Nairin
00sabato 26 aprile 2008 13:13
Se ne avete la possibilità leggetelo ascoltando"Diamond and Rust" (Joan Baez), canzone che ho ascltando mentre scrivevo.
Cadde. Cadde a terra e per la prima volta capì che non si sarebbe più alzata. per la prima volta avrebbe accettato la realtà così come le si presentava, per la prima volta si sarebbe apprezzata, perchè se lei per prima non cominciava ad amarsi, nessuno lo avrebbe mai fatto. Cadde, e cadendo sentì che la cosa per cui aveva vissuto sarebbe stata anche quella per la quale sarebbe morta, che la passione che le aveva permesso di combattere, ora l'avrebbe aiutata ad arrendersi.
E ora, proprio ora, quando niente le rimaneva per cui sognare ancora, forse solo ora capiva quanto tempo le restasse.
Le restava il tempo di pensare a quell'uomo, per il quale nonostante tutto non provava rancore, quell'uomo che sentiva di capire, forse perchè le aveva sparato per salvare il figlio, perchè lo amava e non poteva fare altrimenti, perchè non poteva permettere che morisse lui. E non poteva giudicarlo, perchè lei l'amore non sapeva cosa fosse, non lo aveva mai provato, e come avrebbe potuto pretendere di capire chi al contrario era riuscito a comprenderlo, l'amore?
E mentre un filo d'erba le solleticava il mento, lei aveva paura, aveva paura della morte, aveva paura forse di non poter vedere giorno dopo giorno la gente passeggiare su gli affollati marciapiedi, di non poter più sentire le campane della messa delle otto, di on riuscire a capire perchè tanto amava distinguersi. E voleva piangere, gli occhi erano gonfi delle lacrime di tutta una vita, le lacrime che non erano mai uscite. Ma ora, ora voleva piangere, bagnare con il suo pianto l'erba, così che almeno lei la ricordasse. Ma lo sapeva, lo aveva detto tante volte che non sapeva piangere. quanter volte lo aveva ripetuto che non ci riusciva? Che anche quando la malinconia sentiva essere insopportabile, il suo orgoglio, quell'orgoglio che non poteva controllare, le impediva di essere sincera perfino con se stessa?
Neanche l'erba dunque l'avrebbe ricordate, quel giorno lei moriva, e con lei morivano tutte le sue idee, moriva sola e con la consapevolezza che non avrebbe visto sorgere il sole che ora arrossava le nuvole minaccianti pioggia. Sarebbe morta sola, così come sola era sempre vissuta, così come sola aveva costruito il suo futuro: un cumulo di sogni impossibili e dolcissime illusioni.
Nessuno avrebbe mai parlato di lei, su i libri di storia non sarebbe comparso il suo nome e la musica non l'avrebbe ricordata. a nessuno sarebbe importato quanto bene suonasse la chitarra, o quanto talento avesse nello scrivere. ogni suo sforzo, ogni minimo obiettivo, ogni piccolo dettaglio, sarebbe stato vano nell'istante stesso in cui lei avrebbe chiuso gli occhi per l'ultima volta. Ma questo se lo aspettava, sapeva che l'avrebbe resa infelice, e con il tempo se ne era fatta una ragione, la verità era che in quel momento, la cosa che più la turbava, era il non avere una famiglia. Non aveva un padre, così come on aveva una madre o dei fratelli. Non aveva un marito che avrebbe parlato di lei ai figli e, non aveva figli a cui potesse essere raccontata cosa alcuna. Il fatto che lei morisse, determinava il suo non essere mai esistita. L'anagrafe l'avrebbe cancellata dall'elenco e la gente avrebbe ignorato la sua assenza nello stesso modo in cui ne ignorava la presenza. Se almeno avesse avuto accanto l'uomo che le aveva sparato, gli avrebbe chiesto di non dimenticarla, di non dimenticare quella ragazza che amava la libertà, che combatteva per la libertà, che aveva la presunzione di poterla raggiungere un giorno la libertò. Che si illudeva di poter essere felice.
se avesse avuto almeno lui, le foglie di melo che cadevano avrebbero sicuramente smesso di infastidirla con il loro cedere lento e rassegnato.
Sicuramente, quella sera di marzo, quella sera di primavera la saggezza era finalemente servita. Quelle risposte a domande che nessuno ancora si era posto avevano permesso alla linfa vitale di scorrere come meglio credeva per il corpo. Forse per questo si sentiva così agitata. I capelli, ormai troppo sporchi per poter essere definiti castani, tendevano a sfuggire dalla luce del sole.
Qualche volta aveva creduto che se avesse pensato intensamente a ciò che più desiderava, forse avrebbe potuto capire perchè non riusciva ad averlo. Ma non c'era una spiegazione, il caso evidentemente non era stato dalla sua parte, forse non era riuscita a sfruttare le occasioni che se pur rare le si erano presentate.
Tutto sarebbe stato più facile se avesse creduto in Dio, se avesse pensato ad una seconda vita, anche la morte sarebbe stata un momento di festa. Sarebbe stato sicuramente più semplice pensare che doveva rispondere a qualcuno delle sue azioni, che sarebbe stata premiata per il bene che aveva fatto, che qualcuno era responsabile al suo posto di ciò che le accadeva. Ma l'unica cosa che le restava ancora, era la speranza che un giorno tutto ciò per cui aveva lottato, avrebbe fatto credere alla gemte che valeva la pena di morire. Perchè credeva troppo nell'uomo, per poter pensare che c'era qualcuno al di sopra di lui.
Mentre la musica scorreva nelle sue vene e il sangue iniziava invece a mancare, mille parole le giravano per la testa, parole di canzoni che non erano sue, parole che portava cone lei assieme ai momenti più
importanti.
