Elogio agli insetti spazzini

florentia89
00venerdì 30 maggio 2008 11:08
Di chi è il mondo, nostro o loro?
Aspetti di vita. Elogio degli “insetti spazzini” (!!!)
Tutto può dirsi meno che il titolo non sia chiaro ma chi legge, se supera la naturale repulsione, vedrà che quanto esporrò potrebbe essere interessante. Dopotutto gli scarafaggi, sia pure come scarabei, è la stessa cosa, non sono stati addirittura divinizzati degli egizi?
Premetto che non è mia intenzione tenere lezioni di entomologia, userò perciò i termini più semplici e parlerò un po’ della famiglia allargata di questi spazzini minori del nostro pianeta.
Questi antipatici intrusi con noi conviventi (o noi conviventi con loro) sono degli esseri perfetti, che da centinaia di milioni di anni, forse miliardi, sono rimasti geneticamente gli stessi, e vivono imperturbabili la loro quasi eterna esistenza. Ad essi, nelle stesse condizioni, si affiancano una miriade di insetti parenti, amici, nemici, tutti rimasti immutabili sin dagli albori della vita.
Io ne provo repulsione ma non ribrezzo, in un certo senso li rispetto, conscio che quel cosino di quattro-cinque grammi, anche meno, e la schiera degli altri, siano più perfetti di me.
Già, io uomo, io Adamo (Adamo significa uomo), ebbi il mio albore non più di un milione di anni or sono, e cominciai a somigliare all’essere odierno da non più di centomila anni. E’ un’inezia di tempo su quello cosmico, forse il periodo è pari a un lampo di luce e basta.
Io gli scarafaggi, volente o nolente, li conosco da una vita. Ho fatto per anni il cuoco, il panettiere, il pastaio, il mugnaio, il dolciere, sempre in ambienti caldi, umidi, ideali per loro. Posso dire che non sono mai valse sia le pulizie ambientali, sia i tanti interventi coi prodotti creati per combattere scarafaggi, formiche, termiti, e cento altre bestioline per noi solo da fastidio e rifiuto. Eppure non mancavo di riconoscergli una forza vitale superlativa in quanto, malgrado gli insetticidi e le nettezze svolte con acidi e stuccature di fessure, essi ricomparivano come e più di prima, divorando come sempre scarti, legno, plastica, materiali organici, inorganici, tutto ciò di commestibile e in commestibile trovassero, svolgendo soprattutto un’efficace opera di pulizia. Particolare macabro, in guerra vidi corpi di caduti che in un brevissimo giro di giorni venivano fatti sparire da ogni sorta di insetti..
Per la sopravvivenza a tutto altrettanto posso dire per i simpatici topini da grano, con cui si poteva pure stringere una certa amicizia o tolleranza reciproca.
Gli insetti, non i topini, nacquero assieme alla vita sulla terra e allora perché meravigliarsi della loro presenza in concomitanza con quella di grano, farina, pane, mais, cereali, dolci e di un ambiente ben simile a quello caldo-umido delle loro origini? O in concomitanza con l’esistenza di rifiuti e scarti d’ogni genere?
Non si pensi trattarsi di un mondo di esserini di poca intelligenza! Assolutamente no, e in molti casi (non tutti, altrimenti sarebbe per noi la fine della corsa) essi si rivelano superiori a noi, biologicamente, socialmente e cerebralmente. Che dire degli stercoari che si trascinano nelle tane ipogee palline di sterco ovino o altro, utilizzandole per …riscaldamento interno e cibo? Delle pulci che effettuano salti pari a tre-quattrocento metri dei nostri? delle termiti che coltivano funghi su prati preparati con foglie masticate? che costruiscono grattacieli alti in proporzione il doppio delle torri gemelle? Che dire delle formiche che allevano greggi di afidi che poi mungono per le loro esigenze? E di api, vespe, calabroni, e delle loro razionali città di residenza?
Posso aggiungere una organizzazione sociale elevata, azzarderei politica, da copiare se non fossimo così saccenti da ritenerci i migliori del creato. Mi sono limitato però a pochi casi altrimenti dovrei scrivere un trattato ponderoso alla Fabre, che dedicò la vita agli insetti.
