L'INCANTO D'UN MATTINO

Stefano Starano
00lunedì 12 maggio 2008 00:23
Simona
Quel sabato mattina del 2002 non era un sabato come tutti gli altri, era il 7 dicembre, il giorno che precede l’Immacolata.
Come tutti i sabati era festa per tre quarti della famiglia, l’unico quarto che si sarebbe dovuto svegliare era mia figlia. Matematicamente la somma esatta per raggiungere il totale era: tre quarti più un quarto. Ma non era esattamente così.
Il percorso era: liceo a due chilometri → due mezzi di trasporto non frequentissimi + un cambio di linea /oppure a piedi → mattina fredda → sveglia almeno mezz’ora prima = l’accompagno io con l’auto.
Come tutti i sabati, quindi, era sì festa per tre quarti della famiglia, ma due quarti si “dovevano” svegliare: io “e poi” mia figlia (cioè “prima io” – uso del w.c., preparativi, colazione – e solo “dopo mezz’ora” lei).
Poiché la casa non rimane sola alzo la persiana avvolgibile nel salone in modo che al risveglio gli altri trovino un ambiente illuminato dal giorno. Sono tra le 7,20 e le 7,30 di mattina.
Nel fare ciò vedo l’unico squarcio di Napoli visibile da casa nostra: la collina dei Camaldoli e in parte le colline del Vomero e di Posillipo. Un piccolo incanto, ma quella mattina rimasi secco.
Uno sfavillio di luce dorata scintillante, una luminaria di Natale in Paradiso, che diavolo mai era?
Il cielo era grigio scuro, tempo pessimo, eppure il pezzo di città era di color oro luminoso stagliato nel grigio!
Le case del paesaggio tutt’intorno erano scure e grigie come il cielo, gli alberi del giardino sottostante erano scuri anch’essi, anzi di più, il loro verde sconfinava nel nero. Napoli era non solo dorata ma emanava luce come se tutte le finestre e le superfici lisce contemporaneamente riflettessero il sole.
Simona stava terminando di scaricare i cereali al sapore di cioccolato della Nesquik nella tazza di latte dei Simpsons (frutto dei punti del latte Foreste Molisane) quando riceve la mia irruzione in cucina.
«Simona, vieni a vedere!»
Lei mi guarda stupita ma fu un attimo. Non è che comunichiamo molto ma su certe cose c’intendiamo benissimo: intuisce l’urgenza di qualcosa di particolare, si alza di corsa e mi segue.
«Guarda dalla finestra del salone.»
«Uhaoo!» esclama, e rimane secca anche lei. Mi viene in mente la mia videocamera, una digitale Sony DCR-TRV 230 tanto vecchia che non ha nemmeno la porta usb (veramente il buco ci sarebbe ma è una “finta-porta” – pensavo che queste cose le facessero solo a Napoli, la Sony è giapponese!).
«La telecamera!» urlo sottovoce. La casa è sottosopra, abbiamo tolto i mobili in attesa di lavori e di nuovi mobili in arrivo; nel frattempo la roba era stata sistemata in scatoloni o ammassata su tavoli e ogni altra superficie libera.
Invece la trovo subito nel solito posto. L’accendo e la passo subito a Simona. Tenta di aprire il piccolo schermo-monitor ma per la fretta non ci riesce.
«Vai col mirino!» la esorto. E parte.
Ma, quando alla fine toglie lo sguardo dal mirino, esclama: «Non era così quando ho iniziato!».
Il fenomeno, perché di un fenomeno si trattava, stava svanendo. Più raro e più bello dell’aurora boreale, l’arcobaleno e le stelle cadenti messe assieme.
Per festeggiare l’avvenimento insolito l’accompagno con l’auto buona (quella di mia moglie, un Atos Prime GLS della Hyundai rosso fiammante con tettuccio apribile elettrico, finestrini elettrici, doppio airbag, servosterzo, aria condizionata, antifurti elettronici e antifurti meccanici che solo un carro-gru se la potrebbe portar via e, cosa più importante, un’autoradio con CD estraibile) e mi porto un CD masterizzato con una compilation (fatta in casa, con le mie mani, di pezzi belli presi da CD originali e da WinMX sul web) di cui puoi sentire solo i primi 8 brani su 13 e il 9° incompleto (perché il sistema si bloccò al 48% della masterizzazione).
Mentre usciamo dal palazzo le dico: «Oggi è il giorno che precede l’8 dicembre. Devi sapere che domani è un giorno particolare, è il giorno in cui si prepara il presepe e l’albero di Natale.»
Poi, dopo una sapiente pausa, continuo: «Sai perché abbiamo visto quello spettacolo? Dio ha detto “Ehi ragazzi, questo è l’antipasto!” e così ci ha regalato una “Napoli di Natale”.»
Simona, a differenza di mia moglie, sa bene quando scherzo (in genere quando sono serio).
Monto sull’Atos, metto il CD della “forza” (intesa nel senso cosmico di Guerre Stellari) e partiamo con Ride My See-Saw degli inglesi THE MOODY BLUES. Rimaniamo in religioso silenzio senza capire una parola.
«Ti piace questa musica?»
«Sì.»
Poi, per mancanza di tempo, salto il secondo brano (la bellissima Good Vibrations dei BEACH BOYS, simbolo della California del 1968) per andare subito a Carry On dei CROSBY, STILLS, NASH & YOUNG (ancora più bella e rappresentativa della West Coast nel 1970).
«Quelli di prima erano inglesi mentre questi sono dell’altra parte dell’America» le faccio rilevare.
«Si sente» mi risponde.
Onestamente non m’aspettavo che si potesse distinguere l’accento inglese da quello americano in canzoni dove più che voci ci sono cori. Oltretutto mia figlia non è un’interprete: al limite capisce che non è tedesco (almeno spero) ma forse mi sbaglio. Oggi si seguono e si conoscono i figli un po’ meno della meccanica quantistica.
La lascio salutandola in inglese: «Good morning, good school!»
Chissà se mai un genitore inglese o americano ha mai salutato un figlio con queste parole.

