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La Rabbia e l'Orgoglio (The Rage and The Pride) di Oriana Fallaci

Ultimo Aggiornamento: 04/11/2006 23:30
28/09/2006 02:20
 
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Non scoraggiò per niente gli altri arrogantissimi ospiti della città: gli albanesi, i sudanesi, i bengalesi, i tunisini, gli algerini, i pakistani, i nigeriani che con tanto fervore contribuiscono al commercio della droga e della prostituzione a quanto pare non proibito dal Corano. Eh, sì: sono tutti dov'erano prima che il mio poliziotto togliesse la tenda. Dentro il piazzale degli Uffizi, ai piedi della Torre di Giotto. Dinanzi alla Loggia dell'Orcagna, intorno alle Logge del Porcellino. Di faccia alla Biblioteca Nazionale, all'entrata dei musei. Sul Ponte Vecchio dove ogni tanto si pigliano a coltellate o a revolverate. Sui Lungarni dove hanno preteso e ottenuto che il Municipio li finanziasse (Sissignori, li finanziasse). Sul sagrato della Chiesa di San Lorenzo dove si ubriacano col vino e la birra e i liquori, razza di ipocriti, e dove dicono oscenità alle donne. (La scorsa estate, su quel sagrato, le dissero perfino a me che ormai sono un'antica signora. E va da sé che mal gliene incolse. Oooh, se mal gliene incolse! Uno sta ancora lì a mugulare sui suoi genitali). Nelle storiche strade dove bivaccano col pretesto di vender–la–merce. Per merce intendi borse e valige copiate dai modelli protetti da brevetto, quindi illegali, gigantografie, matite, statuette africane che i turisti ignoranti credono sculture del Bernini, roba-da-annusare. («Je connais mes droits, conosco i miei diritti» mi sibilò, sul Ponte Vecchio, uno a cui avevo visto vendere la roba-da-annusare). E guai se il cittadino protesta, guai se gli risponde quei–diritti–vai–ad–esercitarli–a–casa–tua. «Razzista, razzista!». Guai se camminando tra la merce che blocca il passaggio un pedone gli sfiora la presunta scultura del Bernini. «Razzista, razzista!». Guai se un Vigile Urbano gli si avvicina, azzarda: «Signor figlio di Allah, Eccellenza, le dispiacerebbe spostarsi un capellino e lasciar passare la gente?». Se lo mangiano vivo. Lo aggrediscono col coltello. Come minimo, gli insultano la mamma e la progenie. «Razzista, razzista!». E la gente sopporta, rassegnata. Non reagisce nemmeno se gli gridi ciò che il mio babbo urlava durante il fascismo: «Ma non ve ne importa nulla della dignità? Non ce l'avete un po' d'orgoglio, pecoroni?».

Succede anche nelle altre città, lo so. A Torino, per esempio. Quella Torino che fece l'Italia e che ormai non sembra nemmeno una città italiana. Sembra Algeri, Dacca, Nairobi, Damasco, Beirut. A Venezia. Quella Venezia dove i piccioni di piazza San Marco sono stati sostituiti dai tappetini con la «merce» e perfino Otello si sentirebbe a disagio. A Genova. Quella Genova dove i meravigliosi palazzi che Rubens ammirava tanto sono stati sequestrati da loro e deperiscono come belle donne stuprate. A Roma. Quella Roma dove il cinismo della politica d'ogni menzogna e d'ogni colore li corteggia nella speranza d'ottenerne il futuro voto, e dove a proteggerli c'è lo stesso Papa. (Santità, perché in nome del Dio Unico non se li prende in Vaticano? A condizione che non smerdino anche la Cappella Sistina e le statue di Michelangelo e i dipinti di Raffaello: sia chiaro). Mah! Ora son io che non capisco. Anziché figli–di–Allah in Italia li chiamano «lavoratori stranieri». Oppure «mano–d'opera–di–cui–v'è–bisogno». E sul fatto che alcuni di loro lavorino, non ho alcun dubbio. Gli italiani son diventati talmente signorini. Vanno in vacanza alle Seychelles, vengon a New York per comprare i lenzuoli da Bloomingdale's. Si vergognano a fare gli operai e i contadini, e non puoi più associarli col proletariato. Ma quelli di cui parlo, che lavoratori sono? Che lavoro fanno? In che modo suppliscono al bisogno della mano d'opera che l'ex proletariato italiano non fornisce più? Bivaccando nella città col pretesto della merce–da–vendere? Bighellonando e deturpando i nostri monumenti? Pregando cinque volte al giorno? E poi c'è un'altra cosa che non capisco. Se davvero son tanto poveri, chi glieli dà i soldi per il viaggio sulla nave o sul gommone che li porta in Italia? Chi glieli dà i dieci milioni a testa (come minimo dieci milioni) necessari a comprarsi il biglietto? Non glieli darà mica Usama Bin Laden allo scopo d’avviare una conquista che non è solo una conquista di anime, è anche una conquista di territorio?





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