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ALLA RICERCA DEL SACRO GRAAL - II ed ultima puntata

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2009 02:12
23/01/2009 02:09
 
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Walko

20

Jovall sollevò il calice.
- Prosit.
- Prosit. – risposero in coro i presenti.
- Questo champagne è superlativo, altro che il finto spumante di Mosca. Zeno, non ricordo bene, c’eri anche tu con me a Mosca, l’altra volta?
- No, Jovall. C’era Ippopotamo il gatto. C’erano Fagot-Koroviev e Azazello. E c’era Hella.
- Sì, adesso ricordo tutto. Ricordo la cavalcata nel vento fra le nuvole, con il Maestro che non staccava gli occhi dalla Luna e Margherita Nikolaevna, bellissima e dolcissima; mi torna in mente il suo primo volo, ricordo ancora i suoi occhi spalancati di meraviglia nel momento in cui feci il gesto e Gerusalemme si spense. E non potrò dimenticare l’apoteosi della missione, quando infine il figlio del re-astrologo, il crudele quinto procuratore della Giudea, ottenne il perdono che aspettava da venti secoli, incontrando Yeshua e andandosene via con lui, liberato ormai dal Maestro Ivan Nikolaevic dalla sua costretta identità di personaggio e restituito alla vita e alla storia. Missione compiuta su tutti i fronti.
- Che ne è ora di Margherita ed Ivan?
- Hanno raggiunto il rifugio eterno, sono felici per sempre, innamorati per sempre…
- Davvero la missione fu compiuta su tutti i fronti.
- Sì, Zeno. Ma anche questa volta lo sarà, vedrai: ritroveremo il Graal e tutto tornerà al suo posto, una volta per tutte. Noi siamo qui per aiutare gli eventi a indirizzarsi nel giusto binario e per levare di mezzo certi piccoli e stupidi ostacoli, senza contare il fatto che c’è pur sempre qualcuno da punire secondo giustizia, come avverrà a tempo e luogo propizi. Anche questa volta, come sempre, il bene e il male coesisteranno e coopereranno per la soluzione, qualunque essa sarà. Per quanti poteri e forze possano entrare in campo, saranno comunque la volontà e i gesti concreti degli individui a decidere. E puoi star certo, buon Zeno, che sarà per il meglio.

Dopo un ultimo brindisi la compagnia si sciolse. Usciti dal retrobottega del Free Bar, gli amici del Club si interrogavano su quanto avevano ascoltato dalla voce di Jovall.
- Io non c’ho capito nulla. – sostenevano in molti.
- Io non ho afferrato interamente la questione – disse Prisca – ma di una cosa sono certa: Hella e Margherita sono nomi di streghe, la prima d’ereditarietà e la seconda per scelta.
- Sì, è vero, – intervenne Sagitt che era esperto in materia – sono streghe di Woland.
- Woland? – esclamò Zublinky – E’ così che il Barone-vecchietta a un certo momento ha chiamato Jovall. Ha detto che si è confuso, ha parlato di un romanzo che sta leggendo…
- “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov, - disse LuBa Zadora – l’ho letto, è uno dei miei romanzi prediletti. Jovall parlava di quella storia: il perdono di Ponzio Pilato, l’eterno rifugio degli amanti… però… ne parlava come se lui… come… come se non fosse un romanzo… come se…
- …come se lui ci fosse stato. – completò la frase Esmeraldas.
- Zublinky ha detto che il Barone lo ha chiamato Woland, – disse Kate Orlandow – quindi mi sembra tutto chiaro, per quanto possa sembrare assurdo.
- Jovall è Woland! – concluse Blondielaura.
- Sì, – disse Sagitt – è evidentemente tornato dopo circa settant’anni; allora fu a Mosca e ora a Genova, per compiere un’altra missione: con ogni evidenza si tratta del recupero del Graal. E noi ne siamo tutti coinvolti.
- Ho paura – disse Esmeraldinhas.
- Anch’io – si accodarono all’unisono Fiore, Lola Tekila e Simphilia stringendosi fra loro.
- Ma no! Paura di che cosa? Io invece mi sento eccitatissima! – disse Gio.

In quel preciso momento, nonostante fosse sereno, si vide un lampo riempire tutto il cielo, seguito da un prolungato tuono lontano, quindi si alzò dal nulla un vento fortissimo e si fece buio, al punto che si potevano vedere le stelle come se si stesse verificando un’improvvisa ed imprevista eclissi di sole. Il fenomeno durò pochi secondi, dopodiché tutto tornò come prima: il sole alto nel cielo azzurrissimo, una leggera brezza primaverile.
Gli amici si ritrovarono in cerchio, un poco sbalorditi. LuBa fu la prima a riprendere il discorso interrotto.
- Cos’è successo? Cosa stavamo dicendo?
- Non saprei, non ricordo – fu la risposta generale.
- Ricordo che stavamo brindando – disse Borislav – poi Jovall ha alzato il calice e ha tenuto un discorso, o meglio, ha iniziato un dialogo con il suo amico Zeno, ma non ricordo una sola parola di quanto hanno detto.

Si interrogarono muti. Nessuno ricordava.





Van Faber & Walko

21.

Nel pomeriggio intorno alle 16 e 15 Jovall, Zeno, Angelo e il Barone Occlavius stavano giocando a Monopoli, quando suonarono alla porta del retrobottega. Andò ad aprire svogliatamente Zeno, che introdusse un tipo con berretto e borsone a tracolla.
- E' il postino.
- Ah sì, venga, venga pure avanti.
Disse Jovall con uno dei suoi rari sorrisi luminosi e gioviali, alzandosi e andandogli incontro come se lo stesse aspettando. Non appena il postino fece un passo, entrando nel retrobottega, Jovall estrasse la sua S. & W. e gli sparò in fronte, senza nemmeno dargli il tempo di salutare. Cascò quasi con la nuca sui piedi di Zeno.
- Ma... Jovall! Perché hai ammazzato il postino? Forse perché consegnava la posta in ritardo?
- No, Zeno. Perché non era un postino. Il postino suona sempre due volte. Lui ha suonato una volta sola. E poi non passa mai alle quattro del pomeriggio. Guarda un po' cosa c'è nel borsone.

Zeno lo aprì: c'erano un fucile a canne mozze e due bombe a mano.
- Visto? Era uno di quei maledetti! Un Aritmetico.
- Ancora?
- Sì, ma adesso mi sono proprio stancato di loro, finché si scherza si scherza, ma a tutto c'è un limite! Qui ci vuole un'azione risolutiva. Barone, tu sai dove hanno la sede questi cialtroni, vero?
- Sì, certo. Ne ho seguito uno dall'alto, saltando da un tetto all'altro, quello che aveva sparato ad Angelo e spinto mio fratello in un barile di acido. E' in un vecchio palazzo del centro.
- Bene. Adesso prenderai le sembianze di questo disgraziato, poi andrai nella loro sede e dirai che non hai trovato nessuno qui, né hai visto in giro qualcuno del Club di Libere Parole. Dirai che hai saputo che sono tutti andati fuori Genova, non si sa dove. Angelo, avvisa tutte le ragazze del Club di non farsi vedere per tutto oggi, fino a domani mattina. Dovranno credere che siamo andati tutti nel luogo dove è nascosto il Graal. Conoscendo quell'imbecille del loro capo, sicuramente indirà una riunione urgente di tutti i "Cavalieri" per stasera in qualche luogo segreto. Ovviamente ci andrai anche tu, poi ti metterai in contatto telepatico con Angelo per darci le coordinate e a questo punto entreremo in azione.

