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Marino Moretti, Che vale?

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2017 07:49
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Marino Moretti (Cesenatico, 1885-1979) è poeta e narratore. “Nelle sue prime raccolte “Fraternità” (1905) e soprattutto “Poesie scritte col lapis” (1910), è evidente l’impronta di Pascoli e di poeti come A. Samain e F. Jammes, per lo stabilirsi di un tono 'crepuscolare', secondo la definizione attribuitagli da G. A. Borgese”.

“Che vale?”, componimento tratto dalla silloge “Poesie scritte col lapis”, è formato da quartine di tre ottonari ed un novenario, tutti piani. Le rime sono alternate secondo lo schema ABAB (solo tra i vv. 26-27 la rima è sostituita dall’assonanza “ombre-incombe”).

Il ritmo monotono, creato da frasi brevi, spezzate, dalla frequente coincidenza dei versi con gli enunciati, consuona con l’atonia dell’ispirazione. I giorni si allineano tutti uguali, vuoti, una patina uniforme vernicia cose ed eventi, il grigio spegne ogni colore. Domina incontrastata, invitta la noia. La stessa tragedia della vita e della morte (o della vita-morte?) è declassata a vicenda trascurabile.

Con i toni dimessi e sommessi che gli sono consueti, l’autore esprime un senso rassegnato dell’esistenza appiattita dalla ripetitività. Il passato ed il futuro, il cielo e la terra su cui fissiamo lo sguardo inerte, il dolore e la gioia, la luce e l’ombra sono altrettante suppellettili polverose di un alloggio in cui da troppo tempo nessuno entra più.

Le antitesi che intessono la lirica (odio, amore; avvenire, passato) stentano ad opporsi per allinearsi nello stanco profilo delle cose. Le anafore e le iterazioni rispecchiano il monocorde ritmo dei giorni, pallide fotocopie di un originale privo di qualsiasi originalità.

Lo scrittore è consapevole che nulla possono gli uomini, con i loro reiterati ma vani tentativi, al cospetto di una forza superiore (ciò che vorresti non vuole / quei ch’è più forte). Il destino è indifferente ed ineluttabile: incaponirsi per tentare di cambiarlo è come pensare che un alito di vento possa sradicare una quercia.

Chinar la testa che vale,
che vale fissare il sole
e unir parole a parole,
se la vita è sempre uguale?

Si discorre d’avvenire?
Si rammemora il passato?
Chi è vivo deve morire,
chi è morto è bell’e spacciato!

Poeti, dolci fratelli,
perché far tanto sussurro
se un lembo di cielo è azzurro,
se son biondi dei capelli?

Un po’ d’azzurro (che vale?)
ed un po’ d’oro, un riflesso
d’oro… Ma il mondo è lo stesso,
ma la vita è sempre uguale!

Non c’è né duolo né gioia,
non c’è né odio né amore;
nulla! Non c’è che un colore:
il grigio; e un tarlo: la noia.

Chinar la testa che vale?
Che vale fissare il sole?
Ciò che vorresti non vuole
Quei ch’è più forte, o mortale!

Non c’è né duolo né gioia,
non ci son luci né ombre:
il grigio, il grigio che incombe
sui cuori e il tarlo: la noia!

Questa è la strada del bene,
questa è la strada del male:
star troppo a scegliere che vale?
Peuh! Quella che viene, viene!


...

avalon - http://zret.blogspot.com/
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