terza parte... continua
Ancora una volta attese la pausa del turno per andare ad investigare personalmente. Controllò al solito bar e vide Cecco mentre beveva copiosamente in compagnia degli amici beoni.
Pedalando più forte che poteva, raggiunse la casa isolata del Cecco. Definirla casa era comunque un'esagerazione: quell'uomo viveva in un rudere abbandonato, in mezzo alle immondizie, e aveva, al posto di porte e finestre, dei teloni di nylon per smorzare il gelo dell'inverno. Fece un rapido giro dell'abitazione, stando bene attenta a dove metteva i piedi: raggiunse ben presto la camera da letto, o meglio, lo scomodo giaciglio che adoperava per la notte. In un angolo erano accatastati gli oggetti più vari: riconobbe una maglia e un reggiseno che non era più riuscita a trovare. Restando in quel brutto posto le si erano finalmente aperti gli occhi: quello scemotto che le girava continuamente attorno aveva dei lati oscuri e nascosti, sembrava, infatti, ossessionato dai vestiti e dagli oggetti femminili. Rovistò ancora un momento in mezzo a tutto quel ciarpame, finché trovò un grembiule blu. Aveva l'inconfondibile stemma del bar Sport, ma, soprattutto, era macchiato di sangue: non doveva perdere ulteriore tempo, doveva avvisare subito il Maresciallo del fatto.
Si riscosse sentendo dei passi fuori, sull'acciottolato, mentre la colse la paura di essere scoperta. Sentì parlottare piano: nascondendosi dietro ad un mucchio di rifiuti, cercò di avvicinarsi il più possibile, senza essere vista. Non sembrava la cadenza tartagliante di Cecco: motivo in più per andarsene al più presto. Dato che non c'era alcuna difficoltà ad uscire da una finestra qualsiasi, trovò una via di fuga dal retro. All'esterno si mosse sempre con cautela: lei era sola e indifesa, mentre non conosceva ancora le intenzioni dei due uomini. E non era il caso di andarle a verificare proprio in quel momento.
Camminando silenziosamente in mezzo agli arbusti incolti, cercò di portarsi sempre più vicino alla sua bici e, nello stesso tempo, tentò di captare qualche parola dell'insolita conversazione.
"... sei sicuro di averlo visto nei paraggi?"
L'altro uomo bisbigliava pianissimo, non risciva a catturare nessuna parola comprensibile.
"Maledizione, non ne combini una giusta, possibile che debba sempre rimediare io a tutti i guai che mi combini?"
Si interruppero, qualcuno o qualcosa aveva causato uno strano rumore: naturalmente era stata Sonia e quella disattenzione le sarebbe costata un sacco di guai.
Si mise a correre a perdifiato lungo la stradina sterrata, mentre sentiva alle sue spalle urlare: "Ehi tu... dove vai?"
Riuscì a raggiungere la bicicletta, dietro invece avevano avviato l'automobile, parcheggiata chissà dove, e avevano iniziato ad inseguirla, facendo stridere rumorosamente le ruote.
Non le fu difficile acquistare sempre più velocità: la paura le aveva fatto scoprire energie insperate. Decise subito di imboccare la strada verso il paese, sicura che, davanti a testimoni, non avrebbero osato farle del male.
Ormai girava i pedali talmente forte da faticare a mantenere il ritmo, però, da dietro, si avvicinavano sempre di più: doveva pensare subito a fare qualche cosa, altrimenti, entro pochi minuti, l'avrebbero raggiunta. Oltre la curva scorse la salvezza: un'auto dell'arma. Doveva solo raggiungere quel punto e i malintenzionati non avrebbero più avuto possibilità di farle del male.
Con un'ultima accelerazione si lanciò all'impazzata, in prossimità dello spiazzo dove avevano parcheggiato la gazzella, sterzò bruscamente. A causa della velocità e della difficile manovra, perse l'equilibrio e franò rovinosamente per terra, proprio ai piedi dei due Carabinieri. Il Brigadiere l'apostrofò subito seccamente: "Ragazzina, che ti prende? Sei impazzita, per caso?"
Vide però com'era conciata, le allungò la mano e l'aiutò ad alzarsi. Contrariamente a quanto aveva sperato, i due uomini, viste le forze dell'ordine, si fermarono e scesero dalla macchina.
"Brigadiere, meno male che la trovo. Ho sopreso questa qui nella mia proprietà a curiosare..."
Sonia rimase doppiamente sopresa: davanti a lui si era fermato il dottor Castellini e stava affermando di possedere la casa di Cecco.
"E' vero quello che sta dicendo il dottore?"