Zeno assentì col capo e chiese se doveva reclutare qualche ragazzo del Club.
- No, inutile rischiare. Secondo i miei calcoli, considerando quelli che abbiamo già eliminato, gli aritmertici saranno rimasti non più di una ventina. Basta una piccola squadra pronta e ben addestrata. Ho gli uomini giusti. Tre in tutto, più io che starò fuori ad aspettare il capo; dovranno lasciarlo fuggire dandogli l'illusione di avercela fatta, poi ci penserò io a lui, è una soddisfazione che mi voglio togliere personalmente.
- Chi saranno i tre della missione?
- A parte il Barone che fungerà da talpa, tre uomini del Club: Conroy Lenn che è un cecchino infallibile e ha una mole considerevole, pari alla forza fisica. Lui userà il bazooka. Poi Cincinnatus, è stato diversi anni nella Legione Straniera e conosce a menadito tutte le tecniche d'assalto. Userà armi leggere, mitraglietta skorpion, due pistole e qualche ananas appeso alla cintura. Agiranno dietro le indicazioni di chi ho scelto come capo-spedizione, un superesperto in strategia d'annientamento. Zeno, dammi il numero segreto del Generale.
- Eh? Ma io non lo so... è segreto!
- Ah già, è vero. Però il Barone lo sa.
- Non è esatto, non lo so nemmeno io, però ho la facoltà di telefonare a chiunque anche senza numero, basta che mi concentri...

Detto fatto, il Barone alzò la cornetta, chiuse gli occhi e dopo pochi secondi la passò a Jovall dicendo:
- Ecco, suona libero.
- Grazie Barone, sei sempre un gran risorsa. Pronto? Generale, è lei?
- Dipende... con chi parlo?
- Sono Jovall!
- Jovall? Quanto tempo! Dove ti trovi vecchio amico?
- A Genova. Ciao Faber. Adesso posso chiamarti per nome. Dovresti raggiungerci al Free bar, nel retrobottega, ho posto lì il mio quartier generale.
- So dov'è. Un'oretta e sono lì. C'è qualcosa da fare di urgente?
- Sì, un po' di pulizia.
- Ehm... va bene che ti sono amico e che sai che per te sono sempre a disposizione per qualsiasi cosa... però... farmi venire a Genova per fare le pulizie mi sembra un po'... insomma... sono pur sempre un Generale del Reparto Assaltatori, pluridecorato...
- Ma cosa vai a pensare, che hai capito? E' proprio la tua esperienza di assaltatore che mi serve per ripulire un certo... ma è meglio parlarne a voce.
- Arrivo.

La sera stessa, visto che tutto andò secondo i piani di Jovall, Faber messo al corrente di tutto preparò una strategia di assalto, ne mise a parte Conroy Lenn e Cincinnatus arrivati da Roma il giorno precedente per unirsi agli altri del Club e poi i quattro uomini della squadra si recarono dove il Barone aveva segnalato che si stava tenendo la riunione straordinaria dei Cavalieri della Congregazione degli Aritmetici. I piantoni di guardia furono eliminati a distanza: bastò attirarli in un punto illuminato lanciando qualche sassolino, poi ci pensò Jovall. A quel punto, ripulita la strada dal possibile ostacolo delle sentinnelle, Faber studiò il luogo: una vecchia fabbrica abbandonata. Cincinnatus salendo su un albero e abbassando col proprio peso un ramo fino ad una finestra a tre metri d'altezza, entrò dando di spalle alla cattedra da cui parlava il Venerabile Supremo Priore della Congregazione e in piedi sul davanzale cominciò a sparare sul mucchio con la Skorpion; questo fu il segnale: Faber scardinò una porta laterale, unica uscita di sicurezza della fabbrica dismessa, con una carica di plastico e fece irruzione sparando all'impazzata con un mitra; nello stesso momento Conroy Lenn buttò giù il portone principale con una pedata, entrò, si inginocchiò bazooka in spalle e da quel momento per cinque minuti si scatenò l'inferno. Gli Aritmetici, sorpresi dalla sortita, investiti dallo sbarramento di fuoco di Faber, dai colpi devastanti del bazooka di Conroy Lenn e dalle bombe a mano che Cincinnatus aveva cominciato a lanciare nel mucchio, non riuscirono a organizzare uno straccio di azione difensiva, scappare era impossibile, appena qualcuno tentava di estrarre un'arma, Cincinnatus dal davanzale, dotato di lenti speciali che gli permettevano di vedere attraverso il fumo, lo freddava con un colpo di pistola. Dopo cinque minuti esatti dall'irruzione, Faber, che anche lui come pure Conroy Lenn poteva vedere nel fumo, lanciò un segnale prolungato col fischietto che teneva fra le labbra. Conroy Lenn e Cincinnatus cessarono il fuoco. I Cavalieri della Congregazione degli Aritmetici erano stati sgominati fino all'ultimo uomo. Solo il Supremo Priore, che si era nascosto sotto la cattedra, era ancora in vita. I tre finsero di distrarsi, così mentre Cincinnatus saltato giù dalla finestra e Faber si avvicinarono a Conroy Lenn vicino al portone d'ingresso e i tre cominciarono a complimentarsi a vicenda, accendendosi una sigaretta ciascuno, il Supremo Priore, sempre incappucciato, studiò la situazione e con uno scatto da centometrista fuggì dall'uscita di sicurezza lasciata incustodita, mentre i tre amici fingevano di non essersi accorti di nulla.
Fuori di là, il Priore continuò a correre, ridacchiando e ripetendo tra i denti:
- Hi hi hi, li ho fregati! Non mi hanno visto quegli idioti, hi hi hi li ho fregati!

Finché, all'improvviso la sua corsa all'impazzata fu frenata di botto da qualcosa che lo strinse e gli bloccò anche le braccia lungo i fianchi. Per il contraccolpo si ritrovò seduto in terra in mezzo alla strada e solo in quel momento realizzò di essere stato preso al lazo, lui, il Venerabile Supremo Priore dei Cavalieri della Congregazione degli Aritmetici! Si voltò verso il punto da cui il lazo era partito e vide la sagoma di una vecchia 600. Sopra la 600, assiso su di una poltrona fissata al portabagagli, c'era l'uomo che aveva in mano l'altro capo della corda. Il Priore lo fissò a lungo, strizzando gli occhi per vedere il più possibile nella semi-oscurità, prima di riconoscerlo.
- Jovall, maledetto! Dovevo immaginarlo che c'eri tu dietro a questa sporca vicenda!
- Io l'ho capito fin dapprincipio che dietro la ridicola faccenda degli Aritmetici potevi esserci solo tu.
- Quei tre assatanati hanno fatto fuori tutti i miei uomini! Non si fa così! Non vale! E poi è anche proibito.
- Non in guerra e la guerra l'hai voluta tu. E tanto prima o poi sarebbe successo: uno alla volta, quando tentavano di ammazzare uno di noi, ci avrebbero lasciato le penne. Ma c'era il rischio che qualcuno si facesse male e allora ho deciso di dare subito un taglio netto a questa storia.
- E adesso?
- E adesso ti porto al mio quartier generale. Si parte.

La 600 infatti partì in direzione Free bar, a velocità moderata, costringendo il Supremo Priore a rialzarsi e a mettersi a correre per evitare di essere trascinato sull'asfalto. Arrivarono dopo mezzora di viaggio al Free bar, dove nel frattempo si erano radunati tutti gli amici, compresi Conroy Lenn, Cincinnatus e Van Faber, ancora in tuta mimetica e armati fino ai denti, che in attesa di Jovall raccontavano l'accaduto agli altri.
All'improvviso si spalancò la porta del locale, Jovall entrò tirando una corda all'altro capo della quale dopo pochi secondi fece la sua apparizione un uomo incappucciato.






