poetasenzanome
00sabato 11 ottobre 2003 06:53

PARADOSSO

Con nostalgia rivado gli anni
della mia trascorsa fanciullezza,
quando io e i miei compagni,
sotto un portone rannicchiati
e con i denti che battevano
per il rigido freddo invernale,
a turno ci trasformavamo
in discreti cantastorie;
quando il companatico,
che ogni giorno accompagnava
il nostro tozzo di pane raffermo,
aveva per nome miseria;
quando colmi di gioia
ci costruivamo i balocchi
con le nostre stesse mani,
dei quali anche andavamo
fieri come non mai,
perché bastavano essi soltanto
a riempire il nostro cuore
di una felicità talmente grande
che ci sprizzava perfino dai pori.

Non c'era tempo allora
per l'indolenza e per la noia,
che in verità non sapevamo
neppure cosa fossero,
siccome in continuazione
ci dimostravamo dei vulcani
dalle inesauribili risorse,
votati com'eravamo ogni giorno,
a volte pure a tempo pieno,
ai nostri fantastici progetti,
che non potevano mai venir meno
nella nostra mente sempre sveglia;
ma quando poi gli uni
venivano da noi realizzati
e smettevano di suscitare
il nostro vivo interesse,
già ce n'erano altri in fermento
nella nostra fervida mente,
che si mostravano impazienti
di prendere il loro posto.

Oggi invece i nostri bambini,
pur disponendo di giocattoli
che oso definire da sogno,
perché loro proposti dalla magia
di un'era informatica strabiliante,
non ne sono lo stesso soddisfatti;
inoltre, qualunque gioco,
perfino il più divertente,
finiscono per prendere a noia,
subito dopo che l'hanno iniziato;
come pure detestano ogni cibo,
compreso quello che un tempo
avrebbe per noi rappresentato
una leccornia da mille e una notte!

poetasenzanome



[Modificato da poetasenzanome 11/10/2003 7.33]

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