Lettera dal fronte
Cara Maria,
quassù è freddo e lo stomaco reclama per il cibo che non basta mai e l’acqua da bere è sporca e sa di ghiaccio.
Continuano a dirci che ci stiamo comportando da eroi, ma non sono sicuro che riuscirò a vedere ancora la primavera delle nostre colline. Quella che ci ha fatto innamorare. Quella colorata col verde dei prati e col giallo dei ranuncoli. L’unico fiore che vedrò sarà quello che una pallottola del nemico farà sul mio petto. Sarà rosso come le rose che ti ho regalato l’ultima volta che ci siamo incontrati, ma i petali avranno l’ odore del sangue e non il profumo dei tuoi capelli.
Nevica da giorni e ogni mattina respingiamo l’ invasore che di notte avanza fino alle nostre linee, nascosto dal buio e dalla bufera. Mio cugino Francesco che è venuto dalla città e non è abituato al freddo, si è ammalato di polmonite e forse non ce la farà a superare la nottata.
Ho paura. Ho tanta paura.
Freddo e paura sono una combinazione di dolori che non avevo mai provato prima. Nei brevi momenti che smette di nevicare e si apre uno sprazzo di sereno, guardo il cielo cercando di vederti apparire da dietro una nuvola, ma poi arriva sempre un colpo di mortaio a risvegliarmi dal sogno. Allora chiudo gli occhi e cerco di fissare nella mente il tuo viso, perché questo è l’ultima cosa che vorrei ricordare prima di morire, così da portarmelo di là e disegnarlo sulle pareti del paradiso.
Ti amo Maria e terrò questa lettera nella tasca dei pantaloni. Se chi mi ucciderà avrà una donna che l’ aspetta forse capirà e farà in modo di fartela arrivare quando tutto questa pazzia sarà finita.
Se sopravvivrò te la leggerò a voce alta un attimo prima di riabbracciarti.
Tuo per sempre.
S.
Claudio
"ogni cosa che ha un inizio ha una fine"