LA VERA HISTORIA DI BEATRICE E DANTE
Son di Firenze, ogni meriggio, con la mia ancella, mi reco ai vespri nella vicina Chiesa.
Ogni meriggio incontro un gentiluomo che mi guarda sorridendomi, inchinandosi.
Puta bello con quel naso, ma la mia nutrice dice che l'amore verrà, se codesto messere ha dei nobili natali, si vedrà costretta a menar il can per l'aia, ossia a gettare i panni miei nell'Arno (mai che si getti lei) e riferir ai miei genitori siffatti incontri.
Certo che, a ben pensar, anch'io mi arrovello sul giovin uomo che mi si profila dinnanzi ogni dì; chi sarà, che vorrà mai da me.
Un giorno colmo di radiosa luce, mi si avvicina e dopo aver inchinato la testa sua, levando il basco, di strana foggia, m'appella in cotesta maniera:
"Madamigella Beatrice, torno testè dall'abboccamento avuto col padre suo diletto; chiesto ho la sua mano. L'onore mi fu concesso."
Il cor mi battea si che, tremando, parea spaccasse il petto.
"Se i miei diletti genitori han deciso così...." e chinai il capo, cercando di arrossire come si convien a un damigella.
Oh avrei voluto essere stretta tra le di lui braccia, vedere i suoi occhi brillare alla luce nascente della luna, sentire i suoi affannosi baci sulla mia pelle, ma costui mai non vide "9 SETTIMANE E MEZZO" e nulla potea conoscer delle smanie di una fanciulla.
Passeggiate nel giardino avito, chiacchierate troppe, però mai lui ebbe l'ardir di sfiorar la mano mia, si che mi verrebbe la voglia di dire:
"Eh su, Dante, che famo? Famolo strano; e buttate, no?"
Il poeta che era in lui, che barba che noia che barba che noia, mi scrisse un poemetto che così iniziava:
"Tanto gentile
e tanto onesta par..."
Lo mandai a tuffarsi nella fontana, non perchè non sia onesta, ma anche la gioventù ha i suoi diritti; così corsi dallo stalliere e ci rotolammo nel fieno.
Finalmente qualcuno che conosce il punto G!!!!!!
E Dante che fece? E chi se ne importa; mi maritai e vissi tra lenzuola di seta e fo l'amore quando mi pare.