La Roma che vorrei farvi conoscere, non è quella delle cartoline, delle guide turistiche e dei testi di storia. E’ una Roma sconosciuta a chi non vi è nato e non vi risiede da tempo.
Roma è il profumo del gelsomino del vicino, che poco conosci, perché oltre il buongiorno non hai mai scambiato con lui altre parole, l'unica conversazione è stata quella sul tempo. L’amore però che mette nelle piante, ti fa soffermare sull’amicizia e la solidarietà, che in questa metropoli si è persa.
Roma è anche il portiere di condominio, uno dei pochi rimasti, che ligio al suo dovere, la mattina ha sempre un sorriso ed un saluto, una battuta sull’odiata squadra di calcio rivale, ti mette di buonumore, anche se quando hai chiuso l’ascensore, avevi voglia di spaccare il mondo.
Un commento su Totti, sull’arbitro “cornuto” che non ha concesso il rigore, quattro chiacchiere al bar del quartiere, dove tutti si conoscono e dissertano da grandi sportivi ma parcheggiano la macchina in doppia fila pur di non fare due passi.
Il carattere scanzonato dei romani, affiora a volte in queste conversazioni, battute e punzecchiature, quasi si usasse ancora il coltello di Rugantino. Le voci si alzano, col tipico accento romano, dove le doppie si mescolano senza badare troppo alla lingua di Dante.
Una Roma affannata che corre al lavoro con le lancette che scorrono veloci, troppo per il traffico caotico. File estenuanti, nel traffico, coi clacson che urlano, cercando invano un piccolo spazio in cui insinuarsi.
Roma è però anche lo scorrere lento del lungo fiume, che ne ha viste veramente tante nei millenni trascorsi, come papi e porporati, che al di là della sponda, da oltre Tevere tuonavano e tuonano ancora sullo stivale.
Capitale del nostro popolo, odiata rivale del nord. Non siamo più i pigri cittadini. Ora c’è una Roma operosa, che lavora, che corre industriosamente come un paese nordico ma sta dimenticando per questo la voglia di fermarsi a riflettere, ad osservare con occhi diversi quello che ci circonda.
L’extracomunitario, extra di quale comunità poi? Parla più romano di te, ma a volte non ci si sofferma a guardarlo, lo si avverte come una particella fastidiosa, lo sguardo scivola lontano. Quanto potrebbe insegnarci mescolando la sua millenaria conoscenza con la nostra. Roma ed Egitto ancora una volta uniti.
E’ a Piazza Vittorio, antica piazza del popolo romano, dove i romani, sempre più rari, si mescolano con tutte le razze. Nell’aria si avvertono odori di spezie orientali. Le strade sono un movimento incessante di pelle dai molti colori, di occhi neri come la pece o a mandorla, di idiomi sconosciuti, un tempo metafora di lingue ostiche, “parli arabo o cinese?” era a Roma sinonimo di incomprensione, ora è una realtà, anche se la comprensione purtroppo resta la stessa.
Siamo tanti noi romani, così tanti che ci contiamo a milioni, tre, quattro…
Fastidiosi l’uno verso l’altro come le mosche sul miele. Troppo poco lo spazio di cui ciascuno ha diritto: l’habit naturale per non sbranarsi. Ecco allora che si inizia a sognare il verde, relegato ai tanti parchi ma lontano ai molti.
A volte l’odore del mare ci raggiunge con lo spirare dello scirocco, facendo immaginare il mare che ruggisce in tempesta, abbassi lo sguardo dal tuo balcone, impilato tra decine e decine e vedi il mare rombante delle macchine sotto di te.
Lo so non è una Roma da cartolina, non è una Roma da viaggio organizzato ma è la mia Roma ed io l’amo anche così, come si ama un figlio: con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti.
[Modificato da kamo58 27/02/2007 12.20]