* * *

Torno a casa e vedo su (quella sottospecie di Internet passiva che è) Televideo Rai, il 36° Rapporto CENSIS, che recita:

L'immagine che esce fuori dallo studio è quella di un paese in affanno.
L'economia italiana gira a vuoto, l'immagine “è quella di una macchina i cui ingranaggi hanno girato senza riuscire a collegarsi gli uni con gli altri”. Ma gli italiani restano ancora entusiasti sostenitori del “buon vivere”. Le spese legate al “vivere bene” (preziosi, cosmetici, arredamento) sono in aumento.
Il sistema “non offre segnali dinamici”.

Poi, sul modo degli italiani di vedere la televisione, conclude:

La legge degli ascolti premia la spettacolarizzazione del quotidiano e dell'ordinario. L'impoverimento dei palinsesti si riflette nelle ambizioni di una società che è diventata solo immagine.

Fine dell’incanto.


POST SCRIPTUM
Ho inviato questo racconto al mio amico italo-americano Gianpaolo, il quale mi ha risposto in un’email che lui sua figlia la lasciava dicendole: «Have a good day at school… bye.»
ELIPIOVEX
00lunedì 12 maggio 2008 21:07
Sono d'accordo con te quando affermi che alcuni spettacoli tolgono il fiato e diventano indimenticabili.
A me è successo una notte stellata. Eravamo io e i miei genitori seduti fuori a prendere un po' di fresco in agosto. All'improvviso il cielo si schiarì in maniera sorprendente assumendo anche delle tonalità particolari.
Per alcune ore tutti pensarono ad un razzo luminoso perso da un aereo militare: c'era la guerra in Bosnia e il cielo del mio paese a volte veniva attraversato dagli aerei francesi provenienti da Istrana.
Scoprimmo qualche mese più tardi grazie ad un telegiornale locale che era stato un fenomeno naturale, raro, ma non voluto dall'uomo... e sono contenta di avervi assistito!
Stefano Starano
00lunedì 12 maggio 2008 23:02
che bello!
Bella anche questa apparizione tua.
A proposito degli spropositi, il mio amico americano oggi ha compiuto 56 anni ed io gli ho fatto gli auguri direttamente per telefono, con piacere.
E' stato super-contento.
Cao bella ELIPIOVEX
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