Il vecchio di montagna : 1° puntata

Scugnizzo Napoletano
00sabato 11 novembre 2006 20:37
Il ragazzo del torrente
Mi svegliai con il vento che mi soffiava nel letto caldo fatto di quel poco che la natura in montagna d'inverno mi offre: paglia e alcune stoffe che avevo fatto io con il kit di cucito che avevo comprato nel più vicino paesino (più di 25 chilometri dalla mia casa) con quei pochi spiccioli che mi erano rimasti dopo aver comprato casa in montagna.
Mi alzai con calma e pensai alla vita da eremita, solitaria e profumata dall' aria di montagna che c'era in quel posto.
Mi trovavo precisamente nel bel mezzo delle Alpi, tra l'Italia e il confine svizzero, località soprannominata da me S. Apollonia. Nome dato da una leggenda narratammi dalla anziana signora a cui apparteneva questa casa.
Ecco come incontrai questa casa di cui mi innamorai e di cui sono tutt'ora innamorato.
Vivevo a Napoli, ero un vero scugnizzo e in quel tempo tutti quanti lavoravano e non studiavano, mio padre voleva che io andassi a lavorare per portare più soldi a casa, mio padre faceva di mestiere l'artigiano del legno.
Era bellissimo quando io entravo nella sua bottega e rimanevo affascinato dai tanti lavori . . che dico CAPOLAVORI!!
Mio padre sapeva intarsiare il legno come nessuno faceva da tanti anni a questa parte a Napoli.
Ormai tutti andavano a lavorare nelle grandi aziende e industrie della città.
Vivevo nel centro storico di Napoli, tra mille negozi, bancarelle e colori, tipico paesaggio cittadino napoletano.
Io non andai a lavorare, era affascinato ormai da tempo ( più o meno dagli 8 anni) dall'arte di scrivere e leggere.
Di fianco alla bottega di mio padre c'era una piccola biblioteca mai frequentata da nessuno.
Era una antica biblioteca gestita da frati cappuccini, e conteneva più di 600 volumi di storie e preghiere.
Il proprietario era un anziano signore che era scorbutico con tutti quanti.
Quando io arrivai lì per la prima volta mi innamorai letteralmente di quel bel posto così ben arredato dai colori caldi, era il mio rifugio per nascondermi da quello che succedeva fuori, nel mondo esterno, ormai che a andava a a rotoli già da molto tempo.
Conobbi il vecchio in una maniera molto comica.
Stavo girando tra i gli scaffali per cercare un libro di Ugo Foscolo (mio autore preferito) di nome: Le ultime lettere di Jacopo Ortis, un romanzo epistolare davvero ben scritto.
IO cercavo cercavo ma non riuscii a trovarlo, ci impiegai ben tre ore per cercare ma niente.
Così mi venne in mente di chiedere al bibliotecario, ma mi ebbi vergogna di chiedere a quell'anziano signore così scorbutico che sapeva di essere odiato da mezza napoli.
Mi feci coraggio e glielo chiesi: Lui disse queste parole . . .



To be continued

Scrivetemi su questo indirizzo se vi piace o lasciate un commento
grazie!

scugnizzo93@hotmail.it

[Modificato da fiordineve 15/11/2006 17.46]

debona
00domenica 12 novembre 2006 04:15
In attesa della continuazione [SM=x142874]
Scugnizzo Napoletano
00domenica 12 novembre 2006 14:13
continuo
Grazie giovanna, eccoti la continuazione.


Mi feci coraggio e andai a chiedere il libro al vecchio. Arrivato davanti alla sua scrivania lo trovai mentre leggeva lo stesso mio libro di Ernest Hemingway, con grande sorpresa mi guardò da sopra i suoi occhiali a mezzaluna, si era accorto che stavo leggendo anche io il suo stesso libro.

"Mi scusi sto cercando Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis, me lo può dare?"
Lui dopo avere assunto l'espressione di sempre, scorbutica, mi chiese a sua volta:
"Ti serve per la scuola vero?" e già si stava avviando allo scaffale giusto.
Io gli risposi: "No, mi piace Ugo Foscolo e mi piace leggere, fin da piccolo"
All'improvviso il vecchio si fermò a metà corridoio, senza girarsi poi ricominciò a camminare, dopo di chè mi diede il libro e così lo lessi.
Si fece tardi e io tornai a casa.
L'indomani tornai nella libreria la mattina presto, era già aperta. Io, con grande stupore, entrai e feci il solito modesto saluto al propietario che però non rispose al saluto.
Andai nella mia solita amata poltroncina per leggere e trovai davanti alla poltrona un tavolino che il giorno prima non c'era, con grande stupore vidi che su questo tavolino erano elecanti libro per libro tutte le opere di Ugo Foscolo e Ernest Hemingway.
Quel giorno fu bellissimo, lessi tutte le opere di Ugo Foscolo e incominciai a leggere anche Ernst Hemingway.
Quando la sera sul tardi me ne andai (ancora più sopreso perchè la biblioteca aveva sempre chiuso alle 19:00 in quel momento erano le 21:00) e salutai il bibliotecario.
Lui a sua volta mi salutò con un occhiolino e subito dopo se ne andò pure lui dalla biblioteca.
Da quel giorno in poi non andai più a scuola, ormai la mia vera casa e scuola.
Dopo la morte di mio padre allora il Francesco (il bibliotecario) diventò mio padre, e dopo la morte di mia madre e mia sorella, diventò la mia famiglia.
Passai quel periodo in modo così veloce che nemmeno me lo ricordo. . . .
Dopo questa breve resoconto di parte della mia vita, mi alzai e feci colazione . . .


