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SILENZIO NEL RUMORE

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2006 00:20
20/11/2006 00:10
 
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SILENZIO NEL RUMORE



La giovane donna era lì, seduta su uno dei divani rossi della balera; vestita di viola scuro, capelli biondi, curata, ordinata, pochi gioielli, un viso scolpito dal broncio che nemmeno un finto sorriso accendeva gli occhi.

Guardava gli altri ballare, la consueta manfrina dell'uomo che gira e rigira per poi fermarsi presso una che già aveva adocchiato; poi i due, in tacito accordo, si abbracciavano tra le luci basse della discoteca.

Nemmeno aveva voglia di parlare con le amiche, parlare di che? loro erano impegnate con i loro amanti, tutti sposati, che rubano un attimo di giovinezza e di trasgressione alla famiglia intoccabile. Era la regola del gioco.

- Ci stai, dopo? Bene, allora balliamo, altrimenti nemmeno ti guardo, fai la preziosa, chissà chi credi di essere -
sapeva che erano questi i pensieri che galleggiavano attorno a lei.
Nemmeno questo era di vitale importanza per lei.

Usciva per non rimanere sola in casa, per non passare un'altra volta attraverso il tunnel della depressione, ma questo era il prezzo che doveva pagare: sola, pure se in mezzo ad una folla variegata di umanità.

- Che faccio qui? -
si chiedeva, la musica che suonavano non la sentiva, la mente altrove, persa nel passato, a contare gli errori commessi, i torti subiti, l'amore che l'aveva consumata, rinnegato dagli uomini che le giuravano fosse per sempre.

Donne, quante donne, troppe donne, truccate vistosamente, discinte, seni, gambe, cosce in mostra, come vacche pronte all'ispezione, ecco lei si sentiva così, e tentava di allungare la già lunga gonna, di rendersi piccola per non farsi notare; una sigaretta dopo l'altra per farsi coraggio ed aspettare che un'altra notte passasse, per poi tornare a casa più dolorante di prima. Nessuno che indagasse cosa esisteva oltre quel viso, quegli occhi tristi e chiari, quell'abito firmato; apparenza, contava solo ciò che si vedeva, tutte ballavano, giovani e anziane con un unico comun denominatore: erano disinvolte, mezze nude, disponibili.

Lei no, non voleva buttare la propria dignità tra quelle mani di uomini che volevano solo il corpo per una notte, noooo, per 10 minuti, magari in macchina, in un posto appartato del parcheggio, per poi raccontare agli amici che lui "se l'era fatta" e lasciarla lì per cercare altre avventure di sesso.
No, pensava, non sono costretta a rimanere qui, sto piangendo; troppo silenzio dentro, tra questa musica che non arriva al mio dolore e non lo assopisce nemmeno. Così, senza dire nulla, ombra nella notte, prese la sua auto e si buttò oltre il parapetto della sopraelevata.

"Tragico incidente, forse un colpo di sonno" titolarono i giornali il giorno dopo.
Lei aveva lasciato il mondo, in silenzio, così come lo aveva attraversato.








Fiore - sentire un albero crescere è la musica che più amo.

[Modificato da redattore1 23/11/2006 20.58]

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20/11/2006 13:41
 
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Un epilogo drammatico ad una solitudine che toglie la vita. [SM=x142922] Sempre bravissima!
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20/11/2006 20:05
 
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Il finale mi ha colta impreparata.
Capisco il punto di vista della tua protagonista
anche se non lo condivido del tutto.
L'aspetto che hai analizzato è qualcosa d tangibile
ma forse basterebbe guardarlo con altri occhi.
Certo il risvolto drammatico presuppone un disagio
legato anche ad altre cose.

Questo senso di estraneità in mezzo alla folle
è una sensazione che conosco molto bene.
All'inizio mi angosciava, ora è il mio punto di forza.

Ho risposto al tuo commento alla mia Samarcanda.
21/11/2006 00:20
 
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Esagerando è la storia della mia vita.

Ora, visto le malattie a grappolo che mi hanno colpito, non frequento più quell'ambiente che non è il mio. [SM=x142946]






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