Il pazzo che si credeva William Faulkner

Veleno_78
00martedì 23 ottobre 2007 20:43
Mi ero iscritto a questo forum un paio di anni fa, poi, per causa di forza maggiore, ho dovuto allontanarmi.
Adoro scrivere, ho scritto un'infinità di cose nei miei quasi 30 anni.
Spero potranno piacervi.
Un saluto a tutti.
Matteo.

Il pazzo che si credeva William Faulkner

Il pazzo che si credeva William Faulker camminava lentamente verso lo studio dello psichiatra.
Indossava una lunga giacca di pelle nera, stivali ai piedi, jeans stracciati e in testa portava un cappello da pescatore.
Era giorno di mercato, e la piazza del paesino dove viveva era gremita di gente.
Il pazzo odiava gli psichiatri e tutti i loro simili, ma era stato convinto a recarsi da uno di loro, dalle sue sorelle e da sua madre.
E così, da circa un mese, tutti i giovedì mattina si recava all'appuntamento con lo strizzacervelli.
E, dopo un mese, ancora non riusciva a capire perchè lui, uno dei più grandi scrittori del mondo, dovesse perdere tempo a parlare con un fesso.

Il pazzo camminava lentamente, poi gli venne in mente di telefonare al suo amico Ernest Hemingway.
Si fermò, prese il cellulare dalla tasca dei jeans, e compose il numero di Ernest.
"Pronto, Ernie?"
Dall'altro capo del telefono gli rispose una voce maschile, che sembrava molto, molto incazzata.
"Senti brutto finocchio maniaco, sono cento volte che ti dico che non ho idea di chi cazzo sia questo Ernie! Smettila una buona volta di chiamarmi o giuro che ti denuncio!"
E riattaccò.
Il pazzo, come al solito, ci rimase male.
Ernie era sempre scontroso con lui, e non capiva perchè.
Che fosse invidioso della sua scrittura?
Forse sì, forse era quello il motivo.
Pensò per un momento di provare a richiamarlo, ma poi desistette.
Mise via il telefono, prese dalla tasca interna della giacca la sua fiaschetta piena di vodka, diede una bella sorsata, e ricominciò a camminare.

Camminando passò vicino a due signore di mezza età che, ferme sulle loro biciclette, discutevano dell'ultima puntata di "Centovetrine".
Erano allegre e gioiose, quel discorso sembrava prenderle tantissimo.
Anzi, era proprio così.
Il pazzo passò oltre.
Poi vide due uomini, seduti fuori dal bar, che invece discutevano piottosto animatamente.
Lì sentì parlare di Berlusconi, Prodi, e sentì dire: "Tu sei un deficiente! e l'altro "Taci comunista, ladro, vergognati!"
Il pazzo li lasciò discutere e passò oltre.
La piazza era veramente affollata, c'era gente da ogni parte.
Il pazzo si fermò, tirò fuori la fiaschetta e la svuotò quasi per metà.
Poi vide, ferma al bancone dei dolciumi, una giovane donna, che a prima vista doveva pesare 135 kg, rimpinzarsi di quelle caramelle gommose che piacciono tanto ai bambini.
Si rimpinzava e sorrideva, pareva la donna più felice del sistema solare.
Il pazzo passò oltre.
E arrivò allo studio dello psichiatra.