Dico solo che di .. scarafaggi legati al mondo mangereccio “caldo” ne ho conosciuti d’ogni tipo, dimensione e colore, apprezzandone anche alcune cose, come il fingere d’esser morti quando scoperti in aree senza possibilità di fuga, o quando le femmine partorivano sugli angoli di pavimenti o tavolati capsule spaventosamente grandi rispetto il loro corpo posteriore nelle quali, a differenza delle uova, era già presente un embrione formato di scarafaggetto.
Ora basta con questi esseri e discorsi poco gradevoli e torniamo al nostro mondo, ipoteticamente lontano e indipendente. Il pensiero di questa chiacchierata mi è venuto notando l’attività di tanti umani (o subumani) il cui impegno potrebbe assimilarsi a questi minuscoli spazzini del suolo, in mancanza dei quali saremmo distrutti dalla melma organica che ci coprirebbe, vegetale o animale essa sia.
Da tempo a questa parte infatti noto che intorno i palazzi del nostro quartiere si aggirano, di mattino presto o sera tardi, gruppi che poco hanno di civile i quali, con calma, discernimento, svuotano i cassoni delle immondizie di quanto ritenuto accettabile, aiutandosi con aste a gancio e carrozzine-infanti adattate al nuovo uso.
E ciò finché nei contenitori resti solo qualcosa di inservibile per loro, figuriamoci per gli umani normali.
Essi provengono soprattutto dai campi nomadi della cerchia cittadina o da siti similari. Secondo me nemmeno ci notano, vengono fuori soprattutto la sera quando un tempo, alla stessa ora , arrivavano al loro posto i grossi ratti delle fogne a spazzare un po’ tutto, anche qualche gatto. Poi, una volta terminato il loro compito, questi disperati si allontanano con le carrozzelle stracolme delle porcherie più varie, da loro raccattate e da noi buttate. Altrettanto fanno, con più pericolo (qualcuno c’è morto soffocato), coi cassoni destinati all’abbigliamento di scarto oltre che, in accordo coi proprietari, con lo svuotamento di qualche cantina stracolma di scarti.
Ne consegue, sempre riferendomi al mio quartiere, che nel mercato rionale siano sorte, una dopo l’altra, postazioni su tappeti o coperte ove essi rivendono questa ex immondizia che si riconosce senza dubbio alcuno come proveniente dal raccattume di contenitori della nettezza urbana, scarichi illegali e cantine. E il bello è che di ciò, pian piano, noi ci ricompriamo quasi tutto, sia pure a pochi soldi, specie i ceti minori e gli anziani in vena di revival.
Circa il numero di queste persone negli ultimi tempi esso si è incrementato con l’allargamento ad est della Comunità Europea.
Infatti io a Roma (penso che per altri centri ci voglia tempo) ho visto i primi zingari Romeni, Bulgari, Ungheresi, coi caratteristici vestiti e copricapi i quali, pur consunti, sono inconfondibili a riconoscersi.
Prego di notare l’assenza in me di ogni spirito velleitario e razzista, ne ho parlato come una realtà presente e basta, anche perché ritengo che nel tempo, più o meno remoto, saranno essi a sopravvivere a noi, assieme a quelli dei nostri che si saranno adattati al loro grado e forma mentis infimi (e naturalmente assieme agli scarafaggi e insetti).
Comunque quanto ho esposto sulla pulizia e riciclo svolto da questi ecologisti umani un po’ anomali debbo dire che non si tratti di una novità. Riferendomi al periodo anteguerra e guerra, anni trenta-quaranta, e immediatamente successivo, anni cinquanta, ho conosciuto nella degradata periferia romana una comunità di sardi (gli isolani non me ne vogliano, ce n’erano di ogni provenienza, ma quelli che conobbi erano sardi) i quali si erano specializzati nel medesimo lavoro, svolto però più razionalmente e a ciclo completo.
Mi spiego, sul piazzale di alcuni casolari fatiscenti, ove questa comunità viveva in condizioni da età della pietra, era stato montato un nastro trasportatore di una diecina di metri o poco più, azionato prima a mano, poi con un accrocco di motore elettrico, sul quale scorreva l’immondizia scaricata da una tramoggia rifornita dal capo-clan.
