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Cleopatra e Marco, fantasmi per legge

Ultimo Aggiornamento: 06/04/2005 21:20
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Cleopatra e Marco, fantasmi per legge (da Repubblica del 6 aprile 2005)

Cleopatra e Marco sono nati a Roma, Trastevere, e hanno sempre vissuto in Italia. Cleopatra ha 24 anni (li compie il 6 aprile, proprio oggi: auguri), Marco, il fratello, ne ha 22. Entrambi studiano e, nel tempo libero, fanno i volontari con le ambulanze del 118. Hanno gli interessi e gli hobby dei ragazzi della loro età. Cleopatra tifa per la Roma, Marco - "per via di Maradona", spiega - tiene per il Napoli.

Una vita serena e normale. Se non ci fosse un piccolo problema: Cleopatra e Marco non sono italiani. Ma non sono nemmeno cileni, come la madre, né egiziani, come il padre. Apolidi dunque? Nemmeno. Per la legge italiana è apolide "una persona che nessuno stato considera come suo cittadino in applicazione della sua legislazione". E non è il caso di Cleopatra e Marco i quali, teoricamente, potrebbero essere cileni (se si trasferissero in Cile) o egiziani (se il padre li registrasse come tali).

Il problema è che non hanno alcun motivo per trasferirsi in Cile, dove tra l'altro dovrebbero risiedere per almeno un anno e, quanto all'Egitto, il loro unico legame - a parte il nome di Cleopatra - è il padre, del quale però s'è persa ogni traccia.

Come tutti i casi di burocrazia sadica, dietro questa realtà semplicissima e triste c'è l'incontro tra un fantasmagorico groviglio di leggi e la sciatteria di qualche impiegato pubblico.

Sono trascorsi ormai cinque anni dal giorno in cui Marco ebbe bisogno della carta d'identità, andò negli uffici della circoscrizione, scoprì di non esistere. Restò molto sorpreso. Ricordava perfettamente i suoi diciassette anni precedenti ed era anche in grado di indicare diverse persone disposte a confermare la sua esistenza al mondo. D'altra parte, lo stesso impiegato che gli comunicava la notizia non aveva l'espressione turbata di chi parla con uno spettro. La sorpresa divenne sconcerto quando si scoprì che nemmeno Cleopatra esisteva.

Era successo che, al momento della registrazione, un impiegato s'era scordato che, dopo il nome, di solito c'è - anche per i figli degli egiziani e dei cileni - il cognome. E così i fratelli Ibrahim Saied - questo il cognome paterno - erano diventati Marco e Cleopatra (primi nomi), Ibrahim Saied (secondo e terzo nome per entrambi). Nella casella del cognome niente. Anzi, una X.

Per dimostrare il loro status di viventi, i due ragazzi si rivolsero all'ambasciata del Cile dove la madre aveva avuto a suo tempo la fortuna d'incontrare un intellettuale capace di distinguere un nombre da un apellido. Poterono così avviare la pratica per la correzione dell'errore. Passò un anno e anche Marco divenne maggiorenne. Evento importante per tutti, ancor di più per due fantasmi intercontinentali.

La legge, infatti, prevede che, se nati in Italia, i figli di stranieri, una volta maggiorenni, possono acquisire la cittadinanza. Devono però farne richiesta entro un anno. Inutile dire che, trascorso l'anno, la pratica per la correzione dell'errore anagrafico era ancora in corso. Così quella comoda opportunità di diventare italiani andò perduta.

Secondo una prassi amministrativa consolidata, quando la strada più semplice è sbarrata da ostacoli demenziali, se ne deve scegliere una più complessa. A Cleopatra e Marco restava quella prevista dall'articolo 1 lettera b della legge 91 del 1992 che dichiara cittadino italiano chi "è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti, o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono".

Quest'ultimo caso sembrava il loro. Fecero richiesta. Il 28 febbraio del 2003, la risposta del ministero dell'Interno: secondo la legge egiziana, il cittadino egiziano può chiedere che la sua cittadinanza sia estesa ai figli nati all'estero. Insomma, i due fratelli (che nel frattempo avevano recuperato il cognome) non avevano alcuna ragione per pretendere di diventare italiani visto che potevano diventare egiziani.

A parte il fatto che per Cleopatra e Marco, che non hanno mai messo piede in Egitto, la prospettiva non era molto diversa da quella di diventare islandesi o tibetani, c'era un ostacolo insormontabile: del padre si è persa ogni traccia da vent'anni. Che fare? Una puntata di "Chi l'ha visto?" al Cairo? La legge non si cura di questi particolari. O meglio c'è una risposta, non scritta, che scaturisce dalle circostanze: "Arrangiatevi".

E così hanno fatto Cleopatra e Marco. L'ambasciata cilena, con una forzatura a fin di bene, ha concesso ai due ragazzi un permesso di viaggio straordinario e, grazie ad esso, è arrivato un permesso di soggiorno per motivi familiari. Scadrà ad ottobre. E poi? La risposta è la solita, quella non scritta.

Dunque non allarmatevi se vi capiterà d'incontrare, per le strade di Roma, due giovani fantasmi. Adesso sapete chi sono.

(la storia di Cleopatra e Marco ci è stata raccontata dall'avvocato Francesca Vitolo del Foro di Roma)


(6 aprile 2005)

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