"Buongiorno Matt, ehm, William, ben arrivato! Come stai?"
Lo psichiatra era sulla sessantina, con una pancia ingombrante e un vistoso doppio mento.
Portava, oltre alla fede nuziale, due grossi anelli d'oro per ogni mano.
"Salve dottore, tutto bene grazie, lei?"
"Bene bene, grazie! Allora William, dimmi, cosa mi racconti? ma siediti, che fai ancora in piedi?!"
Il pazzo si sedette.
E poi parlò.
"Cosa le racconto dottore? niente. Niente di niente."
"Com'è andata la settimana William?
Lo psichiatra tirò fuori un'agendina, l'aprì e iniziò a scrivere qualcosa.
"Bene dottore, sabato sera ho scopato con la Rossana, poi sono andato al Bingo, ho giocato alla slot e ho perso circa 100 euro, tutto bene dottore, grazie."
Lo psichiatra incrociò le mani sotto il mento, no, sotto il doppio mento e poi disse: "Ma dimmi William, questa Rossana ti piace? sei innamorato? a quanto ho capito vi vedete abbastanza spesso!"
"Non sono innamorato dottore, e gliel'ho già detto almeno quindici volte."
"Non credi nell'amore, William?"
"L'amore è un palliativo, come le sigarette, come le partite di calcio, come l'alcol, come la religione, anche questo gliel'ho già detto, dottore."
Lo psichiatra stava per parlare ma il pazzo lo interruppe.
"E lei dottore? ha fatto l'amore con sua moglie sabato sera?"
Lo psichiatra, che aveva passato il sabato sera guardando "La corrida" in tv, rimpinzandosi di gelato al mascarpone, tossì.
"Ma certo! Certo William! E avresti dovuto vedere come c'ho dato dentro!"
E gli strizzò l'occhio.
Lo psichiatra e sua moglie non facevano l'amore da oramai cinque anni.
Il pazzo sbadigliò, prese dalla giacca la fiaschetta e diede una sorsatina.
"Non dovresti bere così tanto William, soprattutto di prima mattina, lo sai..."
"Anche lei non dovrebbe mangiare così tanto dottore, ma non mi sembra che lo sappia."
Lo psichiatra non disse nulla.
"Ascolta, mi sai dire in che anno siamo, Willy?"
"Dottore, primo: lo sa che odio quando mi chiama Willy, e secondo: ma mi prende per scemo? siamo nel 2007, ma che domande fa, mi scusi?"
"William Faulkner è nato nel 1897, quindi tu ora dovresti avere 110 anni, ma hai l'aspetto di un trentenne, come me la spieghi questa cosa, Willy?"
"Quanti anni ha lei dottore, se posso chiedere?"
"Io ne ho sessantadue, William."
"Evidentemente allora sono invecchiato meglio di lei, dottore. Non la prenda come un'offesa, quasi tutti invecchiano male, è colpa del mutuo che devono pagare."
Lo psichiatra sorrise, mettendo in mostra il suo incisivo d'oro.
"Ma io non devo pagare il mutuo della casa, William..."
"Non stavo parlando del mutuo della casa, dottore."
Lo psichiatra rimase senza parole.
Poi le ritrovò.
"Ok, ok William, senti, parlami allora del tuo ultimo romanzo, la volta scorsa mi hai detto che sei a buon punto, giusto?"
Il pazzo sorrise, un sorriso gentile, buono.
Senza denti d'oro.
"Beh sì, dovrei ultimarlo entro la settimana prossima, sono quasi alla fine oramai, ho già anche scelto il titolo."
Lo psichiatra, che continuava a compatirlo, gli chiese: "E come l'hai intitolato?"
"Mentre morivo."
"Mentre morivo, Willy? Abbastanza inquietante come titolo!"
"Molte cose al mondo sono inquietanti, dottore."
"Puoi farmi un esempio?"
"La sua faccia, dottore."
Il pazzo tirò fuori la fiaschetta.

Seguitarono a parlare per un po', poi l'ora di colloquio finì.
"Allora ci vediamo la settimana prossima William! Stessa ora, mi raccomando!"
"Certo dottore, sarò puntuale."
"Ah Willy, una cosa prima che te ne vai."
"Mi dica dottore."
"Sei soddisfatto della tua vita?"
"Quasi nessuno lo è dottore, ma quasi tutti fanno finta di esserlo, provi ad affacciarsi alla finestra, e vedrà. Buona giornata, dottore."
E uscì dalla porta.
Lo psichiatra rimase in silenzio per un momento, poi a bassa voce disse: "Ma vai al diavolo, pazzo ubriacone."
Poi aprì uno dei cassetti della scrivania, tirò fuori un grosso panino al salame e iniziò a divorarlo.

Il pazzo si fermò un momento sul portone d'uscita, pensò se chiamare Ernie, ma poi lasciò perdere.
Si accese una sigaretta e uscì.

Il pazzo che si credeva William Faulkner uscì dallo studio del pazzo che si credeva uno psichiatra e iniziò a camminare tra i pazzi che si credevano esseri umani.
Lui, era il meno pazzo di tutti.
ELIPIOVEX
00martedì 23 ottobre 2007 20:54
Mi è piaciuto molto questo racconto dal sapore dolce amaro.
E' naturale provare simpatia per Willy e biasimare lo psichiatra saputone.

Altra nota Matteo: scrivi davvero bene. [SM=x142896] [SM=x142897]


Sarà un piacere leggerti ancora.
Veleno_78
00martedì 23 ottobre 2007 21:05
Grazie, mi fa piacere che provi simpatia per William.
Io lo conosco molto bene, quel ragazzo.
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