Fiordipoesia
00martedì 25 gennaio 2005 15:24


Terminato finalmente di postare il "Graal" (che spero vi diverta), posso finalmente tornare ad un racconto "normale". Questo poi è tra quelli che amo, che sono felice di avere scritto, e questa per un dilettante della vita quale mi onoro d'essere è una delle migliori soddisfazioni possibili. Prima di leggerlo vi lascio una "dritta": attenzione alle allegorie.


LA LEGGE

Le nuvole scendono basse all’orizzonte, disegnando sottili fili rosa di vento nel cielo che si veste dei colori del tramonto. Il vecchio Johnny Blues esce sulla veranda di legno con in mano una lattina di birra e si accomoda sulla sedia a dondolo, si accende la pipa, tossisce secco un paio di volte, poi comincia a dondolare tra un sorso di birra fresca e qualche filo di fumo azzurrino, godendosi sorridendo lo spettacolo del tramonto, nel deserto spalancato ai suoi occhi. Tutto intorno, fino all’orizzonte circolare, è solo arida e nuda terra rossa, e cielo.
Il viso del vecchio si trasforma in una ragnatela di piccole rughe incrociate, mentre socchiude le labbra e mostra l’ininterrotta fila dei denti, per un sorriso più intenso; ha messo a fuoco la vista stringendo i suoi occhi umidi e arrossati: appena un puntino era comparso all’orizzonte e già si va allungando, assumendo parvenza di miraggio, come se si trattasse di sostanza tra il liquido e il gassoso, quasi immateriale. Lentamente si disegna una sagoma che da una prima sembianza di cactus si costruisce ingrandendosi pezzo dopo pezzo in forma di centauro, e finalmente ancora in lontananza quella figura si divide in due per la definitiva visione quasi nitida d’uomo in groppa ad un cavallo: nero il cavallo, neri il cappello ed il mantello dell’uomo.
Johnny si alza lentamente dalla sedia a dondolo, appoggia una mano alla balaustra e con l’altra mano si leva il cappello e lo agita in aria, sputa via la raucedine e squarcia il silenzio del tramonto con una voce prolungata: “Hey, Slim!”. L’uomo a cavallo alza una mano guantata di nero nella sera che precipita e risponde alla voce con identica voce: “Hey, Johnny!”.
L’uomo procede lentamente, e finalmente si avvicina alla casa, lega il cavallo alla balaustra e sale in veranda, camminando piano. Il vecchio Slim sotto il mantello che ha tolto e infagottato sulla sella del cavallo ha una camicia nera e pantaloni neri, al suo ritorno sparirà nella notte: visibile sarà solo la sua stella argentata, appuntata all’ampia tasca pettorale sinistra della sua camicia. Il vecchio Slim è lo sceriffo della Contea forse da più di mille anni, da sempre, da quando esiste la Contea di Liveson.
Si stringono la mano, una pacca sulla spalla e poi entrano in casa. Johnny mette sul fuoco la pentola di zuppa di legumi, raddoppiando la dose, e intanto prende due bottiglie di birra fresca e due boccali che appoggia sulla tavola, apparecchiata da Slim che si muove sicuro, trova ogni cosa nel cassetto giusto, accende la vecchia lampada a petrolio e la sospende al gancio, sopra al tavolo.
- Questo deserto avanza ogni volta un po’ più in là, Johnny. Di questo passo arriverà sino al canyon in capo a due o tre anni, mangiandosi Overcity.
- Come si è già divorato prima Herecity, che sorgeva qui intorno. Oltre alla mia è rimasta solo la casa del vecchio Barry, più in là dell’orizzonte, e in mezzo è solo deserto dove prima sorgeva la città. Ricordi la città? Le case, le strade, la chiesa, il via vai di persone e di carrozze…
- Il saloon dove ti esibivi ogni sera…
- Fino al giorno in cui sei arrivato tu, a sequestrarmi la chitarra.
- La Legge.
- Già. La Legge.

Johnny immerge il mestolo nella pentola e poi riempie le ciotole, quindi si siede e cominciano a consumare quella cena semplice e gustosa, intingendo nella zuppa grandi fette di pane scuro.
- E comunque ti ho lasciato il flauto…
- Con quello non puoi suonare in un saloon, ma solo al tramonto, sulla veranda mentre guardi il cielo. L’ho fatto, mentre il deserto cominciava a circondarmi. Una sera arrivarono decine di coyotes, che si accucciarono ad ascoltare in silenzio, con gli occhi che luccicavano come stelle basse, tutt’intorno nella notte. Da quella sera tornarono molte volte, alzando il muso affilato e lanciando brevi guaiti, finché non uscivo e cominciavo a stendere le note lunghe e lente del mio flauto. Poi, una notte, uscii sulla veranda col fucile e sparai molti colpi in aria. Non li ho più visti da allora e non ho più suonato il flauto, per non farli tornare.
- E non sono poi mai più tornati?
- Ne passa qualcuno ogni tanto, ma se ne va quasi subito, come fosse per lasciare un saluto e farmi sapere che loro esistono ancora, sono invecchiati anche loro oramai, ma sono sempre vivi.
- Sono rimasti solo loro: sono i veri padroni del deserto che ti circonda.