continua
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[Modificato da fiordineve 15/11/2006 17.48]

fiordineve
00mercoledì 15 novembre 2006 17:50

Scorrevole, insolito, buon ritmo. [SM=x142942]

Insomma, che ti serve per continuare a farci conoscere Francesco?


Un abbraccio [SM=x142944]




Scugnizzo Napoletano
00giovedì 16 novembre 2006 21:25
continuo
Mi alzai con molta fatica, e cercai di scrollarmi tutto quel torpore che mi si era raggruppato in tutto il corpo dopo la notte.
Era stata la prima notte che avevo dormito malissimo.
La sera prima mi ero coricato con un gran sonno per via della mattinata molto faticosa.
Avevo avuto un incubo, si avevo avuto altre esperienze nel sonno ma mia come questa. Avevo segnato mio padre che mi impartiva una lezione della sua, dopo che io avevo fatto, come diceva lui, "il bricconcello". Dopo questa scena in cui io mi commossi tanto, arrivo la scenografia di un un consolamento con mia madre, dopo un litigata (di quelle brutte)con mio padre.
Vedevo questa scena in cui avevo l'età di ben 14 anni.
Un età quasi insolita per queste confessioni con le madri, specialmente dopo una litigata con il padre. Allora vedevo questa scena in cui io ero seduto accanto alla mamma ed ero seduto su una sedia e solo la testa era in grembo di mia madre, notai che io stavo piangendo per via della gonna di mia madre leggermente bagnata, nella parte su cui la mia testa era appoggiata.
Lei mi baciava la fronte e mi sussurava cose dolci per farmi calmare, mi prometteva cose che poi non si sarebbero realizzati mai, ma che comunque mi dava quel senso di maternità e di dolcezza che ti può dare soltanto una persona che ti vuole bene davvero.


Mangiai per colazione la marmellata che proveniva dai frutti del mio bellissimo ciliegio, che adesso era diventato spoglio e io con molta amarezza lo vidi mentre si spogliava piano piano.
Mi sentii quasi veramente come se fossi nell'albero, trappolato dalla bellezza di quel ciliegio e che tante cose che mi aveva dato.
Era lui che mi donava la dolcezza ogni mattina per tutte le mattine e che donava quella giornata che mi aspettava (anche se brutta) il tocco di buonoumnore in più (anche se dopo che me ne andai da Napoli, non avevo più avuto quello che io OSO chiamare Buonoumore. ....)
Aggiunsi a quel poco di marmellata un tocco di burro, poi misi la tazza del latte, delle mie mucche, e con un attrezzo (forse l'unico) che avevo comprato in città da un artigiano, era praticamente un tostapane soo che si poteva mettere sopra il fuoco, misi in mezzo il pane.
Dopo quella brutta notte passata a vedere gli incubi, mi ero letterarmente svegliato del tutto questa volta, ero pronto per un nuova giornata.

Uscii di casa e . . . .

debona
00venerdì 17 novembre 2006 14:01
e noi pronti per la prossima puntata! [SM=x142922]
Scugnizzo Napoletano
00venerdì 17 novembre 2006 21:27
continuo
Finita la colazione, che diede un tocco di dolcezza a quella giornata che nulla aveva di buono, mi vestii e con molta fretta (forse per la voglia di far scivolare via quella giornata) e andai in bagno e mi guardai nello specchio (non so nemmeno se chiamarlo specchio, era un decoupage di pezzi di specchi che avevo trovato nei quartieri "Ricchi" della città.
Mi guardai e con molta disinvoltura, feci le cose che facevo tutte le mattine. Mi lavai i denti con delle erbe naturali che se sfrantumate con pazienza e esperienza danno una specie di polverina se si mastica in bocca e mantiene una pulizia della bocca e profumo di menta dell'alito incredibile. Era miracoloso, questo metodo me lo insegnò la anziana signora che mi vendette questa casa e praticamente mi fece da seconda mamma.
Mi insegnò l'umiltà, che fino a 10 anni fa quando incontrai la signora non sapevo nemmeno che cosa era.
Mi insegnò vari trucchi della montagna e come sopravvivere in quest'ultima. Certo c'erano momenti di burberosità e di critica che venivano da quella anziana signora, in cui si arrabbiava a e sbraitava con chiunque, in qualunque modo
Io in quei momenti la capivo pure, non si sopravvive con il sorriso alla morte di 2 mariti di cui era innamoratissima e alla morte (per lo più tragica) del suo unico figlio Andrea.
Io l'ammiravo quella anziana signora perchè nonostante quelle cose che aveva subito durante la sue esistenza era riuscita a vivere la vita come meglio poteva, per lei vivere in montagna era una scelta di vita personale che dopo colui che l'aveva scelta, non se ne pentiva più.
Sembra facile fare l'eremita.

