LA RISPOSTA DEL MARE - favola

fiordineve
00sabato 9 luglio 2005 17:00
In una calda notte estiva, illuminata da miriadi di stelle che scintillavano alternandosi nel cielo infinito, la nave da crociera, solcava tranquillamente il Mar Mediterraneo, calmo per la sua caratteristica di "mare chiuso", dirigendosi verso nuovi porti, per allietare i suoi passeggeri durante il viaggio.
L'oscurità della notte, faceva sì che anche il mare, di un colore bellissimo durante le ore di luce e così profondo nella sua intensità, fosse un tutt'uno col cielo, così da non lasciar vedere nessun orizzonte.

Marco si trovava a bordo e sostava sul ponte più alto della nave. Gli piaceva rifugiarsi, subito dopo il tramonto, proprio nel punto estremo, per sentire il vento forte sul suo viso, e accoglierlo finalmente con sollievo, dopo la torrida giornata appena trascorsa. E poi da lì, poteva vedere come lo scafo della nave fendeva le onde e le divideva, lungo le sue due fiancate. La forza dei motori si contrapponeva alla tranquillità di quel mare e sembrava che tutta quell'immensa distesa d'acqua, si muovesse solo sotto quella nave. Tutto intorno, buio e silenzio disturbato solo da qualche flebile luce di altri pescherecci o di altri transatlantici in traversata.

Marco aveva sette anni, era un po' goffo nell'aspetto e cicciottello: a scuola i suoi compagni, lo chiamavano bonariamente "quattrocchi" perché portava gli occhiali. Molto timido e quindi sottoposto ad arrossire ogni qualvolta qualcuno lo avinava o gli si rivolgeva, era comunque contento di questo soprannome, perché in un certo modo lo faceva sentire al centro dell'attenzione dei suoi amici, tanto importanti per lui e la sua crescita. E durante questo viaggio, sentiva molto, proprio per la natura del suo carattere, la mancanza delle sue abitudini, della scuola, della maestra e di tutti loro.
Ma ormai era tempo di vacanze e di meritato riposo, soprattutto per i suoi genitori che chiaramente lo avevano trascinato con loro. Ma lui amava la tranquillità, il silenzio, e tutta la confusione che c'era in un posto così affollato come una nave, un po' lo infastidiva. E cercava quindi, quando ci riusciva, di starsene appartato, soprattutto se si trovava fuori del suo ambiente abituale.

Per tutti questi motivi, aveva deciso di affidare i suoi pensieri a quell'immenso e misterioso mare, che non lo avrebbe sicuramente mai tradito. Nel pomeriggio aveva preparato un messaggio utilizzando della carta che aveva trovato in cabina, su cui aveva impresso le sue sensazioni e dopo averlo arrotolato fermandolo con un nastrino azzurro trovato per caso, lo aveva inserito in una bottiglietta di succo di frutta, che aveva precedentemente provveduto a pulire ed asciugare con infinita accortezza.
Non aveva detto niente ai suoi genitori, perché nonostante il bene che voleva loro poiché figlio, molte volte erano indelicati con lui, lo spronavano a fare cose o ad affrontare situazioni secondo il loro punto di vista a volte contrario al suo carattere, come se per forza, si debbano assumere atteggiamenti "fissi" per dimostrare qualcosa agli altri.
Lui capiva che per loro quella era la vacanza tanto sognata, tanto attesa, che li riscattava dal lungo inverno trascorso al lavoro, e sapeva che sicuramente erano convinti che anche per lui fosse bella, diversa, insolita e quindi "invitante".
Ma lui si sentiva solo e nell' impossibilità di fare velocemente amicizia con bambini mai visti prima, preferiva demordere, perché nel momento in cui avrebbe preso confidenza, sarebbe arrivato il giorno del distacco, dovuto alla fine della crociera.
E adesso era lì, per portare a termine la sua missione, soprattutto perché sperava tanto che questo messaggio, arrivasse prima o poi, a qualcuno che, come lui, si sentiva inadeguato e non era felice di ciò che stava vivendo. Sapeva anche in cuor suo, gli enormi rischi che avrebbe corso quella bottiglia "persa dentro il mare": poteva andare alla deriva su un'isola sconosciuta e finire sotto la sabbia senza essere mai trovata; poteva, in un giorno di burrasca, andare a schiantarsi contro uno scoglio frantumandosi in mille pezzi; poteva infine finire nello stomaco di un grosso e famelico pesce, che nonostante la buona volontà, non avrebbe mai potuto leggere il suo scritto.
Ma sapeva anche che il mare, avrebbe capito il suo intento e avrebbe fatto di tutto per difenderla, insieme al vento che spirando forte, lo avrebbe aiutato a farla giungere prima a destinazione.
Fu così che, dopo essersi accertato che la chiusura fosse ermetica, (per farlo aveva usato della cera di una candela), la strinse forte a se ancora per un attimo, le augurò buon viaggio e buona fortuna e, prendendo tutte le forze che aveva dentro, la gettò nell'acqua. Nello stesso momento, si pentì di averla lasciata andare, perché la sua preparazione era durata diversi giorni, ed era stata così per lui l'unica compagna di viaggio, fino ad ora. Poi si convinse di aver fatto la cosa giusta e si spinse oltre la balaustra, per seguirla con gli occhi, nel suo volo fino al mare. La bottiglia rotolò un paio di volte su se stessa e poi si girò col collo rivolto verso il mare, così come quando il tuffatore, appena spiccato il lancio dal trampolino, flette le sue braccia allungandole per facilitare l'immersione e l'impatto con l'acqua. Anche lei era contenta di fare quel viaggio e si preparava ad affrontarlo.

