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<b>GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE</b>

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2006 22:42
21/11/2006 14:10
 
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Violenza alle Donne. Ferita planetaria

La violenza contro le donne è un ferita planetaria: in ogni angolo della terra una donna su tre subisce almeno una volta nella vita abusi da parte degli uomini. Questo è quanto emerge dal recente rapporto dell’Onu sulla “violenza di genere”, che ha denunciato fra l’altro la totale assenza di leggi punitive per violenti e stupratori in ben 192 stati del mondo.


Solo 89 Paesi infatti dispongono di una legislazione mirata a punire le violenze sulle donne. Sono dati estremamente preoccupanti, tristemente confortati dai numerosi episodi di violenza sessuale accaduti nelle ultime settimane nella capitale, che hanno fatto gridare come ancora una volta all’emergenza. Quella che i media percepiscono come un’escalation di violenza, confrontata su scala planetaria e a ben vedere dai dati, è una condizione di assoluta normalità. I mezzi di comunicazione finiscono però per occuparsi di simili episodi solo dopo un loro prepotente exploit, la violenza è analizzata, commentata e sviscerata solo quando si ripete nell’arco di pochi giorni e si concentra in una determinata zona, finendo nel dimenticatoio con il passare del tempo. Sono però le violenze che non fanno notizia, quelle che non vengono portate allo scoperto dai media, a dare l’idea della reale dimensione di questo fenomeno. Si dovrebbe parlare infatti di “emergenza permanente”, visto che gli abusi sulle donne sono all’ordine del giorno, perpetrati nella maggioranza dei casi fra le mura domestiche per mano di familiari. Mariti e amanti sono i carnefici per eccellenza: il rapporto Onu sottolinea che il 40 –70 per cento delle donne muore per mano dei propri partner. Se esiste una violenza “contestuale”, legata cioè a pratiche religiose e atteggiamenti patriarcali propri di determinate culture, osservando il fenomeno nella sua globalità sembra che non lo si possa connotare geograficamente, socialmente o culturalmente. Sicuramente la mutilazione genitale, i matrimoni forzati, i delitti d’onore o quelli collegati alla dote sono crimini propri di certi paesi e culture del mondo, ma anche nel civilissimo occidente la donna subisce continuamente soprusi, basta pensare che un quarto degli stupri viene commesso proprio nei paesi industrializzati. Identificare lo stupratore di turno con un marginale, un incivile, un immigrato o una persona deviata forse è molto più rassicurante che chiedersi realmente il perché di tali gesti: consente infatti di addossare la colpa a qualcuno che riteniamo “diverso” da noi, consentendoci una rimozione delle responsabilità collettive e rendendo episodica e quindi “straordinaria” la violenza. Se invece pensiamo che il violentatore è un cittadino qualunque, magari di ceto medio, che agisce fra le pareti di casa, ecco che crollano tutte le nostre certezze. Per questo assumono enorme rilevanza i dati e le statistiche raccolti dall’Onu, perché permettono di smascherare i luoghi comuni, primo passo per reagire a questa spirale di violenza. Colpevolizzare le vittime, identificarle come persone fragili o compiacenti è un altro modo per non affrontare un problema che, indubbiamente, è sintomo del malessere profondo della società e dell’immaginario sessuale contemporaneo. La violenza nei confronti delle donne, che sia scatenata da gelosia o da possessione, implica una profonda riflessione sulle relazioni fra i due sessi, o meglio sull’assenza di rapporti, sulla visione, spesso strumentale, che gli uomini hanno del sesso femminile, e anche sulle responsabilità di una società che crea sempre più esclusioni. Nei paesi meno sviluppati, invece, gli abusi ai danni delle donne sono spesso così insiti negli usi e nei costumi, da non essere a volte neppure percepiti come tali dalle vittime. Nei contesti di guerra lo stupro finisce per essere un modo come tanti per fiaccare il nemico, tanto che nel ’98 il tribunale internazionale dell’Onu, chiamato a giudicare il genocidio dei Tutsi in Ruanda, lo ha riconosciuto un “crimine di guerra”. In Italia la pena per chi commette stupro è la reclusione dai 5 ai 10 anni, e dai 6 ai 12 anni con le aggravanti, ma le sentenze emesse nel tempo dalla Cassazione non sempre hanno tutelato le vittime, facendo infervorare spesso l’opinione pubblica. L’ultima, pronunciata qualche settimana fa, ribalta completamente le precedenti: stabilisce che l’intraprendenza sessuale di una minorenne non rende il reato di violenza carnale meno grave. E’ una sentenza importante, in controtendenza con le precedenti, quella dei jeans attillati, emessa nel ’98, che non riconosceva lo stupro nel caso in cui la vittima avesse indossato jeans stretti, difficili da sfilare senza l’aiuto della donna, quella dello scorso febbraio che ammetteva una minor gravità del reato se la ragazza aveva già avuto esperienze sessuali, e la penultima, pronunciata nell’estate, che non considerava stupro il rapporto sessuale iniziato con il consenso della ragazza ma non interrotto su sua richiesta. Anche se molti pensavano fosse scontato, la Cassazione ha chiarito che nessun atteggiamento provocante, ancor di più quella di una minorenne, giustifica la violenza carnale. Decisamente un passo avanti.

Linda Fineschi
23 ottobre 2006

Citazione da: www.7magazine.it/news2006/n008/societa-violenzadonna.asp

[Modificato da Cobite 21/11/2006 14.28]

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