Visto che si parla di Roma...
Avrei anch'io qualcosa (ma molto più amor-odioso delle vostre composizioni) sull'unica città al mondo in cui potrei immaginare di vivere... nonostante questo comporti uno stress ben al di là del sopportabile... come a pagare un pedaggio per poter attraversare Ponte S. Angelo e godere della vista che si gode da lì! Roma, madre snaturata, ma pur sempre madre, una e sola.
Mi sveglio
Mi lavo asciugo rado
Per corro dieci chilometri
E vedo Roma
Quella che mi ha accolto da bambino
Mi ha tatuato una targa sull’inguine
E mi ha appeso una campana al collo
Che mi ha adottato come figlio
E mi pascola come vitello
Nelle sue praterie asfaltate
Roma graziosa adolescente bulimica
Che non sa amarsi
Stracolma di bolo
Roma che vende se stessa
Per rincorrere i tempi
Arretrata per non perdersi
Sempre vecchia e mai saggia
La città che divide col mondo
Il suo santo patrono
Che esporta le api che la infestano
Nelle celle di borgata
Già dai tempi del Duce
Roma che non ha popolo
Roma di eremiti
In attesa del derby
Di gente cordiale
Venga, signo’, je ne faccio du’etti
E nun se preoccupi, dotto’, ce penzo io
E facce che non rivedrai mai
Che ti rubano l’aria nel bus
E la mia cella, dov’è la mia cella?
La composta bifamiliare alle porte di Roma
Io sto là e non vi conosco
E non vedo l’ora di tornare da voi.
Il conflitto può comporsi
Amo le sue vie sporche
Quello che di popolare
Rimane nel ceto medio
Fottuto onnipresente
Amo le possibilità zero
La noia di girare al centro
Tra colletti bianchi e coatti variopinti
Padri e figli accondiscendenti
A papa’, nun rompe,
A’ regazzi’, vedi de andattene
Amo perché lo stomaco è così dilatato
Da tanto quotidiano
Che se me lo tolgono si contorce
Non esiste metadone
Non c’è viaggio turistico
Estero mare
Non si scappa allo strapotere
Della metropoli trimillenaria
Non sarò il primo né l’ultimo
E calo la testa e mi inchino
Percorro dieci chilometri
E rientro in cella.
REO