Confronti esistenziali

florentia89
00martedì 8 aprile 2008 13:03
La civiltà ipocondriaca

Oggi ci stiamo trasformando in un popolo di malati più o meno immaginari. Non dico che stiamo sbagliando nel considerare la nostra salute con attenzione maggiore che in passato ma ciò, unito allo scatenarsi di un susseguirsi di cure, analisi, esami, lastre, interventi, prevenzioni, sussidi terapeutici, controlli, check-up, ci sta conducendo ad un’esistenza innaturale, illogica, rispetto il traguardo dell’aver raggiunto una maggiore durata dell’esistenza e conseguito una più elevata forma di salute rispetto un recente passato.
Ricordo, a me e gli altri, che il termine “farmaco” deriva dal greco e significa “veleno”, cioè noi, per mantenerci in stato ottimale, immettiamo di continuo nel corpo sostanze potenzialmente tossiche, dosate in misura da essere tollerate senza traumi fisiologici eccessivi, sotto forma di pillole, liquidi, polveri, iniezioni, pomate, sciroppi e altro, poco preoccupandoci di loro, anzi pretendendo che risolvano velocemente i nostri problemi ed escludendo che possa completarsi il naturale ciclo della malattia, dando più importanza all’eliminazione dei sintomi esterni che alla vera soluzione del malanno o malessere che ci ha colpiti all’interno.
Faccio riferimento ad un’esperienza che mi ha coinvolto non tanto per parlare di me, quanto di un ipotetico qualsiasi “noi” che si trovi in analoghe situazioni.
Bene, la mia età non è più verde e qualche acciacco debbo pur tenermelo. Così mia figlia, primario in un ospedale Lombardo, in un soggiorno romano mi sottopone ad una visita medica familiare da me promossa e accetta, pur se in effetti percepivo nulla o poco d’anomalo.
Mi fa …“hai il polso un po’ irregolare, te ne accorgi? (no), forse sei anche un po’ bradicardico, non percepisci che i battiti cardiaci possano essere lenti? (no), e poi la pressione è superiore alla media della tua età, anche se non di molto. Vieni a Milano appena possibile e ti organizzo un controllo che ci farà stare tranquilli”…
Vado e il comune amico specialista mi sottopone a un severo chek-up cardiologico. Conferma le diagnosi di mia figlia, estendendole e appesantendole pure di parecchio.
Primo risultato, una pillola di Adalat mattutina per la pressione (divenuto poi Enapren e infine Condiurem). Pensavo di aver finito ma non avevo nemmeno incominciato. Ci sarà presto l’aggiunta pomeridiana di una pillola di Norvasc, che combatterà la pressione da un altro aspetto farmacologico. Si aggiungeranno tre pillole di Ritmonorm, una ogni otto ore, onde regolare il battito cardiaco (poi sostituite, per decisione primarile, dall’Angyzim).
Ad abuntantiam seguirà una mezza pillola di Lasix al primo mattino, così la pipì è assicurata e, non bastasse, il pomeriggio arriverà mezza pasticca di Sintrom per fluidificare il sangue onde evitare coaguli, visto che le vere o supposte irregolarità di battito, da me mai percepite, denotavano la presenza di fibrillazioni.
Tornando agli inizi delle cure il cardiologo dice a mia figlia che, considerati i miei anni (mi fanno sentire un verme), avrebbe visto opportuno l’impianto di un Pace-Maker, precisando che pur se poteva non essere del tutto necessario, sarebbe risultato sempre utile alla salute generale, data l’età (e dai!).
Così mi ritrovo in sala operatoria e mi vedrò immettere in petto un PM bicamerale, il più impegnativo, complicato e, come sempre accade quando un paziente è il padre di un medico di riguardo, a seguito di complicazioni impreviste per poco non ci lascio la pelle.
Alla visita cardio ne seguiranno altre che definisco “varie”, finché ci sarà quella urologica, con un esame introspettivo che io odio con tutto il livore possa avere dentro, e allora:
…”si, va bene, l’indice PSA è molto buono ma la prostata è un po’ ingrossata, sarebbe bene operarla (mai, salvo non sia assolutamente necessario!), comunque se per ora preferiamo non intervenire prescrivo due medicine in pillole da prendere la sera, una per rilassare la vescica, l’altra per ridurre la prostata, il Finastid e lo Xatral. Non dimentichi di assumerle, prima del riposo notturno”…
Il monte pillole giornaliero cresce paurosamente. Azzardo:
…”non sono troppe le medicine? Non si potrebbe ridurle un po’?...
…”dottore, pensi ai suoi servizi finanziari e cerchi di non fare il medico al posto nostro. Ad ognuno il suo lavoro. Prenda ogni cosa come abbiamo prescritto e senza varianti”…