Dopo la "lavata" di denti mi asciugai e mi fermai davanti lo specchio.
Avevo la barba incolta, ma non troppo lunga, gli occhi di un grigio ferro, appellativo che mi era stato donato dai cittadini del paesino per il mio sguardo di ferro e che non faceva trapassare alcuna emozione e non faceva percepire alcuno mio stato d'animo. Per me era un vantaggio.
I capelli di un castano ramato, le ciglia curate (grazie a una forbicina riuscivo ad aggiustarmele)e il naso alla francese, un poco in su.
Per questo mio apsetto molti mi avevano scambiato per un tedesco, non si notava che ero un italiano purosangue, un napoletano a tutti gli effetti.


Uscii dal bagno e così . . . . .
[SM=x142897] [SM=x142946] [SM=x142833]
ELIPIOVEX
00mercoledì 27 dicembre 2006 15:44
Anche se con vergognoso ritardo sono riuscita a leggere tutte le puntate... allora quando continui?
C'è qualcosa di non risolto che aleggia nell'aria... sono curiosa di sapere cos'è
Scugnizzo Napoletano
00domenica 31 dicembre 2006 23:45
To be continued
Uscii dal bagno e così mi avviai verso il portabiti all'ingresso, presi il mio cappotto nero del vecchio esercito Italiano e aprii la porta della casa.
Appena uscito mi ritrovai per terra a causa di una forza schiacciante che mi aveva steso sfruttando l'elemento sorpresa.
Mi sentii all'improvviso bagnato tutto intorno alla zona che comprendeva il viso e parte del collo.
- Dai Buster, smettila così mi fai il sollettico!! -
Non ci potevo credere, aveva detto ancora per un volta quella frase, così semplice ma nel suo complesso così difficile da comprendere, dal significato duro, dal sapore di amari ricordi vissuti con gioia e con la consapevolezza che le stesse emozioni non sarebbero più tornate così facilmente.



Quella frase mi ricordava un prato fiorito, tutt'intorno delle montagne, che con la sua maestosità, mi proteggevano da tutte le cose brutte che si sentivano in giro, guerre, morti e sangue erano rimasti tutti aldilà di quelle montagne.
Quelle montagne mi ricordavano un palla, fatta di carta dura, mio padre che mi correva dietro e cercava benevolentemente di togliermela.
Intorno a questa scena, c'era una piccola coperta, su cui si intravedevano tre persone sedute, un adulto e due bambini.
Rispettivamente, mia madre, mio fratello e mia sorella.
Stavano facendo merenda seduti su quella bellissima coperta impregnata dell'odore di casa, che rimembrano l'immagine di una casa ben curata, calda e accogliente.
Andai per terra e fui sepolto dai corpi di mio fratello e di Poppy, il mio cane.
- Poppy, lasciami, così mi fai il solletico!!-



Stop.
Fine del sogno.

Buster, il mio cane, mi faceva le feste mentre io rimanevo immobile, una lacrima scendeva dal mio viso.
Cercando di dimenticare tutto quella visione. aprii bruscamente la porta della mia Jepp americana.
Anche quella Jepp aveva i miei ricordi più cari.
Finita la guerra, la comprai da un americano in cerca di soldi, che aveva sperperato tutti per divertimenti con le ragazze, e senza.
In quel tempo era brutta e piena di proiettili, adesso risplendeva del suo colore mimetico Bordeaux e verde.
L'avevo dipinto io, con tutta la mia cura che io avevo per le mie Care (uniche) cose.


. . . . .
To be continued


Errico da Napoli

ELIPIOVEX
00lunedì 1 gennaio 2007 22:31
spesso i ricordi sono avvolti da quella patina che li rende più belli del presente.
Poi che cosa farà il nostro protagonista?
Resto in attesa
Enchantra
00martedì 2 gennaio 2007 13:53
si attende il seguito... [SM=x142872]

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