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Pete

Ultimo Aggiornamento: 04/11/2007 18:39
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02/10/2007 21:37
 
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Pioveva. Completamente bagnata camminavo tranquilla lungo le strade addormentate, l'ombrello in inghilterra è inutile.
Iniziavo a conoscere bene le strade, gli edifici, l'odore dell'aria, le voci della città...
Mi accesi una sigaretta e mi allacciai il giubbotto di pelle marrone scuro che mi piaceva tanto, le allstar logore evitavano abili le pozzanghere, come se da sole sapessero la via, Morrissey cantava malinconico una vacchia canzone e quasi senza accorgermene scesi le scale del sottopassaggio, mi inquietava sempre un po' passare di lì, ogni mattina c'era puzza di piscio e di vomito.
Mi fermai un secondo e misi in pausa l'ipod, gli accordi di una chitarra mi fecero sobbalzare, niente tizi ubriachi e molesti quel giorno, forse solo un barbone menestrello...lentamente avanzai e svoltai la curva, a terra seduto con la schiena contro il muro coperto da fluorescenti graffiti rovinati dall'umidità, c'era un ragazzo, le gambe lunghe e magre strette nei jeans sporchi si allungavano pigre sul pavimento, le dita sottili e bianchissime della mano sinistra si muovevano abili sui tasti della chitarra, il capo chino sulle corde dello strumento....quando realizzai di essermi bloccata a guardarlo si accorse di me e alzò lo sguardo, aveva il viso di un bambino, grandi e rotondi gli occhi neri entrarono prepotentemente nei miei, feci un passo indietro, lui sorrise senza guardarmi e si scostò i capelli bagnati dalla fronte; ero ipnotizzata, qualcosa di lui mi attraeva profondamente, non riuscivo a muovermi, me ne stavo lì ferma, come in attesa che succedesse qualcosa, e successe. Si sentirono giungere dei passi
dalla parte opposta del sottopassaggio, un altro ragazzo arrivò, sembrò non vedermi nonostante me ne stessi lì di fronte a lui imbambolata, era un ragazzo splendido, portava i capelli corvini lunghi, i lineamenti delicati, indossava un giubbotto di pelle nera un maglioncino verde bottiglia e pantaloni neri strettissimi, sembrava una rock star romantica...dopo un tempo che sembro infinito si voltò verso di me e come disgustato mi rivolse uno sguardo di disprezzo...mortificata corsi via come se mi fossi svegliata da un sogno.

La giornata passò velocemente, continuò a piovere per tutto il pomeriggio, verso sera fece capolino il sole proprio prima di iniziare a tramontare, salutai Andrea e Simon e mi incamminai; decisi di prendere la strada più lunga, per Abbey Park, evitando il sottopassaggio, scelsi una panchina vicino al laghetto e mi sedetti a pensare...pensai a mia sorella, a Fra, alle mie amiche...erano così lontani...ormai non li vedevo da un mese, eppure stavo bene, a dire la verità questo mi faceva quasi sentire in colpa, era una fuga la mia? No, forse avevo solo bisogno di conoscermi un po', di passare del tempo con me stessa, con me e basta.
Un sorriso mi si fece largo timido sul viso, feci per raccogliere la mia borsa pronta ad andarmene, peccato che la borsa stesse già oscillando davanti a me retta da un ragazzo che impiegai qualche secondo a riconoscere...era lui, il ragazzo del sottopassaggio. Mi sorrideva, era un'espressione strana la sua, un'espressione così serena che non sembrava poter appartenere a un essere umano, era la serenità di chi non vive qui, di chi non conosce le atrocità e la depressione, la serenità di un bambino... Incerta gli sorrisi di rimando e insieme imboccammo la strada per l'uscita del parco, camminavamo vicini, lui canticchiava e di tanto in tanto mi sfiorava i capelli, non parlammo.
Arrivati al ponte svoltò con me a destra precedendomi, come sapesse la strada, per la prima volta notai i particolari dei viali, le insegne dei pub, i fiori nei giardini, la musica proveniente dalle case, le voci dei bambini che giocavano dietro l'angolo...era tutto meravigliosamente, chiaro, bello, semplice.
Giunti davanti a casa mia mi baciò, fu un bacio lieve, sottile e delicato, come un soffio di vento tiepido...dalla tasca si sfilò dei fogli ingialliti e macchiati piegati in quattro e me li porse, sorrise con quel suo sorriso magico e se ne andò.
Non lo vidi più.
Seppi il suo nome dalle sue poesie, scritte con una calligrafia di caratteri stretti e confusi eppure perfettamente armonici...Pete.
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