Esmeraldass

22.

Il retrobottega era strapieno di gente. Si erano infatti uniti alla compagnia gli ultimi arrivati del Club: Myrna, Kakasenno, Pat Wolf, Farkao Lenn, Anna NBD, Archigene, Uria e Akuariange. Jovall chiese silenzio, poi cominciò ad interrogare il cosiddetto Priore degli Aritmetici.
- Non ti sei ancora rassegnato a startene tranquillo. Mi fai pentire di averti lasciato in vita fino ad oggi. Avrei dovuto farti fuori a Mosca, tanti anni fa.
- Ognuno ha una missione da svolgere. Tu la tua, io la mia. Dovremmo essere alleati,visto che tu rappresenti il Male ed io sono l’Anticristo.
- Lo vedi, Boris Dimitrevic, che non capisci niente? Intanto sei ignorante: se avessi letto il romanzo di Bulgakov sapresti che non rappresento il Male.
- E cosa allora?
- Diciamo che rappresento l’ordine delle cose e intervengo quando si crea disordine. Ma la cosa non ti riguarda, dunque sorvoliamo. Di sicuro non rappresento le forze del male come ti ostini a capire. Ma soprattutto, Boris Dimitrevic, mettiti in testa una volta per tutte che tu non sei l’Anticristo! Sei solo un pazzo che si è fissato di diventarlo, ma non si diventa Anticristi, non è un mestiere! E adesso veniamo a noi. Scegli: o ti faccio la pelle o firmi questa carta.
- Cosa c’è scritto? Sai bene che leggo solo il cirillico!
- C’è scritto che accetti di sottoporti alle cure di un luminare mondiale della Psichiatria, presso la sua clinica. E’ una terapia lunga e costosissima, ma i soldi non ti mancano certo. Lo psichiatra è già stato contattato e avvisato da Archigene, col quale è amico da anni, e si è detto d’accordo. Manca solo la tua firma.
- Non firmerò mai.
- Come vuoi. Buon viaggio.

Detto questo Jovall estrasse la pistola, gli appoggiò la canna fredda sulla fronte e premette il grilletto, ma la pistola fece click.
- Accidenti! E’ la prima volta che la mia fida S. & M. fa cilecca! Sarà quasi venuto il tempo di cambiarla. Peccato, perché mi ci ero affezionato. Va bene, bando ai rimpianti. Di nuovo buon viaggio, Boris Dimitrevic, la mia S. & M. non sbaglia certo due volte.
- Noooooo! Firmo! Firmo! Liberatemi il braccio destro che firmo immediatamente.
- Oh, alla buon ora!

Zeno e Angelo, tornato nei suoi panni abituali con grande sorpresa di Boris Dimitrevic che pensava fosse stato ucciso da uno dei suoi, si incaricarono del trasporto del paziente. Dalla clinica del professore tedesco era impossibile fuggire, cosicché l’ex Priore degli Aritmetici uscì definitivamente di scena, legato come un salame seduto sul sedile posteriore della 600 azzurrina.
Il Barone si versò un bicchiere di limoncello e commentò:
- Anche questa è fatta. Ci siamo liberati di quei pazzi. Fortuna che la tua pistola ha fatto cilecca, Jovall, altrimenti il povero priore ora sarebbe una salma di cui liberarsi.
- Non ha fatto cilecca. L’avevo scaricata. Non mi andava di ammazzarlo quel mattacchione, in fondo non è cattivo, è solo un po’ scemo. Un po’ tanto scemo. Un po’ troppo scemo! Bha, in fondo sono un romantico. Ma adesso dovremmo rimetterci al lavoro. Le vacanze incombono, il tempo stringe. Angelo mi ha accennato d’una novità da parte vostra. Di che si tratta?

Parlò LuBa Zadora per tutti, essendo la portavoce del Club.
- Sì, Jovall. Abbiamo passato un giorno intero a studiare e a confrontarci, ognuno di noi ha messo del suo, visto che tutti insieme ci occupiamo praticamente di tutto e siamo arrivati a una conclusione.
- Ottimo, quale?
- Esiste al mondo una veggente, una maga che vede il passato e il futuro e lo svela in forma misteriosa e criptata. L’unico problema è il costo: la veggente si fa pagare esclusivamente in tavolette di cioccolato, cosa di cui va letteralmente pazza, ma per una consulenza complessa come la nostra potrebbe chiederne migliaia. Abbiamo calcolato che ci sarebbero serviti almeno 5.000 euro, quasi dieci milioni di vecchie lire, per l’acquisto delle tavolette e il noleggio di un camion, per portargliele.
- Come superare l’ostacolo? Con una colletta?
- No, abbiamo già provveduto. Ognuno di noi ha messo qualcosa di suo. Per la cifra mancante, circa la metà della somma complessiva, TheAutumnalBard si è impegnato a fare un giro di concerti che in genere fa gratuitamente, ma non questa volta, per cui si è fatto pagare in anticipo raccogliendo la cifra necessaria che ha devoluto alla causa.
- Molto bene.
- Ora l’unico problema è sapere chi è la veggente e dove rintracciarla. Si sa che esiste, si conoscono abitudini e capacità, ma non l’identità né il luogo dove si trova.
- E allora?
- Ci resta un’unica speranza…

In quel momento si spalancò la porta del retrobottega ed entrò LunaBlues, con un librone sotto braccio:
- L’ho trovata! L’ho trovata! Ci siamo!
Spiegarono a Jovall e al Barone che LunaBlues era in possesso di un’immensa biblioteca con libri antichissimi e rarissimi sulla storia della stregoneria e che era appunto lei l’ultima speranza alla quale si erano affidati per trovare la veggente. LunaBlues appoggiò il librone sul tavolo, sollevando alcuni kili di polvere, lo aprì ad una determinata pagina e spiegò:
- Questo è un volume in copia unica. Lo acquistai anni fa a Bologna, da un antiquario. Qualcosa mi diceva che sarebbe stato utile alla nostra ricerca e infatti: eccola qui! Si tratta della maga Barbìsa, che vive in una specie di grotta ricavata dopo anni di scavi, esattamente sotto Piazza Caricamento, qui a Genova! Questa è la cartina della piazza. L’entrata dell’insolita abitazione della veggente è esattamente in questo punto, contrassegnato da questo cerchietto rosso.

Tutti erano felici e anche meravigliati, specialmente le due sorelle Esmeraldas ed Esmeraldinhas. Fu quest’ultima a parlare per prima, rivolgendosi proprio alla sorella che sembrava in trance.
- Esme, ma la maga Barbìsa non era un tuo personaggio? Ricordo che quando ero piccola tu mi leggevi le storie assurde che avevi scritto, di una maga che parlava in modo quasi incomprensibile, viveva nel sottosuolo di Genova e si chiamava Barbìsa!
- Credevo di averla inventata io, Raldinha, ma evidentemente… esiste davvero!

Jovall prese in pugno la situazione, con le sue innate doti di organizzatore:
- Bisogna agire senza mettere altro tempo in mezzo. Ora è tardissimo ed è meglio andare tutti a dormire. Appena dopo pranzo vi recherete tutti sul posto in ordine sparso. Il Barone controllerà dall’alto, in cima a qualche tetto, pronto ad intervenire insieme agli altri in caso di pericolo. Scenderanno Esmeraldas, che forse è l’unica che può capire il linguaggio della veggente, Sagitt che si intende di cose occulte e potrebbe venire utile, poi è molto atletico, ha fatto pugilato e karate e se servisse aiuto… ci siamo capiti, meglio non rischiare. Scenderà anche Lola Tekila, che scrive velocissimamente e si appunterà parola per parola quel che dirà la maga, caso mai sfuggisse qualcosa e fosse necessario rileggere il suo discorso. Gli altri staranno in piazza, sparpagliati. Sagitt avrà con sé una minuscola macchinetta trasmittente con la quale, in caso di pericolo potrà lanciare un bip alla macchinetta ricevente, che avrà con sé Faber. Si tratta di uno dei suoi preziosi e sofisticati marchingegni, come gli occhiali per vedere nel fumo e al buio, ed è bene che lo tenga lui. Adesso tutti a nanna che domani, o meglio, tra poche ore sarà una giornata campale.

