Ivan del reggimento (prima parte)

badina
00venerdì 9 febbraio 2007 12:32

In un reame lontano di un paese lontano viveva un noto mercante che aveva un figlio: Ivan. Il mercante caricò le sue navi, affidò casa e bottega alla moglie e al figlio e partì per un lungo viaggio.
Trascorse sui mari un mese, due, tre, visitò terre straniere, acquistò merci d' oltremare e fece buoni affari vendendo le proprie. Nel frattempo una grossa disgrazia si era abbattuta su Ivan, figlio del mercante; tutti i mercanti e i borghesi si erano accaniti contro di lui: “Perchè egli è così fortunato? Ci ha tolto tutto il nostro commercio!”.
Si riunirono tutti in gruppo e scrissero una dichiarazione in cui sostenevano che il figlio del mercante tal dei tali, era ladro e fannullone non più degno di far parte della loro corporazione e quindi essi lo condannavano a fare il soldato. Gli rasarono i capelli a lo spedirono al reggimento.
Ivan prestò servizio, patì ogni sorta di stenti e non per un anno, ma per dieci; a un certo punto ebbe voglia di tornare a casa, chiese un congedo, ebbe un permesso di sei mesi e si mise in cammino. Il padre e la madre si rallegrarono assai; egli passò da loro tutto il tempo, finchè venne il momento di tornare indietro. Il mercante allora lo prese, lo condusse nei sotterranei profondi pieni d' oro e d' argento e gli disse: “Su, figlio mio, prenditi pure il denaro che ti serve!” Ivan, figlio del mercante si riempì le tasche, ricevette dal padre e dalla madre la benedizione eterna, inviolabile, si accomiatò dai parenti e partì per il reggimento; il padre aveva anche comprato un ottimo cavallo! A causa della separazione, il buon giovine fu assalito da una grande tristezza; lungo la strada vide un' osteria ed entrò a bere per scacciare l'angoscia: bevve mezzo litro di vodka ma gli parve poco, ne bevve un altro mezzo litro, si ubriacò e crollò addormentato. Ed ecco che spuntarono degli sfaccendati frequentatori dell'osteria che gli rubarono i soldi, tutti quanti, fino all'ultima copeca. Ivan figlio del mercante si svegliò, fece per prendere il denaro, ma non aveva più un soldo; afflitto, si rimise in cammino. La cupa notte lo sorprese in un luogo deserto; proseguì ancora e ancora, finchè vide una locanda; vicino alla locanda c'era un cartello, sul cartello una scritta: chi vuole passare qui la notte deve pagare cento rubli. Che fare? Non poteva certo morire di fame; bussò alla porta, uscì un ragazzino, lo accompagnò in camera e portò il cavallo nella scuderia. Alla locanda gli diedero tutto quello che potesse desiderare; mangiò, bevve a sazietà, poi si sedette e divenne pensieroso.
“Perchè, soldato, sei così pensieroso?” gli chiese il padrone: “Forse non hai i soldi per pagare?” . “Non è questo, padrone! E che io qui sono ben nutrito, mentre il mio buon cavallo se ne sta la' ...” “No, soldato! Vieni pure a vedere, esso ha fieno e avena a volontà.” “Non è questo il punto. I nostri cavalli sono abituati in un certo modo: se io gli sto vicino, mangia, ma senza di me non tocca nulla.” Il locandiere corse alla scuderia, guardò, era proprio così: il cavallo stava lì con la testa bassa, ma l'avena non la guardava neanche. “Che cavallo intelligente! Conosce il suo padrone” pensò il locandiere e ordinò che preparassero il letto per il soldato nella scuderia. Ivan figlio del mercante si sdraiò lì a dormire, ma a mezzanotte in punto, quando tutti dormivano, si alzò, sellò il cavallo e galoppò via. La sera del giorno seguente arrivò a una locanda dove prendevano duecento rubli a notte; riuscì a farla franca anche lì. Il terzo giorno arrivò a una locanda ancor migliore delle prime due; c'era un cartello con la scritta: chi vuol passare la notte qui, deve pagare trecento rubli. "Beh," pensò "vada come vada, tenterò la fortuna anche qui!" Entrò, mangiò e bevve abbondantemente, poi si sedette e rimase pensieroso. “ Perchè, soldato, sei così pensieroso? Forse non hai i soldi per pagare?” chiese il padrone. “No, non è questo! E che io sono qui ben nutrito, mentre il mio buon cavallo se ne sta là...”