Comincio a girare in casa con un memorandum degli orari di assunzione. E pensare che fino a non molto tempo prima prendevo pressoché nulla e vivevo felice e contento, ignorando il mio presunto stato di salute pericoloso e penoso.
Al tutto si aggiungeranno la vaccinazione antinfluenzale, quella antitetanica per un taglio subito da un oggetto metallico poco pulito, una prima iniezione antirabbica (fortunatamente non le successive) per un morsichetto dal solito mini-cane dei vicini al quale avevo tentato di fare una carezza. Cercheranno pure di consigliarmi un complesso vitaminico particolare il quale, essendo un optional aggiuntivo, viene da me inizialmente rifiutato (poi, per via dei sali, minerali, altri oligoelementi presenti, finirò per assumere anche questo) .
Infine un attacco bronchiale verrà affrontato con due distinti antibiotici, oltre sciroppo per la tosse, polverine fluidificanti, pomata aromatica da massaggio pettorale.
A questo punto avevo perso il controllo e andavo avanti un po’ a tentoni. Inoltre non ho messo tutto, qualcosa mi è sfuggita e sempre più mi sto convincendo che per vivere in tranquillità, un po’ di più o di meno poco conta, sarebbe meglio star lontani da medici e medicine.
Come non preoccuparsi infatti per l’assunzione di 4000 – 5000 pillole annue e, se donna, aggiungere magari gli anticoncezionali?
Ad un mio amico, importante persona artistica e politica, alquanto più giovane di me, è capitato la stessa cosa. Di recente egli mi fa:
…”vedi Francesco, non prendevo medicine, salvo eccezioni, fino a poco tempo addietro. Poi qualche disturbo di un certo livello e il dottore ha cominciato a prescrivermi analisi, controlli, radiografie e … pillole. Così una pillola oggi, una domani, sai quante ne prendo oggi? ben diciassette giornaliere, e qualche giorno arrivo pure a venti per delle duplicazioni dovute al che io abbia perso il conteggio di quanto ingurgitato con un sorso d’acqua. Non avrei mai creduto giungere a tanto e non so proprio come venirne fuori, forse con l’autopsia!”…
Faccio un modesto salto a ritroso e mi rivedo ragazzino – ragazzo.
Non sono tempi arcaici ma di esperienza e memoria dirette che sembra ieri, vissuti da me e non riferiti da altri. Le medicine? Per tre quarti delle malattie c’erano i farmacisti che preparavano bustine con polverine assunte tramite ostie che ne racchiudevano il contenuto (il più delle volte si trattava di acido salicilico, cioè la nota Aspirina della Bayer, allora già in vendita ma non prescritta dato il costo elevato). Per il mal di gola rammento gargarismi con acqua, aceto e sale, o limone puro, nonché fumenti con acqua bollente a cui era aggiunta una manciata di erbe aromatiche e spennellature in gola con misture atroci, da acido muriatico. Per bronchite e altro di petto c’erano gli impacchi di semi di lino caldissimi e le applicazioni di testi di terracotta roventi, avvolti in sciarpe o asciugamani. Poi il repellente olio di fegato di merluzzo onde evitarci il rachitismo e una dose notevole di altri malanni. E i piccioli di ciliegie e barbe di Mais per la pipì? L’edera e castagno per flebiti e vene?
Sovente si aggiungeva per malanni vari, troppi, il latte caldo con miele (e brandy per i grandi), ponce che bruciavano al mandarino, nonché lo zucchero d’orzo preparato in casa per la tosse.
Quanto ai disturbi di stomaco, qualsiasi essi fossero, oltre i clisteri imperanti con acqua calda e olio, vigeva l’assunzione di olio di ricino o sale inglese che, fra i due, non sapevo quale fosse il peggiore.
Eventuali offese cutanee, tagli, abrasioni, lacerazioni, prevedevano l’alcool denaturato puro da far venire un infarto anche col cuore sano.
A volte ci si aggiungeva l’orinare sulla ferita a mo’ di antisettico.
Aggiungo le pezzole sulla fronte febbricitante bagnate con acqua fredda e aceto, la camomilla come calmante, gli impacchi di malva per ascessi e gonfiori, qualche tisana consigliata dai nonni, limoni quali disinfettanti intestinali, aglio per la pressione e, soprattutto, digiuno durante gli stati di malessere, magari interrotto un po’ con penosi brodini di dado o verdura.
Più o meno tutto si concentrava qui e solo in alcuni casi poteva prevedersi l’uso di farmaci all’avanguardia del momento, di norma sulfamidici, sempre in quantità limitatissime, oltre che costosi e non sempre riconosciuti dalle rispettive mutue.