In effetti nessuno dormì tanta era l’agitazione. Tornati alla base, pranzarono tutti insieme e poi partirono per la piazza, in ordine sparso secondo il piano di Jovall.
L’entrata in realtà era un tombino nel quale era necessario calarsi. Il Barone avvicinò un vigile urbano e dopo avergli mostrato credenziali documentate della Soprintendenza alle Belle Arti, in realtà mostrandogli lo scontrino di un bar trasformato da uno dei suoi trucchi da illusionista, gli presentò Esmeraldas, Lola e Sagitt come tre ricercatori archeologici che dovevano scendere nel sottosuolo in seguito alla segnalazione del ritrovamento di un possibile sito archeologico, probabilmente i resti di un villaggio celtico. Il Barone, tutto compunto e compreso nel ruolo, mostrò al vigile anche tutti gli incartamenti e i documenti regolarmente bollati relativi ai permessi già concessi da Comune, Provincia, Regione e Ministero. In realtà si trattava di fogli di un giornale vecchio, raccolto nella spazzatura, ma il vigile rimase molto impressionato da tanti papiri bollati, al punto che fece portare alcuni cartelli di lavori in corso con i quali isolò il tombino.
Finalmente scesero, muniti di pila elettrica, con una mappa del percorso che portava sino alla porta d’ingresso della singolare abitazione della maga. Passando per un labirinto di cunicoli si ritrovarono infine davanti a una porticina di legno. Era l’entrata. Che fare? Sagitt provò a bussare e prima ancora di arrivare a lambire il legno, la porta si aprì lentamente, cigolando. Deglutirono ed entrarono. C’era una scala, la scesero a lungo finché si ritrovarono davanti ad un’altra porta, o per meglio dire a un portone di bronzo, con una maniglia che Sagitt abbassò e… meraviglia delle meraviglie! All’interno comparve ai loro occhi un immenso salone illuminato da splendidi lampadari, con archi, colonne, tutto in marmo pregiato, come il pavimento. I muri e il soffitto erano impreziositi da splendidi affreschi che, pensarono, avrebbero fatto la felicità di Zublinky, esperto di pittura, nel vederli. C’erano tende di raso e velluto, il clima era fresco e non c’era un briciolo di umidità. Era tutto incredibilmente bello, elegante e lussuoso. All’improvviso si aprì una porta sulla destra e una voce da dentro disse: avanti! Entrarono. Era uno studio, con una grande libreria, armadi e mobili di gran classe, tutto in legno pregiato e profumato di cera. Di fronte, posta orizzontalmente, c’era una scrivania con gambe lavorate a intarsio che terminavano a forma di zampa leonina. Dietro la scrivania era seduta una signora sulla settantina, elegante, ingioiellata, con i capelli azzurrini raccolti, dall’aspetto austero e raffinato. Era migliore di persona rispetto al disegno visto sul libro di LunaBlues, ma era decisamente rassomigliante. L’unica nota stonata in lei era l’abbondante peluria sotto il naso, a cui probabilmente doveva il nome: Barbìsa.
Fece loro cenno di accomodarsi sulle tre poltroncine poste di fronte alla scrivania, poi iniziò a parlare:
- Ero in verranno.
Sagitt e Lola Tekila guardarono interrogativi Esmeraldas, che sorrise e da quel momento tradusse le frasi della maga. Lola scriveva testo e traduzione.
- Ha detto che ci stava aspettando.
- Ben riportato. Non si fa che di cortesia da superflua giralancetta il storiarmi d’antecedenza, che sciento.
- Inutile perdere tempo a raccontargli dall’inizio la storia, sa già tutto.
- Porgo indago oculatamente oculistica al sapiente similtecnologico che narra in vitro e svelerà il richiesto.
- Ora guarda con attenzione in quella specie di monitor, che evidentemente sostituisce la sfera di cristallo, e vedrà nello schermo quello che vogliamo sapere.
- Eh eh, stranavista assolvo...
- Vede una cosa curiosa…
- Ho traguardato il cerco bersagliante.
- Ha visto! E’ arrivata alla soluzione!
- Nella circonferenza dell’associato ricercante ha ricovero il chi sapiente non sapendo. Se solubile sia non c’è amletico in generalità, ma in unico trascendendo il conscio a parvenza sottacquea profonda come s’usa incettare d’ittici, e se tale sia il darsi che può, né bastante, si dà necesso di pertinente rimando e non difforme all’emerso, il riemerge. Allora presentemente il chi, non sapiente il saputo, saprà. E coglie rammento e snuda.
- Ho bisogno di un attimo di concentrazione… letteralmente ci sono, ma mi sfugge il senso. Lola, fammi rileggere la frase. Okey… mha! Bhè, la traduzione è semplice: all’interno del gruppo che cerca c’è quello che sa, ma non sa di sapere, cioè non ricorda evidentemente. La cosa si può risolvere e in generale su questo non c’è dubbio, ma solo uscendo dal cosciente e andando a pescare nel subcosciente; ma non basta: dovrà emergere un riferimento preciso, penso legato alla circostanza in cui “colui che sa ma non ricorda” ha visto il Graal esattamente dove si trovava e quindi si trova tuttora. A quel punto, trovato il riferimento, ricorderà e svelerà tutto.
- Così è. Ma solo chi virgo adamico vige di purità totale potrà il recupero e il significante quivi sta nel mai fu svolto pure né sfiorar labiale. Detto il detto e d’altro detto è vano.
- Solo un uomo vergine e totalmente puro potrà materialmente recuperare il Graal. E per puro nel caso si intende qualcuno che non abbia mai nemmeno baciato. E detto questo non serve dire altro. Fine del discorso. La ringrazio, maga Barbìsa.
- E il mio compenso in tavole?
- Il cioccolato? Fuori c’è un camion zeppo di diecimila tavolette di ottimo cioccolato di vario tipo: bianco e scuro, nocciolato, fondente e al latte. Il problema sarà farlo arrivare fin quaggiù.
- Provvederò in autonomo. Tratterrò come abitudine una tavoletta per me e distribuirò le altre ai bambini poveri cui è inibito il goderne.

Non fu necessario tradurre l’ultima frase, Esmeraldas lo capì vedendo gli occhi di Sagitt che all’improvviso si inumidirono fino alla tracimazione, talmente era commosso.




Walko & Sagitt

23.

