Il re del fiume

RedazioneDiFiori
00domenica 16 marzo 2014 09:43
Raccontino di Cobite


Dall'alto dell'argine destro del Brenta osservo il lento passare dell'acqua ormai resa chiara e quasi trasparente dall'abbassamento della temperatura. Un martin pescatore sfreccia velocissimo sfiorando la verde superficie: è un lampo blu metallizzato che rapidamente scompare nascondendosi in un giallo cespuglio rasente l'acqua.
A lungo ho aspettato questo momento, ma ora, finalmente, mi aspettava un'intera settimana da dedicare esclusivamente alla pesca al luccio.
La mattina è ancora fresca ma il sole, pur basso sull'orizzonte, preannuncia una tiepida giornata; una di quelle ti fa sentire un dolce tepore sul viso, ti rende allegro e ti fa godere queste ore passate all'aria aperta.
Negli anni passati avevo potuto vedere ed agganciare in queste profonde buche pochi ma eccezionali luci ed ora mi preparavo a passare un'intera settimana sulle rive di questo generoso fiume sperando che il periodo fosse sufficiente per poter incrociare un bel esemplare. Già avevo avuto questa fortuna due anni prima quando avevo ferrato e portato a riva un magnifico luccio di oltre un metro e venti, peccato che poi nel trasportarlo su per il ripido argine e a causa dello sfondamento del guadino, fosse scivolato giù verso l'acqua senza lasciarmi nemmeno il tempo di fotografarlo.
La buca, profonda oltre otto metri, era stata fatta da una bomba sganciata dagli americani durante l'ultima guerra che, sbagliando il ponte, aveva colpito il letto del fiume in un punto formato da dura argilla. Si è mantenuta fino ad oggi, ma ora, a vale dove il dislivello è più dolce, un'ampia e alta fetta di argine si era staccato ed era scivolato nel letto del fiume ed aveva trascinato con se terriccio ed alberi. Il più vicino a riva di questi ultimi, un magnifico ontano, si erge dall'acqua ancora maestoso, e nonostante la stagione fa bella mostra delle magnifiche foglie, ancora presenti anche sui rami sommersi.
Scendo in riva al fiume e mentre monto la canna penso con quale esca cominciare. La scelta cade sull'immancabile Martin da 20 grammi reduce da tante avventure. Eseguo tiri lunghi verso vale e verso il centro del fiume, dove so che il fondo risale fino a portarsi al normale livello di un paio di metri. Recupero lentamente, sfiorando l'ontano e i massi che si intravedono sotto la superficie.
Dopo tre tiri, penso che vicino alla riva, proprio dove il fiume è più profondo, sto forse recuperando troppo alto.
Mi viene allora l'idea di montare un Ardito squamato della Simplex, che posso lasciar scendere bene in profondità prima di recuperare lentamente. Questo artificiale ha il pregio di oscillare anche quando lo si lascia scendere giù, esplicando così un'ottima azione adescante. Eseguo ancora due lanci; il recupero avviene lento e alternato a pause che servono all'artificiale per guadagnare profondità. Una pausa davanti all'ontano, un breve recupero, ancora una pausa per lasciar scendere l'ondulante proprio davanti ai massi che sostengono la riva, successivo recupero, ma ... l'artificiale e' bloccato!
Maledizione! Questa volta ho esagerato ed ho agganciato il solito ramo nascosto o mi sono incastrato tra i massi. Tendo il filo per assaggiare l'ostacolo e ... l'ostacolo si muove. Ansi se ne va proprio! E con dei maestosi colpi di coda guadagna il centro del fiume. Tendo ancora di più il filo, do la ferrata e alzo la canna nel tentativo di ostacolare il movimento del bestione che sentita la differenza ora si arrabbia e parte con uno scatto velocissimo. E' assolutamente intrattenibile!
La frizione fa il suo dovere e si sente un leggero ronzio mentre il filo esce dall'ottimo mulinello . La fuga finisce presto e iniziano dei potenti colpi, si sente il bestione contorcersi nel tentativo di sganciarsi. Dal comportamento e dalla forza si capisce subito che deve trattarsi di un grosso luccio.
Visto che ha guadagnato il centro del fiume, per ora non cerco di recuperarlo ma solo di tenerlo bene in tiro e di ostacolarlo se tentasse di allontanarsi troppo.
Osservo la posizione presa dalla canna, devo evitare di spostarla troppo all'indietro. Intanto il luccio si sta dibattendo ancora con tenacia, ma ho l'impressione che si sia spostato verso la superficie.
Improvvisamente parte con un altro potentissimo scatto, la canna s'incurva al massimo, il filo si tende, la frizione si fa sentire, e l'esocide punta deciso verso monte, in direzione del punto più fondo della buca.
