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NERA

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2005 17:05
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25/01/2005 16:53
 
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Allora proseguo, eh? L'avete voluto voi! Tra parentesi, i capitoli sono sette, contando il breve capitolo introduttivo.


NERA – Capitolo terzo


Prima di muovermi è bene tirare le somme, rivedere tutta la questione analizzandola punto per punto, scrivendomi tutto. Poi consegnerò i miei appunti al Commissario Biagiotti, non voglio agire in proprio, ma solo dare la mia collaborazione. Intanto bisogna vedere se fra le quattro vittime c’è qualche collegamento: di sicuro non si conoscevano fra loro, questo è stato appurato. A parte la fascia d’età che le accomuna, apparentemente non c’è altro: zone diverse, lavori diversi, ambienti diversi. Ma qualcosa in comune c’è: vivevano sole, nessuna di loro risulta avesse una relazione fissa, due erano nubili, una separata e una divorziata. Forse avevano instaurato una relazione proprio col serial killer, magari recentemente. Gli omicidi sono avvenuti a casa delle vittime, nessun segno di effrazione, evidentemente conoscevano bene l’omicida, si fidavano di lui al punto di introdurlo in casa propria anche in questi giorni, nonostante la dilagante psicosi del mostro. Tutte sono state fatte a pezzi, ma non si tratta del tipico mostro che trattiene presso di sé qualche ricordo biologico della vittima: ha lasciato tutto lì, sparso in giro. Poi c’è la storia degli orologi, ma questa è piuttosto inspiegabile. Forse vuole solo fissare l’ora dell’omicidio, ma perché poi? Le donne erano tutte nude o seminude, forse avevano appena consumato un rapporto sessuale col loro carnefice, probabilmente consenzienti; questo la polizia scientifica già lo saprà, ma quel maledetto del Biagiotti tiene la bocca cucita coi giornalisti. Diamolo pure per probabile, per quasi certo, anzi: diamolo per certo e non se ne parli più. Dovrò indagare sul campo, sentire dei conoscenti, dei vicini.
Parto dall’ultimo efferato delitto. Che poi, ci sono dei delitti non efferati? Non ho mai sentito parlare di un delitto buono, grazioso, magari gentile:
- Scusa, adesso dovrei proprio ucciderti. Hai delle preferenze, non so: accoltellata? Strangolata?
- No, strangolata no! Morire soffocati deve essere terribile…
- Hai ragione. Allora facciamo così, per non tirarla troppo per le lunghe, fare troppo rumore e troppo disordine: tu ti corichi sul letto e io ti pianto velocemente un coltello nel cuore, così muori praticamente sul colpo senza soffrire troppo. Se non vuoi vedere gira pure la testa dall’altra parte. Poi ti farò tutta a pezzi, ma tanto sarai già morta, per cui non ti accorgerai di niente.
- Oh sì, il sangue mi fa impressione. Poi anche se si sporcano le lenzuola non importa, tanto erano da lavare.
- Ti chiedo solo un piccolo favore: nel momento in cui ti pianto il coltello fra i seni dovresti sforzarti di non urlare troppo forte. Non vorrei che qualcuno potesse sentire, allarmarsi e avvisare la polizia prima che abbia finito il lavoro e me ne sia andato.
- Okey, ma fai presto che alle undici danno un film con Kevin Costner su Antenna Quarantotto e non me lo vorrei proprio perdere.
- D’accordo, lo vedrai dal paradiso. Sono già le dieci passate. Faccio subito. E’ stato un vero piacere cara, addio. E grazie per la disponibilità.
- Prego, prego: non si può rifiutare nulla quando viene chiesto con garbo.

Un delitto gentile. Non credo avvengano delitti così, non credo proprio.
Arrivo a Cornigliano intorno alle nove di mattina, spengo il telefonino, mi avvicino al palazzo. C’è una donna sulla cinquantina, corpulenta, coi baffi, che sta spazzando con una certa energia proprio davanti all’ingresso del condominio dove abitava la vittima. Ad essere precisi quando vi abitava non era ancora una vittima. Non importa. Mi avvicino alla donna, guardandola meglio mi accorgo che assomiglia vagamente a qualcuno, ma non mi ricordo a chi. Forse a Diego Abbatantuono. Lei continua a ramazzare come niente fosse, anche quando le sono di fronte; tiene una sigaretta fra i denti a un angolo della bocca, una Stop senza filtro, ogni tanto sputa per terra dall’altro angolo della bocca, mi passa la scopa sulle scarpe, dicono che se ti scopano sui piedi non ti sposi più. Chissenefrega, tanto non ho nessuna intenzione di sposarmi. Proprio mentre sto per rivolgerle la parola mi suona il cellulare. Ma non l’avevo spento? Macché, che scemo che sono, era già spento e io l’ho acceso. Vediamo chi è: Gloria, la mia ultima fiamma. Che palle, proprio adesso!
- Pronto? Amore? Scusa sto lavorando…eh? Non ti sento…non…parla adagio, scandendo le parole…la voce va e viene…
Mi dice:
- Cià…re mio, ti asp…sera…sa mia, ti prepà…netta afrodì…a base di pé…poi ci faccià…u…pata.
- Capito un belino. Il pesce? Che pe…ah, una cenetta a base di pesce, magnifico! Afrodisiaca? Sì, certo…dopo…dài, non dire ‘ste cose! Stasera non posso, facciamo domani, anzi sabato sera. Ma ti fidi a farmi venire così, di sera, a casa tua? E se fossi il mostro? Come “ma vai a cagare”? Uff…