Mentre si compiva la “missione Barbìsa”, al quartier generale di Jovall fecero ritorno Zeno e Angelo, che avevano lasciato l’ormai ex Priore degli Aritmetici nella casa di cura in Germania e ora facevano il rapporto sulla vicenda.
- Per tutto il viaggio ha cercato di convincerci che lui è l’Anticristo e tu Satana.
- Lo so, Zeno, è una vecchia storia.
- Non l’ho mai capita fino in fondo.
- Eppure non è tanto complessa, forse perché non te l’ho mai spiegata per bene. Dunque: devi sapere che Boris è caduto all’incirca nello stesso equivoco di Bulgakov riguardo all’identità di Woland, cioè di Jovall. Anche lo scrittore russo, narrando i ben noti fatti di Mosca, ha pensato che Woland e Satana fossero all’incirca la stessa persona. Ma se così fosse, che senso avrebbe avuto portare a termine quella missione, di far reincontrare e riappacificare il figlio del re-astrologo, il crudele quinto procuratore della Giudea, con Yeshua da lui condannato due millenni prima, ottenendo che questi lo perdonasse e che lui finalmente potesse spiegarsi?
- Ma chi erano esattamente costoro?
- Uscendo dai loro nomi letterari: Yeshua il Messia, il figlio del Dio vivente, detto Gesù di Nazareth; il procuratore inviato da Roma, Ponzio Pilato. Ti sembra possibile un patto fra Dio e il Demonio per riportare pace e ordine?
- No. Impossibile e assurdo.
- Appunto. Ecco perché Woland non appartiene e non rappresenta le forze del Male. Ma nemmeno del Bene. Esiste una landa di confine, a metà strada fra il bene e il male, il bello e il brutto, il vero e il falso, il reale e l’immaginario. A questo mondo appartiene Woland: è il mondo delle apparizioni e della fantasia, dei miti, delle leggende e delle fiabe, il mondo delle streghe e delle fate, dei personaggi letterari, quelli a metà strada fra sogno e realtà, dei fantasmi girovaghi rimasti a metà strada fra il terreno e l’ultraterreno, degli angeli che provano il desiderio di essere uomini. Ai rappresentanti di questo mondo è concesso di esercitare alcuni poteri, ma molto limitati: per esempio non mi è dato di sapere dove sia il Graal e ho dovuto mettermi alla sua ricerca andando per tentativi, finora tutti vani; inoltre, a patto che sia a fin di bene, è concesso anche l’uso di quel che nel mondo reale sarebbe il male, come ad esempio uccidere, dato che questo resta ascritto al lato immaginario.
- E tutta quella gente che abbiamo ammazzato? Era immaginaria?
- Era gente del mondo di mezzo, ma dalla parte del male: dal nulla uscita e al nulla ritornata. Come l’immagine dello specchio.
- E le ragazze e i ragazzi del Club di Libere Parole?
- Loro sono reali. Sono persone assolutamente vere che per una volta hanno avuto occasione di fare quattro passi nell’immaginario.
- Ora mi è tutto chiaro. E il povero Boris Dimitrevic?
- E’ un personaggio di contorno, un passante, incontrato a Mosca durante la storia del Maestro e Margherita, che non si è mai rassegnato a tornare nella nullità di un personaggio senza nome, né storia, né ruolo. Per questo ha assunto un nome e un’identità. Poi, ultimamente, ha cominciato a credere di essere il terzo Anticristo della profezia di Nostradamus. Poveraccio.
- E’ vero che i primi due Anticristi furono Napoleone e Hitler?
- Così interpretano alcuni. Io non lo so. Però ho molti dubbi e una mia teoria in merito.
- Cioè?
- Penso che l’Anticristo sia uno, quello per eccellenza, che non ha certo bisogno di inviare delegati, ma si manifesta nei secoli attraverso il pensiero che divenendo prevalente incide sulla società umana nel suo insieme con l’avvento di determinati “fenomeni”. Ad esempio il grande fanatismo che portò allo sterminio di esseri umani in nome della religione, dello stato o di un’idea: l’oscurantismo religioso, il nazionalismo che diventa patriottismo esacerbato, il bonapartismo, il modernismo, l’industrialismo, il fascismo, il nazismo, il comunismo, il capitalismo, il consumismo, tutto ciò che agisce come un verme letale e svuota agli uomini l’anima dal di dentro e ne attutisce la ragione. Questi sono gli agenti dell’Anticristo, che si manifesterà personalmente solo quando sarà venuto il suo tempo e gli uomini saranno pronti ad accoglierlo e osannarlo su tutta la terra. Ma questa è tutta un’altra storia dalla nostra e dobbiamo occuparci di questa. Qualcosa mi dice che la nostra missione del ritrovamento del Sacro Graal sta per giungere a compimento. E una volta ritrovato, le cose seguiranno il loro corso senza ulteriore bisogno del nostro intervento, così potremo finalmente riposarci per un po’ di tempo.
- Fino alla prossima missione?
- Esatto, Zeno.

Detto questo, Jovall si accese la pipa e tirò alcune lunghe boccate di fumo, disegnando poi diversi cerchi di nuvole azzurrognole nella stanza. In quel momento si aprì la porta del retrobottega ed entrò il Barone Occlavius, raggiante.
- Tutto fatto, Jovall! Ora i ragazzi arriveranno qui alla spicciolata e quando saremo a ranghi compatti Esmeraldas ci renderà edotti sul messaggio della maga Barbìsa.



23/01/2009 02:12
 
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Walko

24.

Si era fatta quasi ora di cena quando si ritrovarono tutti insieme nel retrobottega del Free Bar, il quartier generale di Jovall, compresi gli ultimi arrivi: Gariperti, RusRus, Eddy Candussi, Fiorelisa, Lady Marion J, Licantropina, Fatalinda, Jack Girisper, Beckenhaller e Don Turiddu.
Esmeraldas, Sagitt e Lola Tekila riuscirono a resistere alle domande, per evitare di dover ripetere più volte le stesse cose , finché la squadra non fosse al completo. Ne approfittarono un po’ tutti per chiamare casa, parenti e amici, rassicurandoli riguardo la loro salute. Le ferie stavano per scadere quasi a tutti, ormai il rientro era imminente e questo era un motivo in più per stringere i tempi e per sperare che la maga Barbìsa avesse dato qualche informazione decisiva sul luogo dove si sarebbe potuto ritrovare il Graal.
Si può immaginare quale fu la delusione, quando Esmeraldas rilesse davanti a tutti le misteriose indicazioni della maga e le tradusse. La prima a reagire bruscamente fu Gio:
- Ma siamo tornati al punto di partenza!
- No, non proprio – corresse LuBa – adesso sappiamo che in mezzo a noi c’è chi sa dove si trova il Calice…
- Già, lo sa – disse Prisca – ma non ricorda, anzi, nemmeno sa di saperlo se non nel suo subconscio.
- L’unico modo perché possa ricordarlo – precisò Myrna – è trovando casualmente un riferimento che gli faccia salire dal subconscio il ricordo.
- Sì, campa cavallo! – sentenziò Kate Orlandow.
- E se andassimo per tentativi – provò Kakasenno – magari leggendo tutte le parole di un dizionario finché si trova il riferimento…
- Ci vorrà molto tempo e molta pazienza… - dichiarò Archigene sconsolatamente.
- Ci vorrebbe soprattutto una gran dose di culo! – disse RobyMAD con l’impeto della gioventù.
- E poi, ammettendo che trovassimo il luogo – intervenne LucidaFollia – avete sentito cosa ha detto la maga? Solo un uomo assolutamente puro potrà materialmente recuperarlo!
- E’ vero – disse AnnaNBD – e per puro si indende che non abbia mai nemmeno dato un bacio a una donna!
- Dubito che fra noi… – sentenziò Zublinky guardandosi intorno con aria perplessa.
- Ehi – lo interruppe Uria – c’è l’angelo!