Marco non poté sentire il rumore del suo atterraggio marino, né riuscì più a vederla, perché la nave viaggiava più forte durante la notte, lasciandosi dietro, oltre la sua scia, il buio più totale. Ma nella sua mente, restò per sempre la sua immagine e la sensazione che aveva provato nel lanciarla in mare, lei che custodiva dentro di se, tutto il suo pensiero. E pregò tutte le sere, affinché arrivasse comunque a qualcuno.
La bottiglia intanto, appena immersasi, scivolò a tutta velocità nelle profondità marine, provocando non poco "timore" tra la popolazione locale.
I pesci vicini, accortisi dell'intrusa, si schivavano velocemente, temendo un attacco di qualche predatore marino; le ostriche sul fondo subito si chiusero, evitando il peggio, e anche la flora acquatica guardava non senza paura, questa aliena, appena arrivata. Toccò il fondale e non trovando nessun ostacolo che la bloccasse, iniziò lentamente, dondolando nell'acqua a risalire in superficie: quando arrivò su e riemerse, iniziò a galleggiare. Tutto di lei era intatto ed il suo contenuto, perfettamente asciutto. La cera messa a chiusura, era stata sistemata con cura e quindi non c'era stato nessun inquinamento esterno.

La prima prova era superata e anche se Marco non lo avrebbe mai saputo, iniziava adesso, il lungo viaggio verso la sua mèta, che anche se sconosciuta, sicuramente era molto, molto distante. Passò l'estate, l'autunno e parte della primavera. Lei aveva riconosciuto l'alternarsi delle stagioni, solo dalle fasi lunari, dalla posizione delle stelle e l'accavallarsi delle nuvole nel cielo. In fondo, non poteva vedere altro da lì, a testa sempre in su, o a volte adagiata sull'acqua, ma aveva imparato un sacco di cose nuove. E una mattina di fine aprile, iniziò a vedere, in fondo al suo orizzonte, una spiaggia e delle colline, dove spuntavano delle case un po' sparse, senza nessuna collocazione precisa.
Ora, voleva il caso, che proprio quel giorno su quella spiaggia verso la quale nuotava la bottiglia, si trovasse una bimba, di nome Victoria, che seduta proprio in riva al mare, con le gambe piegate e le braccia appoggiate sopra per tenersi il viso, piangeva a dirotto, disperatamente.
Era il suo compleanno, ma era costretta a trascorrerlo senza i suoi genitori, che per motivi di lavoro, si erano dovuti assentare senza riuscire a tornare in tempo.
E lei piangeva, perché loro sapevano già, prima di partire, che non sarebbero tornati per quel giorno, ma non glielo avevano detto, per evitarle un grosso dispiacere. Si era subito preoccupata del loro rientro, ma l'avevano così rassicurata e coccolata, che quel pensiero si era allontanato da lei, così com'era sopraggiunto.
Insomma l'avevano "tradita"; si erano approfittati della sua purezza di bimba, inconsapevole della malizia degli adulti, e della loro facilità nel raccontare bugie, che al momento opportuno, erano chiamate "bugie costruttive". Ora, Vic amava molto i suoi genitori, ma sentiva in questo momento e per questo motivo, che non avrebbe mai potuto perdonarli. E la cosa che l'aveva ferita di più, era stata la frase che avevano pronunciato per telefono, dopo averla informata di quell'orribile notizia:
"Torniamo domani amore. Ti abbiamo comprato un regalo speciale! Vedrai che sarà valsa la pena di attendere, per scoprire la sorpresa! ".
A cosa le serviva, "domani", un regalo speciale? L'unico regalo che avrebbe voluto era quello di stare tutti insieme, davanti a quelle otto candeline, per cercare di spegnerle tutte in un soffio, dimostrando loro che ogni anno lei era sempre più forte, più consapevole e riusciva nei suoi intenti, solo grazie alla loro presenza, alla loro costante vicinanza.