Caduta la linea. Questa volta lo spengo davvero. Ho notato che alla parola “mostro” la donna che ho di fronte, e che continua a passarmi la ramazza sui piedi, ha drizzato lo sguardo. Si fa per dire: è decisamente strabica. La donna mi fissa dritto in faccia ora, con la testa voltata verso il lampione che sta alla mia sinistra. E’ venuto il momento di interrogarla.
- Buon giorno signora, immagino che lei sia la portiera dello stabile.
- L’addetta alla custodia, prego.
- La portiera di solito sa tutto dei suoi inquilini. Vorrei farle qualche domanda riguardo la donna assassinata due sere fa.
- L’addetta alla custodia è normale che viene a sapere tutto di tutti, anche se si fa i fatti suoi. Lei è della polizia?
- No, sono un giornalista…
- Davvero? Chi l’ha mandata? Magalli? Cucussa?
- Cucuzza…
- Ah, ma alora vado per televisione…mi facci aggiustare un po’ i capelli prima. Non mi sembra vero, quando lo dico alla mia amica Teresina crepa di invidia.

La donna ha interpretato la mia correzione del nome che ha storpiato per una risposta alla sua domanda. Ma sì, meglio così. Mi sembra meglio disposta a collaborare. Mi invita nel suo appartamento, dotato di guardiola a finestra.
- Vede dottore? Io da qui vedo tutto. Mi pagano per questo. Ma quand’è che vado in onda?
- Non si sa ancora, intanto registriamo l’intervista.
- Ma…e la telecamera?
- Eh già! E la telecamera? Ah sì! E’ incorporata qui nella punta della biro.
- Madonna, come 007! Che bell’om che l’è quel Son Cònnoli.
- Sean Connery. E’ una vita che non fa più James Bond. Ma veniamo a noi. Lei da quanto tempo fa la portiera in questo condominio?
- Io faccio l’addetta alla custodia del palazzo da nove anni.
- Quindi conosceva benissimo la vittima…
- Povera signorina! ‘Spetti che prendo il fazzoletto se no mi lacrimo tutta la faccia. Povera signorina! L’era tanto una brava persona! L’altr’anno a Natale mi ha anche dato la mancia: cinquemila lire. Un po’ taccagna. Va bhè. Però quest’anno qui non becco neanche quelle. Che disgrasia! Che disgrasia morire in quella maniera lì!
- Secondo lei, la signorina aveva una relazione?
- Io ‘ste cose qui non mi interessano e non le so e non le voglio sapere. Però…
- Però…?
- Mah, un filarino doveva avercelo. Qualche giorno prima della disgrasia aveva ricevuto un mazzo di fiori. C'era un bigliettino attaccato. Io non è che l’ho aperto per curiosare, ma sa, è il mio dovere conoscere i movimenti del palazzo, magari potevano aver sbagliato indirisso. Sul bigliettino c’era scritto: “con tanto amore, il tuo T”.
- T?
- Sì, proprio solo T. Sarà l’inisiale del nome…magari Tino, o Tonino…
- O Tazio…
- O Taddeo, Tarcisio, Temistocle…
- Tullio…
- Tagoberto…
- No, quello si scrive con la D: Dagoberto. Ma potrebbe anche solo voler dire: Tesoro. “Con tanto amore il tuo Tesoro”.
- O magari Topolone…
- Topolone?
- Mia cognata Giuseppa chiama così mio fratello: il mio Topolone.
- Che schifo... Comunque sia, è un indizio di scarsa consistenza. Fosse anche l’iniziale del nome, è probabile che l’assassino si fosse presentato con un’identità fittizia. Non l’ha vista magari in compagnia di qualcuno negli ultimi giorni?
- La sera del delitto no, la custodia chiude alle otto e mezza di sera e fino a quell’ora non era arrivato nessuno; magari quando è arrivato qui era l’ora che danno “Un posto al sole” su rete tre e poi sarà andato via tardi, che dormivo. Però un tre pomeriggi prima l’ho vista salire su una macchina con un uomo. Povera signorina…
- Ha visto l’uomo?
- Appena appena. Era un uomo normale, come tanti, come il farmacista che sta al secondo piano, come lei. La signorina era zitella, ma a dire la verità se la spassava alla grande. Io di uomini qui ne ho visti passare per così. Detto fra noi, senza malignare, la signorina doveva essere una gran porcella! Magari è stato proprio uno dei tanti che ci è stata insieme. Lo diceva sempre il mio povero marito, l’Oreste: quella lì qualche giorno finisce male, quella lì si prenderà l’oviesse.
- Il supermercato? Cosa c’entra?
- Cosa c’entra il supermercato? Dicevo la malattia. Ma siete tutti ignoranti uguali lì alla Rai?
- Di che malattia…? Ah, ho capito: l’aidiesse! Mi dice oviesse, scusi!
- Il mio povero Oreste non correva rischi da quella parte lì. Negli ultimi sette anni: niente. Nemmeno una volta. Anche prima comunque…una volta al mese quando andava bene. Povero Oreste. Mi è mancato così, un mese fa, da un momento all’altro. Un momento prima bestemmiava perché gli era andata giù la catena della bicicletta e un momento dopo era già bello che spiaccicato sotto il camion della spazzatura. Glielo dicevo sempre di lasciar perdere la bicicletta, che non ci vedeva più un belino. E sì che il camion della spazzatura è grosso!