A questo punto intervenne Jovall, a spegnere l’entusiasmo del gruppo.
- No. Angelo è fuori partita. Nessuno di noi, Angelo, Zeno e il sottoscritto ha la possibilità di avvicinare il Calice. Fa parte delle regole. Noi vi abbiamo aiutati e protetti, ma adesso tocca a voi.
- Allora siamo fritti in ogni caso – disse amaramente Gariperti.
- No, un attimo – interruppe Zeno – io la sera stessa in cui Jovall ricacciò la sua immagine nello specchio, dopo la sfida se ben ricorda chi c’era, invitai una persona a giocare a carte. Facemmo piuttosto tardi e come spesso capita di notte, ci lasciammo andare a molte confidenze. Gli parlai dei miei amati vetri e del mio hobby di scalare i grattacieli per pulirli, gli dissi che non ero sposato e lì… lui confessò di non essere mai stato nemmeno fidanzato e di non avere mai avvicinato una donna in vita sua. Sto parlando di quel giovane poliziotto, com’è che si chiama?
- Percivalle, ricordo: l’agente Percivalle – rispose il Barone uscendo dal suo apparente torpore.
- Poveraccio – commentò Fiorelisa.
- No invece – riprese Zeno – è una sua precisa scelta: resterà puro e casto finché non incontrerà quella che riconoscerà come la donna della sua vita.
- Una scelta rispettabile – disse Pat Wolf.
- Certamente – fu il commento di tutti.
- E utile per noi! – aggiunse pragmaticamente Lady Marion J.
- Già, ma a parte il fatto che prima bisogna sapere dov’è il Calice – smorzò gli entusiasmi Fiore 73 – chi ci dice che l’agente Percivalle sarà disponibile a recuperarlo per nostro conto?
- Anche questo è vero – disse Blondielaura – e comunque anche ammesso che lo convincessimo di riffa o di raffa, la parte difficile, per non dire impossibile, è far tornare in mente a chissà chi fra noi dove gli è mai capitato di vedere il Calice o comunque di aver saputo dove si trova.

Un’atmosfera di grande abbattimento calò su tutta la compagnia. Resosene conto, Jovall cercò di stemperare la tristezza che si stava impossessando di tutti, lui compreso, con uno dei suoi raffinati tocchi di ospitalità.
- Amici, non è il caso di arrendersi prima di aver condotto sino in fondo la battaglia. Forse un sistema lo troveremo, magari proprio quello indicato da Kakasenno: in fondo nel vocabolario sono contenute tutte le parole, compreso il possibile riferimento che cerchiamo. Comunque si è fatta ora di cena. Prima di consumare qualcosa vi invito tutti ad unirvi con me in un brindisi al nostro incontro, che possa essere d’augurio per il buon termine della nostra missione. Per l’occasione metterò mano ad un vino davvero speciale, anche in considerazione del fatto che molti tra voi sono romani, direi la maggioranza relativa. Zeno, in cantina c’è quella riserva speciale di Frascati dell’annata 1848, vai tu a prenderne una decina di bottiglie, facendoti aiutare da Angelo. Dovete sapere che quel vino ha una straordinaria particolarità, come potrete sentire al gusto: nel momento in cui si stappa la bottiglia, anche dopo più di un secolo e mezzo come adesso, ha l’aroma e il sapore di un vino novello, per cui potremo dire di avere sorseggiato un vino nuovo di ben 154 anni or sono.
- Fantastico! – proruppe il Barone Occlavius – questo vino è stato prodotto quando ero ancora in vita, sebbene non per molto ancora!

Zeno e Angelo appoggiarono le bottiglie sul tavolo, tra lo stupore e la curiosità generale, dopodiché procedettero al brindisi. Era veramente un vino delizioso. Il Barone Occlavius, uomo di gusti raffinati e grande amante del buon vino, fra tutti era il più estasiato. Se ne versò un altro bicchiere, lo annusò, lo sorseggiò ed emise un lungo sospiro prima di esprimere tutta la sua ammirazione.
- Parola mia, in vita e in morte mai mi capitò di assaggiare una simile grazia di Dio. Eppure ne gustai di ottimo vino, specialmente dei Castelli, Genzano, Velletri, Marino ed anche naturalmente Frascati. Ricordo che proprio negli ultimi giorni di mia esistenza in vita, trovai da un oste un Frascati quasi pari a questo, tanto è vero che a causa del suo divino sapore ed anche per festeggiare ora non ricordo bene cosa, mi capitò di eccedere… il sapore, l’aroma, il retrogusto finissimo... potrei dirlo in verità… è quasi lo stesso… anzi è lo stesso. Sì, è proprio lo stesso… è… Oh, buon Dio! Ora ricordo cosa festeggiavo quel giorno!

Il Barone a questo punto finì di bere il contenuto del bicchiere, poi si sedette su una poltrona in visibile stato di agitazione e cominciò a raccontare:
- Il giorno precedente ero penetrato nelle segrete stanze della Santa Sede e avevo trafugato il sacro Calice, sostituendolo con un’imitazione. Non riuscii a prender sonno quella notte, nella locanda in Trastevere dove avevo preso alloggio pronto per involarmi fuori dai confini dello Stato Pontificio. Fissai il Calice per tutta la notte e ancora parte del mattino, e più passava il tempo più mi sentivo divorato dal rimorso per aver compiuto quel furto sacrilego per cupidigia di vil denaro del quale poi non avevo nemmeno tutto questo bisogno. Alla fine presi una decisione: capitasse quel che doveva capitare, chiesi udienza con procedura di eccezionale urgenza al Papa, il mio ruolo me ne dava la facoltà. Il Papa infatti mi ricevette, visibilmente preoccupato, dopo appena un paio d’ore, intorno a mezzogiorno. Gli confessai tutto, lo partecipai del mio sincero pentimento e gli restituii il Calice, dicendomi pronto ad affrontare la severa condanna che avrebbe ritenuto di infliggermi. Il Papa sorrise bonario, mi diede per penitenza la recita obbligatoria del Rosario per una settimana e l’ordine di fare opere di carità ad un certo numero di famiglie in difficoltà, poi, con mia grande sorpresa, mi riconsegnò il Calice con queste parole: “tenetelo voi, non c’è persona al mondo di cui possiamo fidarci di più, visti gli ultimi eventi, e stavamo giusto pensando a quali mani sicure avremmo potuto affidare la preziosa reliquia: a Roma la situazione si fa ogni giorno più difficile e pericolosa; noi stessi stiamo pensando ad un possibile trasferimento in luogo sicuro, quale potrebbe essere Ponza, nel caso in cui la situazione precipitasse e la rivolta di cui si vocifera prendesse corpo. Nascondetelo in luogo sicuro, cosicché se qualche mano animata da cattive intenzioni arrivasse sino al luogo deputato alla sua custodia, vi troverà l’imitazione che voi stesso avete posto.” Così feci, depositai il Calice in un luogo sicurissimo e compiuta questa operazione ero talmente sollevato e felice che tornato alla taverna dove alloggiavo dalla sera precedente presi la sbronza di Frascati cui accennavo prima. Avendo comprensibili difficoltà a reggermi in piedi, uscito dalla locanda che era ormai l’imbrunire per prendere un poco d’aria fresca, mi affacciai sul Tevere e sporgendomi dal ponte incuriosito da un intreccio di rami trasportato dalla corrente, vi precipitai dentro. Non sapendo nuotare stavo per soccombere ai flutti, quando un ragazzo coraggioso che passava per caso si tuffò per ripescarmi. Qualcuno mi riconobbe e mi riaccompagnò in Vaticano, dove a sua volta una Guardia Svizzera mi accompagnò nelle mie stanze, adiacenti quelle del Ministro di Sua Santità e mio superiore diretto, Sua Eccellenza Pellegrino Rossi. Ero in stato di choc e a causa di questo, quando mi risvegliai la mattina successiva, dalla mia memoria si erano cancellati i due giorni precedenti, con tutto quanto in essi accaduto: furto, pentimento, restituzione, occultamento, sbronza e malaugurato tuffo nel biondo Tevere. Solo adesso, la degustazione del Frascati d’annata mi ha riportato tutto alla mente. Il resto è noto: avendo scordato ogni cosa tentai nuovamente di trafugare il Sacro Graal, ma trovai un’imitazione al suo posto, pensai d’essere stato preceduto, acquistai la pergamena che poi evidentemente si è rivelata ‘na sòla, fui assassinato dai congiurati lo stesso giorno in cui cadde per loro mano il Pellegrino Rossi. Sicuramente Pio IX si sarà rammaricato per non essersi fatto svelare in tempo il nascondiglio della reliquia, ma tanto io sarei caduto dalle nuvole di fronte alla sua richiesta; avrà fatto compiere ricerche, che proseguiranno tuttora per ordine dei suoi successori. Ma tanto nessuno potrebbe mai trovarlo lì.
- Lì dove? – proruppe Jovall.
- In Vaticano, chiuso in un sacco, murato nella parete opposta alla finestra dalla quale ora si affaccia il Papa ogni domenica per recitare l’Angelus o il Regina Coeli nel tempo Pasquale. Vi lavorai quel giorno stesso, approfittando del fatto che sapevo che nessuno quel giorno sarebbe transitato di lì, il Papa ai tempi risiedeva al Quirinale. Feci un buco, infilai il sacco, richiusi il buco e sistemai il muro. Avevo sempre avuto l’hobby del restauro, per me fu un gioco da ragazzi.
- Dunque il Calice non è mai uscito da San Pietro? – urlò quasi Jovall, cominciando a ridere sommessamente.
- Già…