. “Ma come puoi pensare... Io gli ho dato fieno e avena in abbondanza.” “Sì, ma i nostri cavalli sono abituati in un certo modo: se io gli sto vicino, mangia, ma senza di me non tocca nulla.” “Quand’è così, vai pure a dormire nella scuderia!” Ma quel locandiere aveva una moglie maga, essa andò a guardare nei suoi libri e venne subito a sapere che il soldato non aveva una copeca; mise due lavoranti alla porta e ordinò loro severamente di sorvegliare che il soldato non se la svignasse. A mezzanotte in punto Ivan figlio del mercante si alzò e si preparò a tagliare la corda, guardò e vide i lavoranti che facevano la guardia; si sdraiò e si addormentò. Quando si svegliò era già l’alba, sellò alla svelta il cavallo, ci montò sopra e si preparò a lasciare il cortile. “Ferma!” gli intimarono le guardie. “Non hai ancora pagato il conto al padrone! Sgancia i soldi!” . “Ma che soldi? Andate al diavolo!” rispose Ivan e tentò di galoppare via; ma quelli là lo agguantarono e lo bastonarono sulle gambe. Sollevarono un tal baccano che tutta la casa corse fuori. “ Dategliele, ragazzi, di santa ragione!” -disse il padrone -“ Ora basta!” aggiunse dopo un po’ “Lasciatelo vivo, lavorerà da noi per tre anni e così si guadagnerà i trecento rubli.”
Non c’era niente da fare, Ivan figlio del mercante dovette fermarsi alla locanda; passa un giorno, due, tre. Il padrone gli chiese: “Di' un po', signor soldato, sei capace tu di sparare?”. “Altrochè! Non ci insegnano altro, al reggimento!” “Beh, allora va' a sparare alla selvaggina; dalle nostre parti si trova ogni specie di fiere e di uccelli.” Ivan figlio del mercante prese il fucile e andò a caccia; vagabondò a lungo nel bosco, ma non gli capitò nessuna preda, solo verso sera vide una lepre sul ciglio del bosco, prese la mira, ma quella era già sparita. Il cacciatore provò a inseguirla e capitò in un grande prato verde sul quale si ergeva un magnifico palazzo, tutto di marmo bianco, coperto da un tetto d’oro. La lepre saltò nel palazzo e Ivan dietro; guardò da una parte e dall’altra, ma della lepre non c’era più traccia. "Beh, darò un’occhiata al palazzo!", pensò Ivan.
Entrò; girò dappertutto: tutte le stanze erano arredate in maniera così sontuosa che è impossibile immaginare o indovinare, solo nelle fiabe raccontare; in una stanza c’era una tavola apparecchiata con antipasti vari, vini e ricche posate. Ivan figlio del mercante bevve un bicchierino da ogni bottiglia, prese un bocconcino da ogni piatto e, quando fu sazio, si sedette comodamente. D' improvviso arrivò una carrozza, scese una principessa; era tutta nera, anche i servi erano neri e i cavalli corvini.
Ivan si ricordò della disciplina militare, scattò in piedi e si mise sull’attenti accanto alla porta; appena la principessa entrò in camera egli fece il saluto militare. “Salve, soldato!” lo salutò la principessa. “Come mai sei qui, per volontà tua o per volontà altrui? Vai cercando l’avventura o vai sfuggendo la sventura? Siediti qui accanto che abbiamo da dirci tanto.” E poi gli chiese: “Potresti rendermi un grande servigio? Se me lo renderai, ne avrai grande felicità! Dicono che i soldati russi non abbiano paura di nulla; il fatto è che questo palazzo è posseduto dagli spiriti maligni...”. “Maestà, sarò felice di servirvi fino all’ultima goccia del mio sangue.” “Allora ascolta: fino a mezzanotte canta e balla come ti pare, ma appena scoccherà la mezzanotte vai a coricarti nel letto appeso alle cinghie che si trova in mezzo alla grande sala e qualunque cosa ti accada intorno o qualunque cosa ti capiti di vedere, rimani sdraiato in silenzio.” (fiaba russa) [SM=x142859] [SM=x142873] [SM=x142897]




ELIPIOVEX
00venerdì 9 febbraio 2007 21:30
Anche questa mi pare di averla già sentita... ma continua... continua che sono curiosa...
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