L'ULTIMO DIALOGO

Stefano Starano
00venerdì 28 marzo 2008 12:16
Un giorno un uomo, un certo Stefano Starano, improvvisamente ebbe una crisi d’identità.
Non trovava pace e non sapeva che fare.
In passato aveva creduto nell’amicizia, eppure ora non aveva nessun amico. L’unica donna che egli avesse amato l’aveva lasciato.
Un tempo era molto impegnato politicamente e ben inserito socialmente ma questo tipo d’impegni lo aveva deluso, così pure quello religioso in cui s’era imbattuto allorquando s’accorse di avere sete d’assoluto e che le cose del mondo non riuscivano a soddisfarlo più di tanto: arrivò al punto che non gli appartenevano più… Ma ora anche questo cammino non gli dava più nulla.
Alla fine decise di non uccidersi ancora perché c’era tempo. Poi gli sembrò d’intuire che cosa in realtà avesse perso: se stesso.
Quindi ciò a cui doveva tendere (o giungere, semplicemente aspettando) era la sua “riunificazione”.
Riunificazione! Santa parola, riunificazione con se stesso e con l’universo (cioè con l’Assoluto), con gli altri… Non un unico obiettivo dunque, non due ma tre!
Tutte le sue precedenti conclusioni iniziavano ora a cambiare segno, a perdere il loro senso originale ma alla fine Stefano perse anche questa sua ultima conclusione.
Non riusciva a prender consapevolezza del fatto che doveva cercare in lui, e nessuno, nessun libro e nessun sapere poté convincerlo: volle ostinatamente cercare al di fuori di lui, e fu così che prese la decisione di interpellare Gesù, Buddha e S. Francesco.
Si chiuse nel buio della sua stanza ed iniziò a pregare intensamente, con tutta l’anima ed il cuore e con tutta la concentrazione passionale che gli potesse derivare da quella spaventosa depressione che lo aveva colto.
Fu una richiesta disperata, una supplica suprema, estrema, imparagonabile a qualsiasi altra preghiera del mondo: implorò oltre ogni pena.
«Almeno uno di voi… tu o Gesù, o tu o Buddha… non lasciatemi solo in questa valle del dubbio, in questa notte dello spirito… E tutti voi santi… maledetti! Dove siete? Esistete? Forse no — urlò nel pensiero — anzi certamente no. Come ho potuto mai crederlo? Maledetti, — ripeté a voce alta questa volta — mi avete preso in giro, ci avete preso tutti per i fondelli! Non solo di me dovrete render conto ma di tutta l’umanità che grida dolore, che chiede aiuto, conforto, amore…»
Quest’ultima parola gli si spense fra le lacrime. Renderne conto a chi, pensava, loro erano le più alte autorità in fatto di spiritualità.
Poco dopo tornò a supplicare: «Almeno un segno, solo un piccolo segno, una luce, un suono, una qualsiasi cosa… Solo per sapere della vostra presenza!» oppure no, si disse, forse non era giusto in questo modo.
Era una tortura mentale terribile, insopportabile. Delirava: «Vi prego, vi imploro, vi scongiuro… ma perché no? Perché non vedervi, parlarvi, almeno solo ascoltarvi?… Gesù, tu che fai? Stai lì impassibile di fronte alla mia disintegrazione? E tu Buddha, quale “karuna”, quale compassione per me? Quale carità, o Francesco, sei tu nei confronti di chi ha perso l’amore e la luce? Nessuna pace c’è per me… nessuno è con me, niente… SOLO!
Io non sono più nessuno, o Dio… Un tempo c’ero, o non ci sono mai stato? Si può essere più crudeli di chi non si mostra? State ad osservare o nemmeno quello? Forse nemmeno vi ponete il problema, o neanche ne sapete l’esistenza. Non sapete nemmeno che “io sono”? E allora perché dovrei curarmi di voi se non so nemmeno se io esisto? E perché dovrei amare o amarmi? Forse è meglio vivere senza sapere. L’alternativa sarebbe non vivere.»
D’un tratto, dalle imposte della stanza filtrò una potentissima luce rossa, come un fuoco, intensa, netta, diritta, precisa. Una strana eccitazione pervase l’animo di Stefano il quale ebbe a stento la forza d’inginocchiarsi.
«Chi sei?» osò chiedere.
«Ha importanza, uomo?»
