L’uomo si sfilò la giacca marrone e l’appese allo schienale della sedia. Poi riappoggiò il mento sulle mani intrecciate.
Giulia si sporse un pochino di lato sul sedile. Si pulì un poco la bocca unta lasciando una leggera striscia di sugo tra il labbro superiore e il naso. Poi fece guizzare gli occhi da sinistra a destra a controllare le estremità del salone da una parte e dall’altra.
Sam non lasciò di fissarla con quel suo grande sorriso. Spostò un pochino il mignolo della mano sinistra e si diede una grattatina sotto la base del naso.
- Possibile non ti ricordi? All’ospedale… quel giorno…
Giulia non rispose. Lo squadrò meglio da capo a piedi. Si fissò sulla sua fossetta sul mento.
- Sei amico di..?
- Alberto..? Certo…
La donna fece un piccolo balzo sulla sedia e cominciò a muovere velocemente la testa da un lato all’altro della sala. Aprì la bocca lasciandosi sfuggire qualche sospiro rumoroso. Poi fece per alzarsi tirando indietro la sedia e facendo leva sulle ginocchia.
- Non ti farò del male, tranquilla.
Lui le aveva preso la mano sottile. Il tocco era caldo, ruvido. Davano l’idea di uno che aveva lavorato molto nella vita. Forti, grandi e quadrate, le sue mani stavano in bella mostra sul tavolo. Una cingeva con una stretta leggera il polso di Giulia.
- Siediti.
Le disse serio e con le labbra serrate.
Lei si risedette tirandosi la sedia sotto il tavolo. Richiuse le ginocchia e si poggiò meglio sullo schienale. Rilassò il contorno occhi e questa volta riprese a battere le palpebre con calma. L’iride si rilassò un poco.
- Eh?
Lo invitò a proseguire ritirando la mano vicino a un fianco.
L’uomo rischiuse il sorriso e si guardò un taschino. Poi slacciò le mani e si mise a cercare qualcosa tra le tasche della camicia. Si alzò un attimo rivelando un paio di jeans marroni con cuciture bianche. Alla fine estrasse delle carte stropicciate e piegate in quattro da una tasca di dietro.
- Possibile che non ti sei mai chiesta come mai tuo nonno non ti abbia parlato della tua eredità?
Giulia fissò per qualche secondo il foglio sulla tovaglia bianca. Il cameriere si avvicinò posando due tazzine sui rispettivi posti sul tavolo.
- Caffè signori…
- Ci porti anche due digestivi. Io prendo anche un dessert. Magari un tartufo. Tu?
Lui alzò lo sguardo verso Giulia.
- Un amaro qualsiasi. Grazie.
Il cameriere scattò di lato e si allontanò.
Sam fece un movimento col mento in avanti e verso il basso, indicando il foglio sul tavolo. Poi fissò Giulia. Smise di sorridere e il viso si contrasse nelle due labbra serrate. Nessuno dei due toccò i caffè che fumavano fin sotto i loro nasi.
Giulia fece scattare la mano destra che afferrò veloce il foglio. Se lo portò dietro il piatto. Lo aprì e cominciò a leggere alla rinfusa.
- Che significa?
- Sei una ragioniera… dimmelo tu…
L’uomo riprese a sorridere. Chinò un poco la testa di lato sempre fissando gli occhi di Giulia.
- È un bilancio. Della società edile che era fallita e che era di nonno Enrico. Cosa c’entra mio nonno? Mio nonno aveva perso tutto.
- Vedi cara la mia piccola Giulia…
L’uomo si mosse da una parte all’altra della sedia come a cercare meglio l’equilibrio. Si grattò un poco sotto il mento e nella parte alta del collo. Diede un’occhiata di lato girando anche il capo e poi si avvicinò a Giulia sollevandosi un poco sulla sedia.
- Quello che era rimasto, cara Giulietta… soldi nascosti… quello che ti eri fatta fregare da Alberto. Tutta roba conservata e nascosta accuratamente. Ma Alberto sapeva tutto.
Le aveva detto sottovoce. Giulia si limitò a contrarre da un solo lato la fronte. Si morse un poco la lingua.
- Spiegati meglio, per favore.
Chinò il viso a riguardare i fogli. L’uomo li afferrò e li abbassò un poco quel tanto da poter dare un’occhiata veloce.
- Beh io sono venuto a prendere la mia parte, ovviamente. O preferisci che ti porti da Alberto?
Giulia fece un movimento di spinta con le braccia verso il tavolo e si alzò.