In definitiva tutto ruotava sulle cartine del farmacista nonché su rimedi soprattutto naturali e un bel po’ empirici.
Vista dal lato di spesa la sanità di allora costava allo Stato una sciocchezza, e poco anche ai pazienti consumatori di farmaci.
Se considero poi come si comportavano i miei nonni ricordo l’uso accentuato di rimedi fitoterapici preparati in famiglia, con erbe raccolte direttamente o rivolgendosi alle erboristerie allora numerose, sia come negozi ufficiali, sia ufficiosi in abitazioni o retro-antri di qualche presunto e stimato esperto del settore.
E allora, in aggiunta a quanto sopra, ecco giungere decotti, tisane, estratti ed elisir casalinghi, sempre aglio, rosmarino e cipolla per la prostata, cavoli e broccoli per i tumori, altre erbe per flebite, circolazione, mal sottile (TBC) e altro.
Poi sanguisughe per salassi, vendute addirittura in farmacia, foglie di salice masticate e mo’ d’aspirina, elisir e sciroppi con ricette tenute per lo più segrete. Si aggiungevano i rimedi consigliati dalle comari, dagli annuari Barbanera di Foligno o dei Frati Indovino d’allora, oltre quelli di qualche religioso esperto di erbe e rimedi, chiuso in qualche convento e magari in odore di santità.
Senza escludere le richieste di guarigioni a Madonne, Santi, Beati, Venerabili, di tutti i tipi e sesso, addirittura specializzati per singoli malanni, come San Biagio per la gola. Al riguardo rammento bene l’operazione esorcistica alla quale mi sottoponevano ogni anno mia nonna e mia mamma imponendomi sotto il mento due candele incrociate, mentre recitavano preghiere e scongiuri.
Tramite la nonna romana conobbi bene, e frequentai in seguito, l’erboristeria sita in via di Torre Argentina, vecchia di cinquecento anni, il cui titolare, dottor Ospici, ora deceduto, padre dell’attuale conduttore, divenuto amico, introdusse me e mia moglie nelle cure fitoterapiche per ogni malessere, quasi nessuno escluso.
Lo so che ho parlato di tempi passati, ma non mi sono certo riferito al seicento, al medioevo, all’epoca romana e precedente.
La farmacologia nel secolo scorso, e ancor più negli ultimi 50 anni, ha fatto passi da gigante, ha risolto innumerevoli casi prima impensabili, ma ha anche mandato in pensione rimedi che da secoli facevano il loro dovere, forse con più umanità, naturalezza e convinzione, magari più lentamente ma sovente con risultati insperati.
Soprattutto ci si sentiva più esseri umani e molto meno gli ipocondriaci d’oggi, come me che sto assumendo dieci – quindici pillole giornaliere, con risultati fisici certamente positivi ma non so quanto altrettanto per i miei equilibri psicologici e interiori.
Con ciò non intendo contestare l’indispensabilità e la positività della medicina corrente, che ha permesso di risolvere una moltitudine di stati patologici curabili in passato poco o affatto, nonché di allungarci la vita, giunta a superare gli ottanta per gli uomini e ancor più per le donne, oltre a farci vivere meglio e crescere più robusti.
Resta che io contesto non tanto la nuova farmacologia, quanto lo spropositato uso di prodotti da parte dei pazienti maxi-consumatori e dei medici maxi-elargitori, oltre l’azione dei farmacisti complici in buona parte per i consigli elargiti non sempre a scopo assistenziale, nonché lo scatenamento pubblicitario farmacologico TV, radio, altri media, stampa, del passaparola, del nostro intendimento personale.
Se poi considero che i farmaci siano giunti ad essere venduti nei supermercati e nella grande distribuzione, almeno in parte, come fossero pomodori pelati o pesci surgelati, mi immagino ancor più l’inflazione consumistica in atto.
Interessi molteplici, nazionali e internazionali, regolano questo mercato. Le produttrici delle pillole e ogni altro prodotto sanitario vegliano attente su di noi soprattutto per fare cassa ed utili, contribuendo a farci vivere con una apprensione perenne di salute, linea, gioventù ad ogni costo, cioè in costante stato ipocondriaco individuale e collettivo.
Questo è il problema. E’ un bene ciò? Io penso di no, anche se non vedo soluzioni in quanto noi pazienti, consumatori irriducibili e scatenati, condizionati sia dalle specialità necessarie, sia da quelle utili in apparenza o affatto, spingiamo i colossi chimico-farmaceutici a produrne e fornircene sempre di più (o sono loro a farlo), incuranti dei prezzi, dei benefici effettivi e dei danni che potrebbero procurarci.


