20-11-2010 : Tanti auguri !
- Oggi' della mia muglier l'è il compleanno
e mi prestai di chitto a farle auguri,
ma subito m'accorsi il far tiranno
e di rincalzo non accettai gli abusi.
Oggi, non è un bel dì e non m'inganno,
sentendo quei segnali di cui allusi;
mi dissi: lascia star premonizioni
e prova a tastar dolce, le sue vene.
Le scrissi e dedicai:”Gioie terrene”,
nel vortice, ne lessi anche altre cinque,
si ché, la sorre, rise e si ,che dunque,
gradì, ella approvò e rise ancor.
Ma ribatte', acremente la mi sposa:
“or vedi, chi lavora e chi riposa,
e mentre, io, mi spacco e pulo casa,
lui scrive , versi scemi e sconci a iosa .”
E' allor mi confermò lo fare odiosa!
ma tutto finì li per il momento,
con sorre, ella usci, e con l'intento,
di riportar dal nido il lor figliol.
Tornò, appresto e con in braccio il bimbo
e prese per il pranzo cose buone,
si che l'umor cambio e si fece limbo
o forse per non nuocere il pupone.
Ma io, che nell'istinto ho un gran fregnone,
a tavola , pranzai e mangiai la foglia,
si, lei, di attaccar briga, aveva voglia
già ché, covava in seno un gran serpon.
Quel dolce bimbo con le antenne attente,
captò , forse più lui, tale tensione.
E infatti , povera anima innocente,
pianse, senza trovar consolazione.
Finché s'addormentò e tutto tacque.
E io, credendo, si calmate l' acque,
andai quatto quatto sul divano.
Che ancor di quella pace mi par strano.
Ma fu fugace tanta e breve tregua,
vedendo l'agitar del passeggino,
fu rotta dall'isterico bambino,
che sveglio, si dimenò e pianse ancor.
Per poco far lietar la sua animuccia ,
allora ebbi un idea, una buon visione,
porgei nelle sue mani una cannuccia
e in un bicchier di vetro: acqua e sapone.
Ma per destin crudel o sorte avversa,
il liquido gli cadde sul maglion,
e io che non volevo averla persa:
pensai: mi sa, l' asciugo con il phon.
Ed ecco ,nova pace che non dura!
E sì, che mi tradì, il mio bel figliolo:
sentendosi bagnato nel pancino,
andò dalla su mamma a dir del dolo.
O no! Disgrazia che scatenò l' ira,
che sta, a quella d' Achille a paragone.
Voci, pianti, offese, urli e grida
e tutto per un umido maglione.
Si sa, fu solo un piccolo pretesto,
a dimenar l'isterica tutta quanta,
e non perché : l' è già arrivata a gli anta
e non perché : son giunte le sue cose.
Anch'io, che di fortun ne ho ben poca
e di pazienza n'è ebbi pieno il tino,
non ressi più quello stridor dell'oca
e men ,che lei, mi domi col frustino.
Risposi a grande offese con vigore,
che dello sprecar fiato, ancor mi pento,
cercando di spiegare, che al mio fiore:
d'innaffiar la terra non avea l'intento,
Fu, tanta la tempesta e ancor mi bagna
che il foco, del vulcano mi spense, quieto,
non so ,se per timore o per vergogna,
o che il buon vicinato udisse peto.
Sta si, che per dormir il poverino ,
o forse per l'arrivo della sorre,
anch'ella si quietò un pochettino.
E poi si coccolò di Leo il cugino.
Ma mentre l'era intenta ad accudire
si lamentò, ancor, del mio operato:
“ Ho un marito co***n”, le sentii dire,
di questo, certo, non le fui grato.
Non seppi trattener più le parole,
e anch'ella, non fu tanto più cortese,
eppur non ci calmò neppur la prole
ne per i pianti lor, il tono scese.
Allora presi in braccio il mio figliol
da lei mi allontanai e dai suoi abusi,
cambiai di stanza e la porta chiusi,
ma lei cercò di aprirla con vigor
Ma io che ,sol , volea calmar il bimbo,
cercai di far uscir la disgraziata,
che dal furor si fu trasfigurata,
di contro, si, gli diedi un bel spinton.
O Povero fanciullo e che terror ?
Che ancor nulla sapea di questa vita,
vedendo quella scena troglodita,
non più riconoscendo i genitor?
Anch'ella ,poi,mi diede una zampata,
parea ,una brutta, bestia, inselvagita,
talmente fu veloce ed avventata,
che occhiali getto a terra con le dita.
Fortuna che intervenne: la Tiziana,
che nella su sorella a un grande presa
riusci ad attenuar la corda tesa,
con un po, di buon senso e di ragion.
Che pena! Ma che brutta figuraccia.
Facemmo noi agl'occhi del tesor
che ci gettava al collo le sue braccia.
Che fece: per meritare tale orror?
Ieri, della mia muglier l'era il compleanno
che festa, che baccan e che gran botti;
fu tal, la gioia che si fece danno,
tanti, nel festeggiar i piatti rotti.
Speriam, che l'ann che vien, sia più sereno!
Già io e il mio bel figliol, facciam scongiuri,
che se continua ancor tal veleno:
ciao, grazie, arrivederci e tanti auguri!
Efix
[Modificato da Cobite 10/03/2012 18:52]