Proprio in quel momento una vociaccia interrompe l’interrogatorio, che tra l’altro non è servito a chiarire un granché: “Ehi, di casa!”. Alla guardiola si è affacciato un uomo bruttissimo, con la barba di una settimana, enormi sopracciglia grigiastre, un naso aquilino molto pronunciato; indossa un impermeabile lacero, macchiato, tutto stropicciato, ha un’espressione torva, accigliata: veramente un gran brutto figuro. Mi verrebbe da pensare che sia proprio lui il mostro, si sa: l’assassino torna sempre sul luogo del delitto. Ma non è il mostro. E’ il Commissario Biagiotti. Mi avvicino.
- Ehi, Biagio, anche tu da queste parti?
- Mi dia del lei, Picco. A che debbo il dispiacere di averla tra le palle anche qui?
- In fondo potrei dire anch’io la stessa cosa. Faccio il mio mestiere, no? Intervistavo la portiera. Noi della “nera” siamo tutti un po’ detective.
- Voi della “nera” siete tutti un po’ stronzi, ma lei Picco è sempre un pelino più stronzo degli altri.
- Comunque dalla portiera non si cava niente, solo pettegolezzi senza costrutto. Dice che la vittima era una bagascia.
- Le donne sono tutte bagasce.
- Eddài! Ma devi sempre essere per forza cupo e incazzato? Ti lascio la portiera, è tutta tua, ma non stare a torchiarla troppo, povera donna: è rimasta vedova da poco, il marito è finito sotto il camion della nettezza urbana.
- E’ quella lì la portiera? Mi sa che suo marito ci si è buttato apposta sotto il camion. Adesso mi faccia la cortesia di togliersi dai coglioni, se no la faccio arrestare con l’accusa di essersi frapposto come ostacolo alle indagini.
- Ho scritto tutto su alcune cartelle, tutta l’intervista alla portiera e anche alcune mie riflessioni. Appena li avrò fotocopiati ti consegnerò i fogli.
- Bravo, questa è proprio un’ottima idea: spesso quando sono in giro per servizio mi capita di avere un’urgenza intestinale, mi tocca mollarla dove capita, e naturalmente non ho mai carta igienica a portata di mano. I suoi appunti saranno utilissimi.
- Ti suona un bip in tasca. Cos’è? Devi prendere una pastiglia per la pressione a quest’ora?
- No, per l’ulcera e il mal di fegato. Mi stanno avvisando che devo chiamare la Centrale. Ho pure il telefonino scarico, porca troia!
- Quando servono non funzionano ‘sti telefonini…
- Senta Picco, per una volta nella sua vita potrebbe rendersi utile. Mi presta il suo cellulare? Le pago la chiamata.
- Figurati Biagio, se mi lascio sfuggire l’occasione di essere in credito con te. Tieni, telefona pure: omaggio della ditta.
- Mmh…va bene. Le devo un favore. Faccio la telefonata nel cesso della portineria, potrei dire cose riservate e non voglio che si sentano…
- Mi sa che chiami l’amante, altro che la Centrale…
- Non ho amanti, alla larga! Mi è bastata una moglie: prima mi ha reso la vita impossibile per dieci anni e adesso mi costa cinque quarti dello stipendio in alimenti. Dopo la telefonata interrogo la racchiona. Lei esca di qui e mi aspetti fuori. Le restituirò il telefonino uscendo.
- Sì, ma non farmi aspettare troppo, c’è un venticello gelido là fuori…
- Meglio! Chissà che sia la volta buona che si becca una bella broncopolmonite, così non la vedrò per un pezzo.

Non si smentisce mai il Commissario. Nemmeno a fargli un piacere diventa non dico gentile, che sarebbe pretendere troppo, ma almeno trattabile. Però questo prestito del telefonino è un favore che dovrà restituirmi, lo tengo in tasca come un jolly e lo giocherò nel momento più indicato.
Va bhè, lo aspetterò in macchina, perché qui c’è davvero da buscarsi un accidente e non posso mettermi in malattia proprio adesso. Basta così, questo capitolo è già durato abbastanza.




26/02/2004 6.46




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