Lei cercò nel suo repertorio di espressioni che sapeva fare, quella più triste e dispiaciuta, mentre con un filo di voce affermava: "Non sapevo che la baracca fosse di proprietà del dottor Castellini, io stavo solo cercando Cecco."
"Bugiarda come suo padre, lo sanno tutti in paese che Cecco non rientra mai a casa prima che faccia buio"
"Dottore, ci lasci fare il nostro mestiere... Signorina... forse è meglio se ci segue in caserma. Lì potremmo parlare con più tranquillità."
Il dottore volle assistere all'interrogatorio, pertanto Sonia si guardò bene dal rivelare quello che sapeva. Le poche parole sentite fuori dalla baracca rendevano l'uomo implicato senza ombra di dubbio. E poi il Brigadiere non era il bel Maresciallo. Lei non si sforzava più di tanto, però lui non la capiva, oppure non la voleva capire. Si beccò una sonora lavata di capo, con enorme soddisfazione dei due loschi compari e, rassegnata, prese la strada di casa, quando il Brigadiere fu interpellato dal suo superiore.
"Che succede Giorgio?"
"Il dottor Castellini ha sorpreso la signorina Ferretti nella sua proprietà. Non ha sporto denuncia solo per l'amicizia che lo lega al padre."
Il Maresciallo guardò il suo sottoposto come sorpreso da tanta ingenuità. Non fece commenti. Solo ordinò: "Falla accomodare nel mio ufficio".
Il Brigadiere stava obiettando che non era il caso per simili quisquiglie, ma l'occhiata perentoria del superiore non ammetteva repliche. La fece accomodare di fronte a sé e, richiusa la porta, chiese subito a bruciapelo "Cosa stiamo combinando eh?"
Avrebbe voluto rispondere che c'era solo lei, lì davanti e il plurale era fuori luogo, ma lo sguardo severo con cui la stava guardando, non l'aiutavano a mettersi a suo agio. Sembrava lontano anni luce dal bel ragazzo che aveva visto solo poche settimane prima.
Probabilmente lui si rese conto di avere davanti solo una ragazzina spaventata e che continuando con quel tono non avrebbe ottenuto nulla. Decise, perciò, di correggere il tiro.
"Che cosa eri andata a fare nella proprietà dell'amico di tuo padre?"
"Non sapevo fosse sua, io cercavo Cecco."
"Allora ripetiamo la domanda, che cosa eri andata a fare a casa di Cecco?"
"Io... veramente... non so cosa cercavo... credo... volevo essere sicura..."
"Sicura di che?"
"Riguardo all'altra notte. Lui era presente al bar, ne sono certa, si è portato a casa perfino il grembiule insanguinato della Maria, e loro sanno che c'era. E' per questo che erano lì. Vogliono impedirgli di parlare e di dire quello che ha visto."
"Ferma, ferma, non ti seguo... ricominciamo da capo: che cosa hai visto a casa sua?"
"Cecco è un porco, entra nelle camere da letto e si porta a casa i souvenir. Mi ha rubato perfino il reggiseno."
"E a Maria avrebbe preso il grembiule insanguinato... ne sei sicura?"
"Sicurissima, in alto a destra c'era la scritta del bar Sport. Poteva averlo preso solo da lì, quella notte."
"Questo, se permetti, sta a me deciderlo. Allora, tu sei andata lì a casa di Cecco per trovare una prova contro di lui. Come ti è venuto in mente?"
"E' proprio necessario che lo dica?" chiese con due ochietti da triglia.
"Direi di sì" si avvicinò con la sedia fino a sfiorare le ginocchia con le sue "Chi stai tentando di proteggere... tuo padre forse?"
"No... io"
"Avanti, fuori tutta la verità"
"E se chiedessi di essere assistita da un avvocato?"
"Fai pure, ne hai già uno?"
"No"
Le sorrise ironicamente, si intuiva che stava trattenendo una risata "Facciamo così: tu aiuti le mie indagini e io aiuto te e tuo padre. Ci stai?" Mentre le stava facendo questa proposta le prese entrambe le mani e, naturalmente, Sonia non capì più niente.
"Ieri ho dato una sbirciatina dalla finestra della cucina del bar e ho intravisto la cintura di papà. Quando gliel'ho fatto notare si è arrabbiato e Cecco è intervenuto. Da un particolare che conosceva, ho sospettato fosse presente anche lui quella sera."
Il Maresciallo prese allora il telefono "Giorgio chiamami il magistrato. Ho bisogno di un'autorizzazione subito. Intanto cercatemi Cecco e portatemelo qua." Riattaccò un po' pensieroso, poi se ne uscì "Nell'attesa potremmo fare un esperimento."