A questo punto Jovall scoppiò in una risata fragorosa e incontenibile, tra la sorpresa generale, considerando che mai più ci si sarebbe aspettati da lui, sempre così serio e spesso accigliato, una simile reazione. Parve trattenersi, riprese fiato e rivolse una seconda domanda al Barone:
- Dunque per centocinquantaquattro anni ti sei chiesto e hai cercato chi era il ladro che ti aveva preceduto, senza sapere che quel ladro… eri tu?
- Già…

Jovall questa volta si scatenò in una lunga risata atomica, piegandosi in due e lacrimando copiosamente, al punto che in breve contagiò tutti i presenti, compreso il Barone Occlavius.
Dopo cinque minuti buoni di risate, Jovall tornò serio di colpo e tracciò nell’aria un cenno energico e comprensibilissimo che invitava al silenzio. Tutti smisero di ridere e Jovall, tornato serissimo come di norma, cambiò argomento:
- Ora si tratta di predisporre un piano per recuperare il Calice. Non sarà semplice andarlo a riprendere dove si trova adesso, praticamente in casa del legittimo proprietario.
- Si potrebbe semplicemente avvisare il Papa che il calice è lì… - propose Esmeraldinhas.
- Brava! Non dovevamo recuperarlo noi e chiedere un riscatto? – intervenne RobyMad.
- Eh già…
Fu il commento generale, dopodiché calò il silenzio. Fu Van Faber a interromperlo.
- Ragazzi, ma veramente siamo intenzionati a chiedere un riscatto? Non si tratterebbe tutto sommato di un atto, oltre che illecito, anche poco onorevole e per nulla simpatico?
- E poi… - intervenne Pat Wolf – mi chiedo… mercificare così il Calice dove il vino dell’ultima cena con gli Apostoli prese le sembianze del Sangue di Nostro Signore… ricordate le sue parole? “… Allo stesso modo prese il calice, lo sollevò, rese grazie e disse ai suoi disepoli: questo è il Calice della nuova ed eterna alleanza, questo è il mio Sangue versato per voi e per tutti…” e di lì a poche ore sarebbe salito sula croce… si può scambiare per denaro un simile oggetto?
- No, in effetti… - rispose Gio.
- No, infatti – le fecero eco tutti gli amici del Club.
- D’accordo, però… - intervenne Kate Orlandow – è scocciante pensare che dopo tutte queste peripezie ci si debba fermare ad un passo dalla fine del gioco. In fondo è stata una gran bella caccia al tesoro, e adesso che quasi ci siamo…
- Sentite amici – propose LuBa Zadora – nulla vieta che portiamo al termine il gioco, come l’ha giustamente chiamato Kate. A nessuno di noi interessa arricchire, ma il divertimento a questo punto va portato fino in fondo. Cercheremo di impossessarci del Graal e poi lo restituiremo al legittimo proprietario senza chiedere alcuna contropartita. Ma almeno la soddisfazione d’essere riusciti nell’impresa, quella non dobbiamo negarcela, che dite?
- Giustooooooooo! – fu la risposta corale.
- E allora forza, studiamo un piano per il recupero del…- iniziò Jovall che fu interrotto da un rumore proveniente dalla porta del retrobottega: toc toc.
Dopo pochi attimi di silenzio qualcuno bussò di nuovo.
- Chi può essere? – si chiese più d’uno.
- Forse l’ultimo arrivato al Club che ci ha raggiunti: Anubis… – propose Sagitt.
- Ehi, ma io sono qui! – protestò Anubis, interrompendolo.
- Ops, scusa Anub, ma siamo così tanti e gli eventi sono stati così repentini che non c’è stato il tempo di presentarci e conoscerci tutti!
- E’ vero. Nessun problema…
- Già, ma chi sarà? Forse il barista? – disse Prisca.
- L’unico modo per saperlo è vedere chi è. In fondo non abbiamo nulla da temere – concluse Zeno, dirigendosi verso la porta.
Appena aperta la porta apparve nella penombra un uomo in divisa.
- E’ giunta alla Centrale di Polizia la segnalazione di un boato proveniente da questo luogo. Sono l’agente Percivalle.
- Si trattava di una risata generale – disse Jovall – stiamo festeggiando. Si unisca anche lei, Parsifal, in un certo senso la stavamo aspettando.
- Perché mi chiama Parsifal? E perché mi stavate aspettando?
- Perché lei a buon diritto fa parte della festa. Mi informava poc’anzi il qui presente Generale Van Faber che lei è stato incaricato delle indagini volte a ritrovare il Sacro Calice, perduto molti anni fa.
- Sì… è vero… ma è un incarico segretissimo.
- Non per il Generale. Ebbene: la informo che sappiamo dove si trova. Lo abbiamo scoperto per pura coincidenza, sarebbe troppo lungo da spiegare… ora, non volendo in alcun modo scavalcarla, la metteremo a parte di quanto scoperto, di modo che sarà proprio lei a recarsi sul posto per recuperare l’oggetto. Ma attenzione: data la segretezza dell’operazione tutto dovrà svolgersi nella massima riservatezza. Arriverà sul luogo domani stesso con le credenziali del Ministero della Cultura, accompagnato da un muratore, il qui presente signor Zeno De Vetri, che ha l’incarico di aprire il muro dove l’oggetto è nascosto, in un sacco; ufficialmente dentro vi saranno antiche carte e importanti documenti di proprietà della Biblioteca Lateranense, nascoste lì da uno zelante Padre bibliotecario prima dell’invasione napoleonica per preservarle da un eventuale danneggiamento. Questa è la copertura necessaria, affinché il Graal non finisca in mani diverse da quelle stabilite di comune accordo fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. Recuperato il sacco senza mostrarne il contenuto a nessuno, con la spiegazione che un’esposizione alla luce e all’aria potrebbe danneggiare irreparabilmente le antiche carte, dirà che porterà il sacco in un laboratorio adibito alla protezione del suo contenuto nel momento dell’apertura, ma in realtà si recherà in un determinato luogo dove la porterà Zeno e lì potrà estrarre l’oggetto dal sacco e consegnarlo al cardinale De Innocentiis, che è stato all’uopo incaricato segretissimamente dal Papa, che si trova in viaggio all’estero, per tenerlo in consegna segreta fino al ritorno del Pontefice stesso. Ovviamente non dovrà avvisare nessuno del suo viaggio a Roma, né stendere rapporti. Prenda un giorno di licenza e parta stanotte stessa, appena smontato dal turno di servizio. Per le spese naturalmente non c’è problema: il signor Zeno si occuperà di ogni cosa. Andrete a Roma in automobile, a bordo di una insospettabile auto civile, una vecchia 600 che in realtà è truccata e può fornire prestazioni eccezionali, compreso un sofisticatissimo meccanismo di pilotaggio automatico. E’ tutto chiaro?
- Sì, certo… chiarissimo.
- Bene. Si sieda, gusti un bicchiere di Frascati novello e intanto le spiegherò i dettagli dell’operazione.