Dunque il sole si accingeva a scomparire dietro le montagne per andare ad illuminare chissà quele altro luogo, che lei nemmeno poteva immaginare.
Visse quelli che sarebbero stati i suoi ultimi istanti, e li visse con la leggerezza che non aveva mai avuto, con il filo d'erba che si sentiva sempre meno e la vista che le si annebbiava. Visse quei momenti così da non doverli mai rimpiangere, li visse così chè una volta finiti potessero volare con il vento a portare la sua voce a chi ancora non l'aveva udita.
E i sensi la stavano abbandonando, la sua lucidità di sempre le veniva a mancare. Odiava quando accadeva, odiava quando non riusciva a ragionare, quando perdeva il controllo di se stessa, e questa volta sarebbe stato per così poco tempo, che non avrebbe nemmeno fatto in tempo a ritrovare il suo equilibrio. L'equilibrio di una vita basata sulla perfezione, sulla cura dei dettagli, per far sì che ogni pensiero avesse il suo posto, che ogni gesto, ogni parola, potesse ben esprimere le sue idee senza essere influenzate dalle circostanze, in modo che anche l'odio fosase ben calibrato.
Ora, il filo d'erba che fino a poco prima l'aveva accompagnata in quel suo viaggio, poteva solo vederlo, perchè il viso le sembrava di non averlo più. Non sentiva più le gambe, non sentiva più le braccia, e la mano, la mano che mai aveva dato una carezza. Forse non la sentiva perchè non ci pensava, forse perchè il corpo in quel momento aveva così poca importanza, che non aveva senso sprecare tempo con lui, o forse perchè succedeva quello quando si moriva, forse era proprio la normalità. E daltronde coem poteva saperlo? Non era mai morta, probabilmente non era mai nemmeni davvero vissuta.
E tutta quella fatica, tutta quella fatica anche solo per tenere gli occhi paerti, l'afliggeva più di qualunque altra cosa. Perchè era sempre stata forte, enon aveva mai chiesto a nessuno, perchè era abituata a sopportare il dolore. e adesso non riusciva nemmeno a stare sdraiata senza volersi lamentare. Non poteva nemmeno consolarsi sopportando il dolore, perchè dolore non ne provava. Il suo corpo era solamente un oggetto, un pggetto come i tanti che quella sera di inizio stagione stavano indifferenti su quel prato a vederla morire.
Allora era vero! Era davvero la fine! Non aveva nemmeno avuto il tempo di dire addio a tutti i suoi problemi, di tentare di risolverli, non aveva neppure avuto la possibilità di salutare tutte le persone che la odiavano, di congedarsi da quella breve vita.
Si provava quello, dunque, a morire. Se lo era sempre chiesto, Quella nostalgia per le cose che si lasciano e nemmeno un filo di curiostà per quello che si troverà.
E riflettè, riflettè molto, riflettè a lungo, perchè lo sentiva che mancava poco, che quella era l'ultima possibilità che aveva di riflettere, che la razionalità si stava esaurendo poco a poco, che non aveva più la stessa obiettività nel giudicaare le cose.
Dovette chiuderli gli occhi alla fine. Le dispiacque, perchè ora non poteva che ricordarsi tutto ciò che una volta aveva visto, che l'aveva fatta sognare, perchè non c'era più speranza che riuscisse ad aprirli di nuovo, che potesse nuovamente vedere i colori del mondo. Si lasciò andare al vento, che la cullava come una foglia di pesco in un ruscello. Si lasciò andare al dolore e alla serenità di quell'attimo. So lasciò andare, perchè era inutile continuare a fingere. Anche il respiro si fece più lento, e nonostante ora non sentisse davvero nulla del suo corpo, dal ventre continuava ad uscire sangue, la ferita le doleva in modo insopprtabile, ma dolore non poteva provarne, ormai era insensibile. Lo sentiva che avrebbe dovuto sentire qualcosa, che avrebbe dovuto fare male, lo sentiva quel fastidio, ma non aveva voglia di mentre a se stessa dicendo ceh era amcora viva, che ce l'avrebbe fatta.
Aveva sempre creduto di volere una morte rapida e indolore, una di quelle morti che ti colpisce inaspettatamente e ti fa morire con il sorriso, cos' la gente che ti trova pensa che tu sia felice. Aveva creduto di coler morire in questo modo, o nel sonno, senza saperne nulla, forse questo, perchè per quanto amassre confrontarsi con gli altri tendeva fuggire da se stessa.
Ma ora lo capiva quanto era bello che le fosse stata data quell'ultima possibilità per essere tranquilla. Non era vero che non voleva sapere di morire,non voleva soffrire, questo si, nessuno vuole morire, ma voleva sapere della sua fine. Voleva saperlo che se ne stava andando, che aveva ancora qualche istante per ammirare tutto ciò che stava per lasciare.
E faticando, faticando davvero,, faticando a restare sulla terra ancora per un attimo, sentì il vento, sentì il vento sussurrarle qualcosa e morì. morì com quell'ultimo sussurro che avrebbe portato con lei.
Morì, e morendo ebbe il tempo di pensare per un ultima volta alla vita, che tanto aveva amato.
ELIPIOVEX
00lunedì 28 aprile 2008 13:15
Decisamente suggestiva quest'immagine di una donna che sta morendo.
Fai attenzione agli errori di battitura, soprattutto verso la fine alcune parole non si capiscono e macchiano un po' il racconto scritto molto bene.
Nairin
00lunedì 28 aprile 2008 17:03
Grazie del consiglio.
farò più attenzione la prossima volta. [SM=x142870]
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