamento, senza intarsi pubblicitari, pantaloncini e scarpe dello stesso colore. Sta seduto sulla v del telaio della bicicletta, lo sguardo attento ai minimi particolari. Non si rialza al passaggio delle atlete, non applaude Fabiana sola nell'arrampicata.
Istintivamente lei si gira a guardare lo strano giovane: le sembra di averlo già incontrato chissà dove o quando.
Quasi sbanda dalla curiosità perdendo secondi preziosi, cerca allora di riprendersi velocemente, si alza sui pedali e da un altro scossone alla bici.
E' prima sulla vetta; un omino incravattato con giacca blu e pantaloni grigi annota accuratamente su un minuscolo taccuino il suo passaggio.
Ma la corsa non è finita qui: dopo qualche secondo si butta nella discesa a perdifiato.
Lei non è molto spericolata e spesso ha pagato caro i suoi timori. Nemmeno questa gara sembra diversa dalle altre: mentre è concentrata ad imboccare correttamente le curve che si fanno sempre più insidiose sobbalza allo strombazzare delle moto e delle macchine che la vogliono superare velocemente.
Le sue avversarie infatti cominciano ad intravvedere la sua sagoma tra una curva e l'altra, si sentono in questo motivate e presto la raggiungeranno.
Fabiana non si arrende: ha deciso che non lascerà andare i pedali finché non avrà oltrepassato la linea di arrivo.
Raggiunto il piano, solo pochi chilometri più avanti, due avversarie agguerrite la raggiungono e come in un rituale già scritto, lei si porta in ultima posizione, a sfruttare la scia delle altre e a tirare il fiato.
Dietro si alternano le auto ammiraglie ad impartire le istruzioni alle atlete.
Fabiana è invasa da una sorta di scoramento: anche lei avrebbe potuto essere coccolata così, guidata, seguita da una squadra. Ma ha deciso di correre da sola ed ora, nel momento decisivo della corsa, non sa come agire.
Si volta a studiare le altre, le vede stanche proprio come lo è lei. Vincerà chi riuscirà a conservare quel briciolo di energia sufficiente per quello scatto in più.
Anche le altre hanno la stessa sua convinzione e impongono la loro personale guerra psicologica: si studiano, si guardano in cagnesco e rifiutano i cambi. Sotto allo striscione dell'ultimo chilometro sono quasi ferme; nessuna delle tre vuole stare davanti e consentire alle altre di partire a tradimento e tagliare il traguardo per prime.
Nessuna però si accorge che in quella guerra psicologica sono comunque perdenti: il gruppo ha approfittato della situazione per guadagnare il distacco fin lì accumulato. La delusione è grande, soprattutto per Fabiana che così vede svanire qualsiasi sogno di gloria.
All'arrivo delle inseguitrici si lascia lentamente risucchiare, cerca di riscuotersi ma ormai è tardi e il danno è già stato fatto.
Hanno raggiunto il viale transennato, la gente grida eccitata mentre lo speaker spiega concitatamente il capovolgimento delle sorti della gara.
Davanti il treno è lanciato, i giochi sono ormai fatti e per lei non vi è più nessuna speranza di vittoria; taglia il traguardo esausta mentre la folla assiepata corre incontro a Samantha, ironia della sorte proprio una sua ex compagna di squadra.
E' delusa ed amareggiata con se stessa, col padre e con tutto il mondo. La corsa è stata alla sua portata, ha avuto la vittoria in pugno ma ha sprecato una possibilità che difficilmente si potrà ripetere nuovamente.
un@ltrame
00giovedì 22 novembre 2007 14:03
un mondo che non conosco.
non ho mai praticato sport a livello agonistico, prima di tutto perchè non ho la testa per farlo.
uno spaccato interessante, ovviamente scritto benissimo.
mi piacerebbe sapere di più di fabiana, delle sue rinunce, delle sue aspettative, della reazione all'ennesima sconfitta.
ELIPIOVEX
00giovedì 22 novembre 2007 21:37
E' ancora un abbozzo, ho degli appunti e un'idea in testa.
Probabilmente nascerà qualcosa di più grande.
Grazie del commento [SM=x142885]
un@ltrame
00venerdì 23 novembre 2007 09:51
mi piacerebbe sviluppasse il suo lato oscuro... [SM=x142834]
ELIPIOVEX
00venerdì 23 novembre 2007 15:04
Il suggerimento è molto interessante...
un@ltrame
00venerdì 23 novembre 2007 15:30
se sviluppi il racconto, spero ce lo farai leggere.
un abbraccio
ombraman2007
00domenica 25 novembre 2007 18:45
qualche volta ho provato a mettere su una storia
penso che ci riproverò ancora ma tu hai sicuramente
delle grosse potenzialità.
la scelta dei particolari,l'atmosfera e la tensione
sviluppata è degna del miglior King
un sorriso
ombraman
ELIPIOVEX
00domenica 25 novembre 2007 21:26
Grazie mille del complimento! [SM=x142944]
fiordineve
00venerdì 4 gennaio 2008 23:50


io che seguo le corse ciclistiche con passione, ho vissuto col cuore in gola la gara di Fabiana.

Un insuccesso annunciato, senza squadra non si vince, avesse avuto una gregaria a tirarle la volata avrebbe vinto.


Perfetta l'ambientazione, come il racconto.


Ma che cavolo di padre ha la povera Fabiana?
ELIPIOVEX
00sabato 5 gennaio 2008 13:58
Ci sono un sacco di genitori come il papà di Fabiana in molti ambienti sportivi. Riversano le loro idee e frustrazioni nei figli senza curarsi di quanto male possono fare.
Contenta che ti sia piaciuta.
fiordineve
00domenica 6 gennaio 2008 19:22



Ho letto il commento di Finfill; magari avrà ragione però il tuo racconto è sottoforma di radiocronaca dove ogni dettaglio è importante, dato che chi ascolta non vede.

Vaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaai con la seconda parte.
ciaoLili
00lunedì 7 gennaio 2008 19:42
Anch'io non conosco il mondo dello sport
nè tanto meno quello del ciclismo, però Michela...l'hai resa così viva questa Fabiana e questa sua gara così ben descritta da farmela vedere...
dài ora fa' la brava e rendicela vittoriosa e felice 'sta ragazza...
Siamo in attesa.
Baci.
lili
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