Quello sì, che le sarebbe piaciuto più di qualsiasi altra sorpresa! Ma i grandi non capiscono certi meccanismi, tanto logici quanto banali: vanno a cercare le cose più lontano, rispetto a dove possono trovarle, dimenticandosi che si è "bimbi" una sola volta, senza poter mai rivivere certi momenti.
Il tempo è prezioso, quando si è bambini: perché se è ben usato, lascerà che molte cose non siano dimenticate e diventino invece patrimonio personale, un bagaglio che non sarà mai, troppo pesante. Ma se è mal utilizzato, avrà l'effetto contrario e i bimbi, dopo essere cresciuti, cercheranno invano il ricordo nella loro memoria; perché li farebbe troppo soffrire e preferiranno rimuovere tutto al più presto……
E mentre Vic piangeva e pensava a tutte queste cose, rivolse il suo sguardo verso il mare e disse:
"Anche tu oggi, non mi sei d'aiuto! Sono venuta qua per sentirmi "a casa" e mi lasci sola nel mio silenzio, senza neanche consolarmi un po'! "
Era una bellissima giornata il 18 aprile; l'aria già tiepida, annunciava l'estate in arrivo con un po' di anticipo ed il sole, alto nel cielo, faceva brillare tutta la superficie del mare. E fu così che, mentre ammirava tutta quella meraviglia naturale, vide qualcosa che, solo in un punto, brillava più di tutto il resto, più intensamente.
D'istinto si alzò in piedi per vedere meglio e si accorse che qualcosa, stava galleggiando verso di lei.
Immediatamente si tolse le scarpe con i lacci, alle quali aveva fatto il doppio nodo, si sfilò i calzini, cercò di arrotolare con cura i jeans fino sopra il ginocchio e piano piano, con un tuffo al cuore, si diresse verso quel luccichio che le stava venendo incontro.
Con l'acqua che ormai, le arrivava già a filo della stoffa dei jeans, si rese conto che era una bottiglia, trasportata dalle onde.
"Che stupida! Mi sono bagnata tutti i pantaloni, solo per scoprire una bottiglia….Chissà cosa credevo che fosse! "
Fece per voltarsi e ritornare a riva, ancora incredula di aver sperato in un qualcosa che non si era poi dimostrato realmente da desiderare, quando un dubbio le sfiorò la mente:
" E se fosse la risposta del mare? "
Non perse altro tempo, e ormai tutta bagnata fino a mezza coscia, allungò le braccia, per afferrare la bottiglia, che da subito era voluta essere raccolta da qualcuno, e nessuno, poteva essere migliore di lei.
Anche Marco ne sarebbe stato felice, se l'avesse saputo.

Correndo, uscì da quel mare, amico fidato e si andò a sedere su uno scoglio, per impedire alla sabbia di incollarsi su tutto quello che aveva addosso, di bagnato. Scrutò bene la bottiglia, prima di cercare di aprirla. Era verde, di quel verde tipico delle bottiglie di succhi di frutta, e dentro, anche se riusciva a vedere poco, perché era molto sporca di alghe, di incrostazioni, di piccolissimi molluschi che nel suo viaggio si erano attaccati, come le cozze fanno con gli scogli, aveva capito che c'era un messaggio, che la bottiglia non era arrivata per caso, lanciata dopo chissà quale party tenuto su uno degli yacht che affollavano quel mare, ma che qualcuno, l'aveva spedita, proprio via mare……
La sua curiosità, le urlava da dentro di romperla il più velocemente possibile per leggere quel messaggio così misterioso, per poter finalmente carpire chissà quale segreto lasciato al mare, ma la sua enorme sensibilità, si chiedeva se fosse giusto farlo, pensando magari, che forse doveva ancora viaggiare per arrivare alla vera destinazione.
Decise quindi di portarla a casa, la pulì bene bene, l'asciugò accuratamente e cercò infine di aprirla. La cera, divenuta, dopo tutto quel tempo, come cemento, non si poteva togliere se non con un coltello, ma lei aveva paura di rompere l'involucro e piano piano, cercò di aprirsi un varco, in tutta quella specie di "muratura" che si era formata.
Finalmente, venne via tutto insieme, "cemento e tappo" e da dentro la bottiglia, le parve di sentire come un sospiro di sollievo….
La capovolse e un secondo dopo, il messaggio, completo di nastrino azzurro, atterrava sulla sua scrivania. E lentamente, lo sciolse, iniziando a srotolarlo. Aveva tante sensazioni dentro di se, e in quel momento, l'emozione, era quella che le superava tutte, perché le stava anticipando la magia del momento che si apprestava a vivere.
Lo aveva letto tante volte sui libri, di questi messaggi nelle bottiglie, di sconosciute mappe del tesoro sfuggite alle mani dei pirati, solo grazie all'intervento del mare, che le aveva trasportate lontano nel tempo e nello spazio; lo aveva anche visto al cinema, un film di lettere d'amore mai recapitate, raccolte da persone all'altro capo del mondo, e usate per fare degli articoli sul giornale, per stuzzicare la fantasia delle persone. Ma mai avrebbe immaginato, che un giorno, anche lei ne avrebbe tenuta una proprio nella sua mano.
Oramai il rotolo era tutto aperto, e poteva scorgere le prime lettere, anche se incomprensibili per lei, perché scritte in una lingua straniera.
Capiva solo il nome scritto nella firma "tuo Marco"…e già le pareva un nome così bello, pieno di armonia, sensibilità, dolcezza….
L'italiano lo sapeva poco, anche se nonna Matilde, fin da quando era piccola, glielo aveva insegnato; ma c'era troppa grammatica, c'erano troppe regole, troppi "modi di dire" in questa lingua, e lei era ancora piccola, per poterla apprendere e capirla correttamente.
Leggeva Vic, cercando di fare "spelling", per prendere almeno il senso di ciò che Marco, sì ormai sapendo il nome capiva che il messaggio era di amicizia, aveva voluto scriverle. E pensò subito, che quelle parole, avesse davvero voluto scriverle proprio a lei.
Finalmente riuscì a mettere insieme le frasi, a dargli l'intonazione giusta, la pronuncia corretta…. Il testo diceva:

