alberto_58
00venerdì 8 febbraio 2008 23:32
Mancava poco all’alba.
Adriano guidava calmo, gli occhi appannati dalle lacrime.
“Dissociazione della personalità; Asociale; Mentalmente instabile,
non in grado di nuocere, ma inaffidabile;…schizofrenico a tratti; paranoico…” questi termini gli rimbombavano ancora dentro la testa. Molto bravi i medici e gli avvocati mobilitati da sua moglie Luisa, per poterlo definire. Era riuscita a ottenere la separazione e se ne era andata con i bambini. Le lacrime gli scesero copiose.
Le asciugò bruscamente con una mano, stringendo spasmodicamente il volante con l’altra.
“Dissociazione… ma cosa ne sapevano di lui?
Lavorare dalla mattina alla sera, i soldi che non bastavano mai, i mutui, i debiti, gli straordinari - e dove accidenti vai ogni tanto che sparisci? Hai un amante? Scommetto che sei gay, ci manca anche questa! - Niente vizi, niente hobby, a parte la passione per il cinema, soffocata abbondantemente dalla passione per i reality e le telenovelas di Luisa. E ora lo aveva lasciato, perché non era in grado di renderla felice e darle tutte le cose che voleva e per le quali non era sufficiente il suo stipendio. Anche i bambini lo avevano lasciato. Qualcuno doveva aver spiegato loro che potevano continuare ad avere telefonini e videogiochi anche senza di lui e quindi lui non era più necessario. Non era mai stato capace di imporsi. Nemmeno quando gli avevano sequestrato la casa per pagare le cause perse con gli avvocati. Era venuto anche un medico assieme all’ufficiale giudiziario, li aveva fatti accomodare, - un attimo - aveva detto loro gentilmente, era uscito dal retro, preso l’auto dal garage e se ne era andato.
Quella notte aveva dormito in macchina.
Forse lo cercavano, chissà. Voleva sintonizzarsi su un giornale radio, ma c’era troppa stupida pubblicità gioiosa e non gli andava di sentirla. Forse avevano detto che era pazzo… si chiamavano ancora così o erano anche loro portatori di qualcosa?
Forse, portatori di infelicità.
Captò un coro di voci bianche che cantavano una messa barocca. Si rilassò. Era ormai fuori città, il cielo cominciava a tingersi di arancio, ma il sole ancora non sorgeva.
Lasciò la statale e prese la solita strada sterrata. – Dove accidenti vai ogni tanto che sparisci? – Si diresse alle falde della montagna che dominava la città. Attraversò campi contornati da vigne e uliveti ancora avvolti di ombra notturna. Giunse su uno spiazzo libero, cosparso all’infinito di fiori. Si fermò. Spense le luci.Scese. Il silenzio che lo avvolse, assieme all’odore dell’erba bagnata di rugiada, scese dentro di lui come un balsamo.
I grilli smisero di trillare, poi, ripresero la loro musica.
Come se avessero riconosciuto che non c’erano intrusi.
Adriano guardava estasiato la montagna, che cominciava a incendiarsi dell’alba. Si tolse la giacca, la camicia, poi, velocemente, tutto il resto, rimanendo completamente nudo. Avanzò in mezzo al prato, toccando lievemente con le dita i fiori più alti che gli venivano incontro. Il sole stava sorgendo. La sua sommità sporgeva come ferro incandescente dalla sommità dei monti azzurrini. Si era sempre recato lì, appena aveva potuto, prima di andare in ufficio. Niente palestre, corse al parco con cuffiette per cd, biciclette… no. Lì.
Il sole lo aveva protetto, scaldato, amato, dato la forza di vivere la sua vita disastrosa. Non lo aveva mai abbandonato, tradito, umiliato. Cominciava a sentire il calore della Sua luce sul suo corpo.
Sorrise felice. Si. Felice.
Per il solo fatto di essere stato notato anche in quella circostanza. Il sole sapeva della sua esistenza. Lo avrebbe aiutato. Non era solo.
Con il cuore colmo di questa consapevolezza, l’uomo si prostrò al suolo e lo adorò piangendo.

giangi53
00sabato 9 febbraio 2008 12:11
Troppo coerente questo personaggio per essere...un disturbato.
Se non ci fosse quello spazio aperto, quel prato su cui adagiarsi per annusarne l' aroma e il profumo dei fiori e sentirsi baciato dal sole uno potrebbe immpazzire. Se imparassimo a gustare l' essenziale, la vita la sapremmo apprezzare e tutto non sarebbe una corsa per accumulare.
Io preferisco Un Dio che è padre. Grazie -gian-
alberto_58
00sabato 9 febbraio 2008 15:02
Infatti il personaggio non è un disturbato.
Ma in mezzo a cento matti uno "normale" è classificato come anomalo.
Il Dio Padre... il personaggio non poteva andare in chiesa a chiedere conforto, circondato da persone che forse lo avrebbero soffocato con la loro ipocrisia e indifferenza. Perciò si è rivolto al sole, usato nelle mie intenzioni come simbolo di una Potenza superiore a noi, non come un'apostasia verso la nostra religione o baccanale pagano.
Solo per avere conforto.
Del resto, non ritengo sia strano che un cristiano ammiri il sorgere del sole e ne provi gioia, forza e commozione, pur rimanendo cristiano.
La cosa che deprime l'anima di un vero cristiano è che altri cristiani di nome si stupiscano che lui si stupisca per le forze della natura.
Create da Dio. Prima dell'Uomo.
Grazie per il tuo commento.
Ciao.
Alberto
ELIPIOVEX
00sabato 9 febbraio 2008 23:02
A me ha messo tanta tristezza quest'uomo abbandonato da tutti, anche dai suoi figli.
fiordineve
00martedì 26 febbraio 2008 18:25


Millenni fa, mi svegliavo prima delle mie bimbe, con una tazza di caffè in mano, facevo l'usuale giro del giardino, osservando i progressi dei fiori o l'appassire delle foglie; li toccavo, parlavo alla Natura e mi sentivo così viva e felice mentre l'alba si faceva strada donandomi la luce-

Posso capire Adriano, se poi camminavo a piedi nudi sul tappeto erboso ancora umido di rugiada sentivo la forza della Terra entrarmi in circolo.


Un racconto incantevole, scritto fluidamente e con una definizione dei matti che mi ha fatto cantare di gioia:

Forse, portatori di infelicità. [SM=x142874] [SM=x142876] [SM=x142897]
alberto_58
00martedì 26 febbraio 2008 23:38
Grazie Eli e Fiordineve per i vostri commenti.
Ammetto che è un racconto triste, mi sentivo così un giorno anchio...
In quanto ai portatori di infelicità, i matti, ritengo che essi siano infelici quando i cosidetti normali gli danno addoso, con le loro regole e convinzioni inalterabili.
Ciao. Alberto
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