auroraageno
00mercoledì 9 aprile 2008 09:52

Molto giuste le tue osservazioni!

E per la quantità dei "veleni" assunti ogni giorno... ne so qualche cosa.
E pensare che per molti mali il rimedio sarebbe anche soltanto fare del moto, camminare, camminare. Invece per un motivo o per l'altro non lo si fa.

Sempre piacevole ed interessante leggerti, Francesco. Buona giornata!

aurora

ELIPIOVEX
00giovedì 10 aprile 2008 14:46
E' vero! Qualche volta una pillola in meno e una vita più sana fanno sicuramente meglio.
Stefano Starano
00mercoledì 16 aprile 2008 22:15
Colossi - Soffrivo da matti
I colossi chimico farmaceutici sono tra le cose più potenti di questa terra.
Non c'è speranza.
Però, però... io prendo circa otto farmaci al giorno, se non di più (e non una sola volta al giorno). Tutti sono necessari (ho scoperto sulla mia pelle) anzi, forse di qualcuno si dovrebbe aumentare pure la dose (come quello della prostata che mi costringe ad andare con urgenza o spesso a fare pipì, o ad avere difficoltà ad urinare). Infatti una dottoressa mi ha detto che la prassi è quella di raddoppiare dopo un certo tempo (io avevo consultato solo una volta l'urologo).
Per il colesterolo io lo avevo a 318 (il normale deve essere tra 180-200).
Per la depressione l'anno scorso sono stato due mesi a letto senza cambiarmi il pantaloncino, senza lavarmi per tre settimane, mangiavo solo la sera, a letto mi giravo e mi rigiravo pensando al suicidio, a cosa sarebbe successo se i miei cari avessero un tumore o se lo avessi io. E soffrivo da matti.
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