Luglio 2003 - Messaggio scritto da una nave da crociera -"Chiunque tu sia, ovunque tu sia, se anche tu ti senti sola come me e non compresa dalle persone che ami, cerca sempre di seguire la strada del tuo cuore, perché dentro di lui, c'è tutto di te.
Anche se quella che ti indica, è la strada che in quel momento ti sembra la più difficile, la più dolorosa e anche la più insensata. Ricordati che lui non può sbagliare, perché è parte di te. E la volontà è l'unica forza su cui puoi fare affidamento.

Lo lesse una decina di volte, prima che il testo si fosse ben memorizzato nella sua mente. Non pensò più ad altro che a questo messaggio, da dopo che lo ebbe letto. Sorridendo, lo arrotolò di nuovo, cercò di rifare il fiocco col nastrino azzurro e lo inserì correttamente nella bottiglia. Poi prese della ceralacca dallo studio di papà e la richiuse ermeticamente.
Prese il giubbotto, salì sulla sua bicicletta e tornò nuovamente sulla spiaggia dove l'aveva raccolta. Stavolta si tolse solo le scarpe ed i calzini, senza curarsi di arrotolare i jeans. Pensava forse, che doveva fare in fretta, quello che aveva in mente di fare.
Tenne stretta a se la bottiglia per un paio di minuti ancora, prima di renderla al mare, affinché continuasse il suo viaggio, verso rive lontane o vicine, per portare il messaggio anche ad altre persone che stavano vivendo un momento di solitudine o di tristezza.
Adesso non le serviva più, aveva capito che comunque i grandi, vogliono preservarci dalle sofferenze fin quando siamo piccoli, credendo che non si sia in grado di affrontarle, per la nostra tenera età, o cercando di risparmiarcele fin quando sia possibile.
Ma non ce n'è bisogno, perché "crescere" vuol dire anche sentire un po' male, proprio lì vicino al cuore, scrigno segreto delle nostre speranze. Non fu necessario allontanarsi troppo dalla riva, per effettuare il lancio.
Ma prima baciò sul collo, quella bella bottiglia verde, che ripulita e rimessa a nuovo, era ormai pronta, per affrontare un nuovo viaggio, e con lui, ad approdare, su un'altra riva, in altre mani, dentro altri "cuori."




http://www.favole.org/risposta_mare.asp





Cobite
00sabato 16 luglio 2005 08:55



Bella, ma se seguissi sempre e solo il mio cuore sbaglierei molte volte di più.
Il cuore sente, ma se non cerca di sapere e finisce per sbagliare spesso. La mente impara e consiglia.

Giancarlo cobite

fiordineve
00domenica 17 luglio 2005 03:57


Che pignolooooooooo!!![SM=x142859] [SM=x142859] [SM=x142859]

Una favola è tale percè non rappresenta la realtà bensì il sogno.[SM=x142903] [SM=x142903] [SM=x142908] [SM=x142906] [SM=x142910]
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