«Per me sì — rispose Stefano intimorito — sono curioso per natura.»
«Io sono colui che sono.»
«Vorresti dire…»
«Sì»
Una ridda di pensieri, sensazioni, emozioni mai provate affollarono la mente e il cuore di Stefano: una sorta di sentimenti e di altre cose non definibili e mai sperimentate l’investirono per la prima volta. Mente, anima e corpo erano immersi e travolti in un tutt’uno indefinibile ma che Stefano avvertì chiaramente: sentì che era “vero”, e lo era nel senso più profondo del termine.
Avrebbe voluto chiedere cose su un’infinità di argomenti: era un’occasione unica al mondo. Non sapeva da dove cominciare, aveva già dimenticato tutto.
Gli sorse un dubbio: «Perché ti sei manifestato proprio a me?»
«Ad ognuno io mi offro continuamente, ma continuamente non viene colto questo mio mostrarmi.»
«Tu puoi leggere nel pensiero?»
«Non ve n’è alcun bisogno.»
Stefano rimase interdetto. Era stato stupido a non aver valutato “quanto” potesse essere al di là di ogni comprensione, figuriamoci della sua… forse non riusciva nemmeno ad elaborarla una situazione simile, eppure la stava vivendo, ed era reale.
«Allora ti prego, dimmi cos’è che conta, che devo fare…»
«Non conta ciò che fai ma il “come”. Come affronterai una vicissitudine, non la vicenda stessa, nè la sua conclusione. È il risultato del tuo “essere stato” in quella situazione che conterà.»
«Non capisco.»
«Non è necessario capire, va bene vivere, non temere.»
«Perché non ho mai avuto una donna che mi amasse veramente?»
«Questo lo devi chiedere a te e non a me.»
«No, non capisco proprio, tu non…»
«Invece sì, tu hai capito Stefano.»
«No, ti prego, se lo sai dimmelo.»
«Vedi Stefano, tu potevi amare infinitamente quella donna ma questo non aveva alcuna importanza. Non il “quanto” ma il “come”, la qualità dell’amare importa.»
«Ma tu non avevi il potere di aiutarmi o di modificare l’esito di questa mia storia, o di creare la storia stessa, ex novo…»
«Da te e solo da te dipende: non rivolgere a me queste domande.»
«Sarebbe a dire che io decido la mia vita, il mio destino… tutto?»
«Sì, sei tu che tracci la via che percorri: così ho stabilito ed è giusto che sia così. Ed è per questo che ognuno sarà giudicato, perché ognuno nasce libero e responsabile di sé e di tutte le conseguenze che il suo agire ed il suo pensare arrecano agli altri. Non ci sarebbe senso altrimenti.»
«E quando sarà il giudizio?»
«Hic et nunc: ora.»
«Mio Dio! Ed ho superato la prova? Non ero preparato a questo, ti sarò sembrato uno stupido con tutte quelle domande…»
«Io conosco ogni tuo pensiero, sofferenza, emozione presente e passata. Ogni tua azione e tutti i capelli del tuo capo, quanto ti hanno dato gli altri nella vita in termini di gioie o di delusioni ed in ogni altro senso e conosco anzi “so come se fossi io” ogni tuo ricordo che nemmeno tu ricordi e tutto ciò di te che nemmeno tu sai di te. La persona meno indicata a giudicarti sei tu.»
«E allora?» chiese trepidamente Stefano.
«Allora sei dei nostri, Stefano. Benvenuto!»
ELIPIOVEX
00venerdì 28 marzo 2008 21:33
Trovo il finale sibillino, ho bisogno di una spiegazione in più: ma alla fine Stefano vive i suoi ultimi istanti di vita? E' per questo che è al cospetto di Dio?
Stefano Starano
00sabato 29 marzo 2008 10:41
Cara ELIPIOVEX,
è proprio come hai pensato.
Ma è un finale "buono", primo perché nel racconti Dio esiste, secondo perché l'accoglie in Paradiso («benvenuto»).
Ciao
Stefano
northernrock.
00domenica 30 marzo 2008 20:02
«Non conta ciò che fai ma il “come”. Come affronterai una vicissitudine, non la vicenda stessa, nè la sua conclusione. È il risultato del tuo “essere stato” in quella situazione che conterà.»


[SM=x142887]
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 08:12.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com