Ai due lati una dozzina di persone sceglievano ogni tipo di scarto, che depositavano in vari contenitori. Così ne veniva il ferro, il rame, l’alluminio, la gomma, la plastica, gli stracci, la carta, il cartone, la latta, il vetro sano, il vetro rotto, oggetti ritenuti d’interesse, anche qualcosa di prezioso. Il tutto veniva poi ceduto dal capo famiglia ai suoi acquirenti, ricavandone in proporzione quel poco che serviva a far sopravvivere la tribù.
Però, a differenza dei raccoglitori di oggi, il ciclo era totale in quanto il restante, costituito ormai da rifiuti vegetali, animali, immondizia varia, veniva venduto come concime ai contadini e agli orticultori, sempre a poco, che lo ritiravano coi carri e carrettini spinti a mano.
Come questa gente si procurasse l’immondizia lo ignoro. Potrebbe esserci stato un miniaccordo, formale o informale, con l’ufficio Nettezza della zona, oppure i più vicini la portavano direttamente o erano i sardi a procurarsela nelle abitazioni dell’area agricolo-urbana circostante. Altra la prelevavano nelle discariche che pullulavano nei campi e, in parte, ci sono ancora oggi, ovviamente clandestine.
Insomma questa mini-comunità riciclava proprio tutto, e dopo il loro darsi da fare nulla più rimaneva di pestifero. Altro che le raccolte differenziate odierne! Altro che le immense discariche maleodoranti odierne, a cielo aperto, antigieniche! in mano oltretutto alle mafie varie. Altro che i rom e nomadi attuali con le loro aste a gancio!.
Io conobbi questo gruppo di lavoro e di vita, venendo anche a conoscenza di altre comunità nel cerchio cittadino, in quanto ci fu un amico che sposò una signora sarda la quale aveva una certa parentela, alla lontana, con la famiglia del Capo Clan. Così ebbi modo di averne contatti e stimare la loro serietà, onestà e vita troglodita, svolta in un universo assolutamente avulso dal nostro.
A dimostrazione poi che i tempi cambiano ne verrà che uno degli infanti del tempo studierà, e diverrà un buon giornalista e reporter Rai di cui, ovvio, non dico il nome nemmeno sotto le pinze del dentista.
A questo punto lascio sia il campo del mondo insettivoro, visto alla stregua di “operatore ecologico”, che quello umano, siano gli attuali rom o non rom, sardi o non sardi, comunque solo disperati, per immergermi in alcune riflessioni, premettendo sempre che non è mia intenzione svolgere interventi di indirizzo discriminatorio.
Ciò ovviamente per gli umani, gli insetti non hanno bisogno di essere sottovalutati in alcunché, sono loro che ci considerano così.
Allora la mia riflessione è che l’uomo, colpito da un destino forse molto duro, che mi auguro possa essere corretto (ne parlerò, ma ho il sentore che più cose non possano esporsi ad una conoscenza poco preparata), è un essere, come ho detto, nato una frazione di secondo cosmico fa’. In questa frazione egli si è più che evoluto, specializzato, ed il futuro non è mai per gli esseri troppo specializzati. Alle difficoltà delle ere esistenziali sopravvivranno solo e sempre gli esseri generici, semplici, immutabili, come gli insetti, tali da qualche miliardo d’anni, con varianti genetiche modestissime o nulle.
E allora un giorno, che importa mille - dieci – cinquanta – centomila anni? sono sempre un niente rispetto la vita della terra, l’uomo d’oggi non ci sarà più, travolto da una genetica impazzita, sofisticata e magari indirizzata, che l’avrà voluto e preteso sempre più intelligente,, perfetto, soprattutto specializzato. Magari un po’ di umani, quattro gatti in proporzione, riusciranno a partire con astronavi verso qualche punto sperduto dell’universo, onde affrontare o riavviare una nuova odissea stellare, ma per gli altri sarà l’oblio, la fine.