Alzo ancora la canna, ma sembra che ora non abbia nessun effetto poiché il luccio continua la sua velocissima corsa. Il braccio comincia a stancarsi e una vecchia ferita ormai dimenticata si fa sentire, ma per ora tengo duro, finché tira con questa forza non ho il coraggio di cambiare mano.
Finalmente si calma: deve aver raggiunto il punto più profondo e non sa più dove andare. Continua a contorcersi ma più lentamente di prima.
Ne approfitto per cambiare di mano la canna e mi sento oltremodo impacciato, riesco comunque a tenere teso il filo mentre agito il braccio destro nel tentativo di recuperare un po' di forza.
All'improvviso sento il filo allentarsi, allora riporto velocemente la canna sulla destra e comincio a recuperare. Il braccio ora funziona meglio. Tendo al massimo il filo spostando all'indietro la canna poi nell'abbassarla recupero velocemente.
A forza di recuperare, il luccio pur contorcendosi, sale verso la superficie ed io scruto con estrema attenzione l'acqua nel punto in cui dovrebbe apparire.
Eccolo, Sembra enorme !
Sento l'emozione impadronirsi di me! Il cuore batte violentemente e le ginocchia cominciano a tremare!
Cerco di respirare a fondo per riprendere in controllo mentre il bestione riacquista un po' di profondità e scompare dalla vista. Non ritengo sia il caso di forzarlo più di tanto per non portarlo troppo vicino alla riva quando è ancora pieno di energie, potrebbe incagliarsi nei massi o negli alberi che la recente piena ha ribaltato nel fiume.
Intanto ne approfitto per prendere la canna con due mani e scaricare un po' il braccio destro che risente di nuovo della fatica. Il luccio continua a contorcersi, ma non guadagna più un metro di filo: si sta stancando anche lui. Dopo un po' sento che la sua reazione è più debole e allora decido di recuperarlo. Con lo stesso sistema di prima e, senza toccare la frizione, incomincio il recupero. Piano piano lo porto di nuovo vicino alla superficie e verso riva. Intanto do un'occhiata al guadino che sta ben disteso dietro di me: sembra tutto a posto.
Improvvisamente, quando sembrava ormai privo di forze, il luccio parte per un'altra intrattenibile fuga! Punta deciso verso l'ontano. Capisco le sue intenzioni e allora sollevo la canna sopra la testa sorreggendola con tutte due le manie e, nel tentativo di portarla ancora più in alto, mi alzo sulla punta dei piedi. La manovra ha successo e, ad un solo metro dall'albero, il luccio sbanda improvvisamente deviando veloce verso riva. Lo sento urtare contro i massi, ma sicuramente è stato un urto casuale e non un ulteriore tentativo di fuga.
Si dibatte ancora, ma molto più lentamente, poi, esausto si lascia recuperare senza più nessun movimento; si rivolta e mostra il bianco della pancia. Se ben conosco l'esocide non farà più nessun tentativo di fuga. Ora diventa comoda la lieve discesa verso l'acqua che mi ero preparato prima, perché mi permette di guadinare con tutta calma il bestione facendolo scivolare di testa dentro alla rette nuova. Alzo l'archetto del mulinello e appoggio a terra la canna, recupero poi il guadino e prendendo con le mani i ferri sollevo il luccio fuori dal suo elemento naturale e lo porto sullo spiazzo lontano dalla riva. Durante la manovra l'ancoretta si sgancia da sola dalla grande bocca del bestione e cade a terra.
Lo vedo per la prima volta in tutta la sua grandezza: è maestoso ma a me sembra enorme! Sono come allibito, frastornato, le gambe sembrano mollicce e il cuore una mitraglia: l'emozione è al massimo.
Cerco di stimarlo: è lungo più di un metro, peserà sui dieci chili, ha una magnifica livrea intensamente colorata e le pinne sono rosse sangue dallo sforzo.
Allora do sfogo alla tensione accumulata emettendo potenti urla che violentano il silenzio che mi circonda.
Ora il sole, pur basso all'orizzonte, riesce a far sentire sulle guance la sua dolce carezza. È proprio una bella giornata da ricordare bene, una di quelle piena di gratificanti emozioni che si vivono poche volte nella vita.
Il mondo mi sembra bellissimo e ringrazio il mio fiume per il dono che mi ha fatto.


Questa avventura, assolutamente reale, ha segnato un punto di svolta nella mia vita di pescatore. Da allora ho abbandonato definitivamente gli altri tipi di pesca per dedicarmi alla sola pesca con esche artificiali. Da allora, con l'aiuto di molti amici di un club di pesca a spinning con i quali condivido ancora la gioia di quei magici momenti, ho sottratto tempo alla pesca per dedicarlo alla difesa dell'esocide e di altre specie che ora, in queste stesse acque, stanno diventando sempre più rare.
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