Stefano Starano
00lunedì 31 marzo 2008 18:38
L’inizio
La sala era più grande del più grande edificio del mondo. Le vetrate tutt’intorno, altissime fino al cielo, facevano trasparire l’orrido tramonto.
Erano inginocchiati secondo la posizione del saluto: una folla immane.
C’erano tutti.
Dopo il convenzionale cenno degli occhi del “Grande Self” tutti sedettero in silenzio nel loro tipico ordine. Ed ascoltarono.
«C’è qualcosa da definire» disse il Grande Self. E s’iniziò il procedimento.
Un essere etereo – una “vibrazione”, una pura forma d’energia – scivolò lentamente dal tetto fino alla poltrona laterale allo schermo e, con una trasmissione diretta alla mente dei presenti, semplice e formale come sempre, comunicò:
«Di tre cose vi avverto per questo procedimento: primo, ciò che si vede non sempre è ciò che è. Secondo, per l’analisi sta a ognuno di voi discernere ed interpretare ciò che conta. Terzo, attenzione all’emergere di vostre proiezioni personali: potrebbero mettervi su una falsa strada. È tutto!»
Arrivò quindi uno, un certo Stefano Starano, che si preparò ad assistere dalla parte dello spettatore insieme agli altri. Sullo schermo apparve un altro Stefano Starano e poi, di seguito, iniziarono a visualizzarsi puri concetti e puri pensieri di esseri umani, tutti codificati, per l’occasione, in normale linguaggio parlato.
Finalmente s’iniziarono a “vedere” le voci.
Sullo schermo
Per prima apparve una voce di donna, ironica: «Ha ancora così tanto da percorrere… si può dire che non abbia ancora cominciato!»
Poi una dura, di uomo adulto: «Un nessuno, semplicemente uno fra i tanti.»
Intervenne lo Stefano dello schermo: «Io sono uno, sono UNO! Sono qualcuno, qualcosa di unico ed irripetibile. Lei era l’ “altro”, l’esterno, qualcosa da…»
Fu subito interrotto. «Un represso, un individualista» disse la voce del giovane.
«Lei era la più bella cosa che ci sia mai stata al mondo, l’ottava meraviglia, ed è ancora dir poco. Era dolcissima…»
Una voce intelligente lo riprese col solito modo indiretto delle voci: «Morboso e ripetitivo, assetato d’affetto e d’amore, non può che dare fastidio a chi gli è vicino.»
Ed un’altra, con tono compiaciuto: «Sconclusionato e contorto, quest’essere somiglia molto più ad una crisalide che ad una farfalla.»
«Ho sempre pensato di poterle parlare sinceramente, scoprendo tutte le mie carte… pensavo fosse un modo d’amarla.»
Repentina, una voce acida di giovane, colse quell’attimo di debolezza dello Stefano. «Quel suo continuo dar rilevanza all’aspetto privato della vita piuttosto che a quello sociale, lo rende ridicolo.»
Per tutta risposta lo Stefano dello schermo continuò nello stesso tono dolce: «“Lei” è bello» e sembrava un bambino logoro di problemi inutili.
Intervenne fuori campo l’essere etereo: «Noi sappiamo che “Lei” non rappresenta altro che l’ “interlocutore”. In effetti ella non è.»
Quasi a confermare quanto aveva comunicato l’etereo, apparve una voce che disse: «Potrebbe chiamarsi con un nome qualsiasi e sarebbe lo stesso.» E un’altra continuando: «Ho qui un elenco incompleto ma emblematico. Lo leggo brevemente: Adriana, Agata, Anna, Annamaria, Annarita, Annunziata, Aurora, Beatrice, Bianca, Brigida, Carla, Cecilia, Claudia, Clelia, Debora, Dora, Elena, Ermenegilda, Fausta, Felicita, Fiorella, Francesca, Gabriella, Giorgia, Gloria, Ida, Imma, Isabella, Laura, Letizia, Lidia, Linda, Luisa, Manuela, Marilena, Monica, Nora, Paola, Patrizia, Ramona, Rebecca, Roberta, Rosalba, Rosamunda, Rosanna, Rossana, Silvia, Tiziana, Valeria, Virginia, Vittoria, Wanda… Ribadisco che è solo uno stralcio di ciò che potrebbe essere un interlocutore femminile per Stefano.»
La voce si era interrotta. La pausa di tempo era intesa unicamente a sottolineare la gravità del fatto, cioè che “lei” poteva essere chiunque.
«Credete signori, queste donne sono solo una parte di ciò che rappresenta realmente l’interlocutore femminile per Stefano. La donna è ben altro che un essere umano per lui. È qualcosa di diverso, qualcosa “di più” che non per gli altri mortali. Essa è assimilabile ad un essere straordinario, non-umano, divino. Una sorta di “Deus-ex-machina”, la soluzione di tutti i problemi, materiali e spirituali, non solo di Stefano ma dell’umanità intera e di tutte le popolazioni dell’universo conosciuto: ciò è inammissibile oltre che blasfemo! Si potrebbe credere amore, e così sembrerebbe se non fosse per il fatto che si tratta di una forma psicotica di paranoia, una semplice e pura patologia. È “troppo” questo amore.»
A questo punto s’inserì una voce anziana dal tono accusatore: «Per l’appunto, questo suo insulso ed incosciente modo di essere può danneggiare e soffocare queste persone. In ogni caso le potrebbe condizionare e, se pur dovesse essere in senso positivo, sarebbe sempre un’ingerenza!»
Stefano si alzò (quello dello schermo), il suo sguardo era stanco, stanco dell’incomprensione paranoica che regnava nello schermo. Stava al banco degli imputati ma non si sentiva vittima, piuttosto gli sembrava di essere fuori luogo. Cominciò a parlare del sogno: «Stanotte sono stato a Parigi con la mia ex ragazza e con “Lei”. Con quest’ultima ho fatto l’amore, anzi, me l’ha lasciato fare.»
Attese un attimo scrutando le voci prima di proseguire. «Di cosa m’accusate dunque?»
«Poverino, è completamente cieco, non riesce a vedere oltre se stesso. Gli sforzi che fa… è patetico» disse con compassione una voce di donna matura.
«È un insoddisfatto, un povero infelice» aggiunse un’altra.
«Secondo me è proprio scemo!» esclamò una ragazzina.
«Sì, è buono a complicarsi la vita!»
Una ragazza notò: «È curioso, non sa guardare negli occhi…»
D’un tratto tutte le voci si ricomposero secondo la posizione iniziale del saluto: simultaneamente sullo schermo fu il silenzio assoluto.
In campo (e direttamente, stavolta) intervenne l’essere etereo verso lo Stefano Starano dello schermo: «Stefano, è inutile aspettare una risposta. Essa arriverà ma per altro mezzo. Se non saprai ascoltarti, non la recepirai mai.»
L’epilogo
Finalmente lo Stefano Starano della sala si alzò per porsi accanto allo Stefano Starano dello schermo fino a compenetrarsene totalmente in attesa della risoluzione finale.
Tutti si alzarono al convenzionale cenno degli occhi del Grande Self e attesero ciò che Stefano attendeva.
Il Grande Self s’alzò per ultimo, poi sentenziò: «Irrisolto!»