In questo scenario non positivo ci saranno però i nostri amici scarafaggi che seguiteranno a vivere e prosperare nel loro status, pronti ad adattarsi fulmineamente al caldo, al freddo, all’acqua, all’aridità, alle condizioni più sfavorevoli o favorevoli della vita biologica, e magari potranno raccontarsi, a modo loro, le vicende della nostra umanità. E con loro seguiteranno a prosperare e moltiplicarsi i grattacieli delle termiti, le città sotterranee delle formiche, le case aeree di api e vespe e quanto potrei aggiungere!
Magari ci saranno ancora i sorcetti bianchi della farina e grano, assieme ai fratelli maggiori delle fogne ormai in disuso.
E, mentre ho buona certezza che il mondo insettivoro, nella sua generalità possa in larga parte sopravvivere, ho poche certezze per quanto concerne il mondo animale (sorcetti e sorci compresi) nonché non ne ho alcuna circa la sopravvivenza dell’umanità portata all’estinzione da una sua infausta ed esasperata specializzazione.
Estinzione preconizzata nelle scritture delle religioni le più varie, che hanno fondamenti provenienti da antiche reminiscenze e conoscenze:
“Ti guadagnerai il pane col sudore della fronte o uomo”, “tu morrai o uomo” e tali parole non furono dette a caso. Le conseguenze del peccato originale, lungi dal pensare alla favoletta della mela presente nelle traduzioni bibliche addomesticate (non negli scritti originali o nei testi tramandati per millenni a voce), incombe sull’uomo nato un secondo fa’ e che concluderà l’esperienza in un altro secondo cosmico.
Ho dimenticato un particolare e correggo la mancanza. E’ vero che un certo momento tutto terminerà, ciò anche per gli insetti e ogni forma di vita, le Apocalissi non sono scritte a caso, resta però che tale traguardo per l’uomo non sarà al momento debito di estinsione naturale, ma molto prima, a causa delle sue guerre distruttrici classiche, nucleari, chimiche, e con qualche sporadica eccezione.
Quale? All’umanità odierna sopravviverà per un certo tempo ancora, comunque breve, la subumanità degli odierni ... subumani, che avrà conservato la vita animalesca di feroce sopravvivenza, di autocompattazione e difesa, di rifiuto del nostro mondo, e con loro potrebbero sopravvivere gli abbruttiti da un regresso e una involuzione inimmaginabile.
E ciò potrebbe avvenire sia in un futuro lontano sia, purtroppo, anche in data molto prossima, se nel … 2036 saremo colpiti dall’asteroide di turno che ci ruota minacciosamente vicino. Al pari cioè del corpo celeste che colpì la terra al tempo di Noè (preavvertito di costruirsi l’arca circa venticinque anni prima, perché e da chi?) e fece nascere un nuovo mondo e umanita, ritengo affatto migliore della precedente.
Se tale evento dovesse avvenire, con quanto ne conseguirà l’umanità, come l’intendiamo oggi, potrebbe avviarsi al declino anticipato, se non immediato. Agli insetti però importerà poco o nulla, altrettanto sarà per gli stuoli di uomini degradati che troveranno pur modo di sopravvivere, almeno in parte, aggrappandosi alla distruzione, all’anarchia feroce, allo scontro perenne, riproducendosi bestialmente e prendendo le redini di quel mondo che forse seguirà.
Sono stato crudo, pessimista? Può darsi, ma non ho detto cose avventate. Sono tutte possibili e come! Non saranno forse i miei tempi, ma che conta ciò? Sono i destini dell’umanità prossima e rammento a chi legge e a me stesso che l’Adamo della Bibbia, come unità singola, in carne ed ossa, non è di certo mai esistito. L’Adamo al quale si riferisce l’alta entità biblica, Javhé, non è altri che l’umanità nella sua totalità. Adamo infatti significa “uomo” e come tale deve essere inteso e accettato. Quindi “Adamo, tu morrai” (sottinteso: perché l’hai voluto) viene a prendere un significato chiaro e specifico.
Speriamo bene, specie che il futuro sia meno negativo di quello preconizzato, anche perché io ero e resto di indirizzo accettabilmente positivo, pur se francamente mi chiedo come possa esserlo.
elfo nero
00venerdì 30 maggio 2008 19:25
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