Il vecchio John versa ancora un po’ di zuppa e un po’ di birra, rompe pezzi di pane e li lascia a macerare nel piatto, mentre il suo amico Slim continua a intingere la sua razione di pane a larghe fette e a mangiare di gran gusto.
- La gente che era qui intorno l’hai portata via tutta tu, un po’ alla volta.
- La Legge.
- Lo so, lo so. Tu esegui soltanto, è il tuo dovere, non te ne faccio una colpa e poi sei mio amico, forse l’unico in zona che mi è rimasto, che ogni tanto si ricorda di me e viene a farmi un po’ di compagnia.
- Non hai pensato di andare a vivere altrove, magari ad Overcity, finché esiste? Potremmo vederci più spesso.
- Oh no, perché? La solitudine non mi pesa, lo sai. Qui c’è tutto il mio mondo: il mio cane, che ha imparato ad arrivare in città e mi porta qui il giornale e il tabacco; e ci sono la radio, la pipa, il flauto, la veranda, la sedia a dondolo, il deserto, il cielo, i coyotes e le stelle, le nuvole, l’orizzonte. Ho la radio trasmittente, di là. Parlo con tanta gente lontana, sai? Ci sono tante città nel mondo, tante contee, e in ogni contea uno sceriffo e la Legge… e i deserti.
- La Legge è uguale per tutti, in ogni angolo del mondo.
- Però che strana Legge. Non si sa chi l’ha scritta, non si può rinnovare, non la si può cambiare; discuterla sì, contestarla, disapprovarla… ma a che serve? Tanto vale accettarla com’è, anche se sfugge il senso.
- Il senso?
- Hai portato via tanta gente in questi anni. Perché?
- La Legge.
- Sì va bene, ma… cosa dice questa Legge? Qual è il momento in cui la si infrange e arrivi tu?
- Io non arrivo quando la Legge si infrange, ma quando si applica: semplicemente la faccio rispettare. Eseguo gli ordini, senza chiedere il motivo, tanto sarebbe inutile. Forse lo farò un giorno, quando non servirò più, quando verrà il momento di andare in pensione. Forse.
- Se lo farai e riceverai risposta, ricordati di me. Dovunque sarò in quel tempo cerca di farmi sapere.
- Cosa vorresti sapere esattamente?
- Ad esempio perché Mike e Petra, Diana e Steven sono stati arrestati. E gli altri amici, la gente di Herecity, prima che intorno fosse solo deserto. E perché mia figlia prima ancora di aprire gli occhi al mondo era stata condannata e sei venuto qui a prenderla per portarla via; e dopo appena due anni sei tornato e mentre io ero lontano, senza darmi un preavviso, hai portato via anche sua madre, cioè la donna che amavo… perché lo hai fatto, Slim? Perché?
- La Legge.
- Forse un giorno potrò conoscere anch’io il senso di questa Legge; e il suo contenuto, i suoi articoli, i comma, le disposizioni, le sanzioni… i perché…
- Forse.

Johnny versa altra birra, mentre Slim sparecchia e tira fuori da un cassetto una vecchia pipa.
- Posso?
- Certo che puoi, me lo domandi? Agli amici non si nega niente. Il tabacco è nel cofanetto, sulla mensola sopra alla stufa, così si mantiene secco.
- Lo so, me ne sono servito molte volte. Per questo passo sempre a trovarti volentieri, quando mi capita di trovarmi nei paraggi. Tu sei il mio unico amico in questa zona della Contea, l’unico che mi ospita con sincerità e persino con affetto, l’unico disposto a dividere un po’ di tempo con me, senza odio, senza disprezzo e senza paura.
- E’ normale che la gente ti tema. Tu rappresenti e applichi questa Legge sconosciuta dalla quale nessuno può sentirsi al sicuro. Io stesso, vedendoti arrivare, ogni volta mi chiedo se in questa occasione dovrai mostrare a me il mandato di cattura. Anche oggi, per un attimo…
- Oggi sono venuto a trovarti come amico, come ogni altra volta transitando dalle tue parti. Quando andrò via di qui, sulla strada del ritorno, passato l’orizzonte mi recherò da Barry. Ho qui nella borsa l’ordine di cattura che lo riguarda. Non dovrei dirtelo, perché queste notizie vengono date dopo, ad arresto avvenuto, ma faccio un’eccezione, tanto so bene che non lo dirai a nessuno.

E così è arrivato il turno del vecchio Barry. Una persona lontana che col deserto che avanzava era diventato il vicino più prossimo, ed ora il vecchio John Blues rimarrà davvero l’unico abitante di quella che un tempo fu la città di Herecity. John ora è certo che la prossima volta che vedrà disegnarsi lentamente all’orizzonte la sagoma del suo vecchio amico sceriffo, vorrà dire senza tema di equivoco che il vecchio Slim viene lì per lui.
Vanno a fumare in veranda, ognuno accomodandosi sopra a una sedia a dondolo, ad osservare la notte. Passa qualche coyotes silenzioso vicino alla casa, passa qualche nuvola in cielo ad oscurarne provvisoriamente un lembo tempestato di stelle, passa il tempo in silenzio. Infine il vecchio Slim si alza per andare via, spiega con cura ed indossa il mantello, slega il cavallo e balza in sella con la sua stessa agilità di sempre.
- E’ ora che vada. Grazie di tutto, Johnny, amico mio.
- Grazie a te per la visita, Slim, amico mio.
- Come ogni volta non posso e non so dire quando sarà il momento in cui ci rivedremo.
- Fa niente. Quel che importa è vedersi. Ti aspetto.
- Bye John…
- Bye Slim…
Le nuvole scendono basse all’orizzonte, disegnando sottili fili neri di vento nel cielo che si veste dei colori della notte.



17/03/2004 17.32





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