Il giorno dopo, intorno alle 18, tutto era stato compiuto. Arrivati in mattinata a Roma, espletate velocemente le procedure burocratiche grazie alla documentazione rigorosamente autentica fabbricata con fogli di vecchi giornali dal Barone Occlavius grazie a suoi poteri illusionistici, alle 11 e 30 in punto Zeno e Percivalle uscivano dal perimetro della Città del Vaticano e si recavano in un palazzo all’Eur. Salirono all’ottavo piano ed entrarono in un appartamento ben arredato, dove trovarono ad aspettarli il cardinale De Innocentiis, con la sua aria jeratica e bonaria al tempo stesso. Nelle sue mani Percivalle consegnò il Calice, ricevendo in ringraziamento dall’anziano porporato lodi e benedizioni a profusione e anche una medaglietta vaticana riproducente Papa Pio IX, di notevole valore storico e numismatico, coniata infatti nell’anno 1850 in occasione dell’apertura dell’Anno Giubilare. Subito dopo ridiscesero in strada, raggiunsero la 600 e ripartirono immediatamente alla volta di Genova, arrivando appunto intorno alle sei di sera. Zeno lasciò Percivalle alla stazione di Polizia, raccomandandosi un’ultima volta di non lasciarsi mai sfuggire una sola parola circa quell’operazione segretissima, poi rientrò alla base, nel retrobottega del Free Bar dove lo attendevano Jovall, Angelo e tutti quelli del Club di Libere Parole, ai quali Zeno raccontò subito per filo e per segno gli accadimenti della lunga giornata.
- Come mai il Barone ritarda? – chiese Jovall – In teoria avrebbe già dovuto essere arrivato da un pezzo.
- Ha detto che voleva fare un giro per Roma e approfittare dell’occasione per salutare alcuni suoi amici fantasmi che infestano… no, cioè… che abitano in alcuni antichi palazzi del centro. Tanto fa presto ad arrivare lui: quattro salti dei suoi ed è qui.

Proprio in quel momento la porta si aprì, ed entrò nel retrobottega il cardinale De Innocentiis o, per meglio dire, il Barone Occlavius in uno dei suoi tipici travestimenti. Appena entrato che fu, gettò il sacco sul tavolo con insolito malgarbo e proruppe in un altrettanto insolito eloquio, se così si può definire:
- Fulmini e tuoni! Peste e corna! Accidenti! Miseriaccia boia! Porco di un fischietto!
- Ehi, Barone – lo interruppe Jovall – non ti sembra di usare un linguaggio poco consono all’abito che indossi in questo momento?
- Ne ho ben donde, Jovall, parola mia!
- Qual è dunque il motivo di tanta iracondia?
- Il motivo è qui, nel sacco. Eccolo qui!

Così dicendo estrasse dal sacco un calice di metallo, finemente lavorato.
- Il Graal!!! – fu l’esclamazione generale.
- Ma quale Graal! – riprese il Barone purpureo in viso non meno dell’abito che indossava – E’ una volgare imitazione! Peggio! E’ proprio l’imitazione comprata per due soldi da me medesimo al mercato di Porta Portese e poi lasciata in luogo del Calice! Da allora è la seconda volta che me la ritrovo inopportunamente tra le mani! Una vera persecuzione!
- Ma… che razza di assurdità è mai questa? – disse Jovall, letteralmente trasecolato.
- Vattelapesca! – urlò il Barone-cardinale, ormai incontenibile nella sua ira.
Gio nel frattempo prese tra le mani il sacco e lo rovesciò.
- Guardate! C’era una busta nel sacco, insieme al calice. Apriamola! Forse contiene la chiave del mistero.
- A me! – disse Jovall, che aprì la busta e ne estrasse una lettera scritta in bella grafia, ingiallita dal tempo, che cominciò a leggere ad alta voce – “Caduto per mano assassina colui che deteneva il segreto del nascondiglio, per un certo tempo disperammo di ritrovare la Santissima Reliquia, sino a che durante alcuni lavori di restauro inavvertitamente crollò un lembo di muro e quivi fu come per miracolo ritrovata. Pensando che non v’è in genere nulla di meno violabile d’un segreto e che dunque in futuro si doveva tenere per probabilissima la scoperta del nascondiglio da chi avrebbe potuto pensare di recuperare il Calice perduto per trarne qualche vantaggio meramente materiale a danno della Santa Sede, o addirittura da qualche mano sacrilega spinta da orribili intenzioni, come addirittura la distruzione del Sacro Oggetto, decidemmo di depositare lo Stesso in luogo veramente inaccessibile e sconosciuto a tutti se non al Sommo Pontefice in persona che avrebbe tramandato ai Successori l’indicazione del luogo medesimo tramite busta sigillata e intoccabile da altre mani, pena la scomunica, celando nel medesimo tempo sotto segreto inviolabile il ritrovamento miracolosamente avvenuto. Infine, deliberammo di sostituire il Santo Calice con la sua emitazione, non più nella teca della stanza che lo aveva ricoverato negli ultimi tempi in luogo dell’Originale, ma nello stesso sacco murato nel medesimo luogo del ritrovamento, insieme a questa lettera, di modo che chi nel futuro fosse venuto in qualsiasi modo a conoscenza del segreto del fu Barone Occlavius Di Curtius-Pignus-Telium, violando il nascondiglio da lui escogitato non vi avrebbe trovato il Sacro Oggetto, bensì il nostro paterno saluto e le nostre numerevoli, ovvero sia copiose benedizioni, ergo diversamente definendole: benedizioni in copia. Firmato Pastor Pastoribus Pius IX”.
- Eh già – disse sconsolato il Barone – copia come abbondanza e copia come imitazione dell’originale. Lo sapevate che Papa Mastai Ferretti, Pio IX, era anche un appassionato di enigmistica, sciarade e giochi di parole?





Gio Girisper & Walko

25.

Gio aprì gli occhi in quel momento, ancora con la voce del Barone nelle orecchie, tanto che gli rispose: “no, non lo sapevo”. Solo a quel punto si accorse di trovarsi nel suo letto e di aver fatto quello strano sogno. Pensò che se ne sarebbe potuto trarre un racconto, un romanzo, un film o qualche cosa di simile. La prima cosa che le venne in mente fu di correre al telefono. Compose il numero.
- Pronto?
- Walko, sei tu? Sono Gio. Sai, ho fatto un sogno incredibile!
- Aspetta… il Sacro Graal, Jovall, il fantasma del Barone, l’uomo dei vetri ed il suo Angelo custode; e tutti gli amici di Libere Parole.
- Come fai a saperlo?
- L’ho sognato anch’io. Volevo scriverne qualcosa al Sito, sono entrato e… lo avevano già raccontato, e altri avevano confermato. E ogni minuto che passa qualcuno aggiunge un reply: “l’ho sognato anch’io!” Gio…
- Sì?
- Questo sogno lo abbiamo sognato tutti.


FINE


http://raccoltadelleopere.yuku.com/topic/451/t/ALLA-RICERCA-DEL-SACRO-GRAAL-3.html
















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