- Ah, ah… Giulia sono sicuro che non mi farai arrabbiare, cara la mia impiegata.
- Quanto ti ha dato Alberto per trovarmi?
- Molto meno di quello che mi darai tu per non averti trovata. A proposito, quanto viene la metà? Mi spetta non credi? Dopo tutta la strada che mi hai fatto fare ci vuole un piccolo rimborso.
Giulia guardò in basso e si fermò con lo sguardo sulla punta delle ballerine.
Sam scoppiò in una risata con un tono profondo fissandole la fronte:
- Non mi dire che non li hai neanche contati!
L’uomo prese una bustina delle due sul piattino. La aprì tirando con due dita di una mano e versò lo zucchero nella tazzina. Girò un poco il cucchiaino.
- Guarda che Alberto è un tipo strano. E’ un tipo tranquillo, sì… Ma se perde la testa… e poi si è fissato con te e i soldi. Ma io lo conosco. Vuole che ti riporto da lui. Vuole te. Quello ha perso la testa secondo me.
Incominciò a sorseggiare il caffè. Poi lo finì con unico colpo di polso. Giulia non toccò la sua tazzina. Rimase in piedi vicino al tavolo a fissare Sam e i suoi movimenti.
Il cameriere poggiò sul tavolo un tartufo bianco e due bicchierini contenente qualche tipo di alcolico. Diede uno sguardo con la testa chinata verso il basso e gli occhi verso l’alto a spiare Giulia che stava tutta contratta e silenziosa in piedi. Poi posò il conto su un piattino che spinse verso Sam. L’uomo pagò velocemente e il cameriere si prodigò a portargli il resto. Sam si girò un poco di lato sulla sedia e con le mani cercò verso il basso in una tasca della giacca. Estrasse un pacchetto bianco di sigarette da 20 e un piccolo accendino con sopra il disegno di una donna vestita di nero. Quando si avvicinò la macchinetta alla sigaretta stretta tra i denti ed aspirò per accenderla, il movimento trasformò l’immagine in un nudo della stessa ragazza ritratta.
- Hai intenzione di stare alzata ancora molto? Io dico di no. Siediti.
Giulia non si mosse.
Sam, con un largo sorriso sul viso, puntò l’indice e il medio aperti a V della destra verso i suoi occhi, guardando Giulia che seguì il movimento delle dita con lo sguardo. Poi indicò il basso e l’interno della giacca marrone. C’era una tasca. Con l’altra mano gliela mostrò meglio. Spuntava il calcio di una piccola rivoltella grigia.
Giulia scattò di colpa sul sedile e tenne la testa in basso col collo contratto. Unì le mani e strinse i gomiti sui fianchi. Poi strizzò gli occhi con forza chiudendoli più volte. Tutto il corpo era scosso da tremiti.
- E non avere paura che non ti faccio niente!
Disse Sam con tono rassicurante.
- Stavi attirando troppo l’attenzione. Dai, tranquilla che tra poco sarà tutto finito.
Tirò un’altra boccata di fumo.
- Troppe emozioni per un’impiegata… Eh, eh, eh… era meglio rimanere in ufficio invece di dare ascolto a quell’esaurita di Amanda… volevi fa la cowgirl, eh?
Poi squadrò bene il seno di Giulia. Era stretto e sodo mentre stava costretto nel corpetto del vestitino rosso.
- Comunque sei molto carina… ma cosa ti è saltato in testa? Pensavi fosse così facile?
Due lacrime, prima sulla guancia destra e poi su quella sinistra, scesero copiose sul viso di Giulia. L’uomo si passò il dito indice nell’orecchio sinistro e fece un piccolo movimento circolare. Poi si strofinò la punta del naso tra l’indice e il pollice. Fissò quelle due gocce larghe che scendevano verso la bocca di Giulia.
- Sai cosa penso..? Che tu hai troppa paura di tornare a quella vita di tutti i giorni in quell’ufficio. Ecco perché sei scappata con i soldi..
Giulia si asciugò con la mano destra una lacrima. Poi poggiò l’altra mano sul tavolo.
- Dai che tra poco sarò tutto finito…
Pose la sua mano su quella di lei. Giulia la ritrasse in fretta urtando il bicchiere che cadde rovesciando quel poco di vino che rimaneva al fondo. Lasciò un striscia rossa sulla tovaglia in direzione dei seni di Giulia.
Sam abbassò lo sguardo e gli angoli della bocca.
- … il tempo di una sigaretta.
Prese e strizzò il mozzicone con tre spinte un poco circolari sul piattino.