Fermo sta il feto-poeta
preso a pugni da una madre
alla sua presenza insensibile
- meno un mese all'espulsione - .
Quasi come incastonato
è zaffiro indigesto ed immobile,
da sempre avaro di calci e giri,
(...) il parassita fungiforme.
Nemo poeta, esule in matria!
E' neo-vivente ma sembra già morto,
il suo cordone è più simile a un cappio.
Delle tenebre amico strettissimo,
avvolgenti più delle bende,
- figlio illegittimo dell'oscurità -
lui le persuase, ottime complici,
per l'evasione ormai imminente
da quell'ampolla d'acqua abissale:
"Io verrò al mondo eludendo
lo spettro visibile" - si ripeteva - .
Si contrae lo spaziotempo
claustrofobia si fa opprimente
il buco nero diventa bianco
- tao a metà del cambiamento -
la classica luce in fondo al tunnel:
subisce l'atto creativo, Lui
eterna e pura ossessione per la creazione...
Minuto di silenzio, è nato un poeta.
Dal vecchio acquario elastico
ultimato adesso è il trasloco
nel luminoso "centro malessere":
mutato è il mostriciattolo marino
in homo vitans* porfirico;
inorriditi tutti i suoi simili.
Da Disincanto e Melanconia adottato,
Nemo poeta esule in patria:
"V'è così tanta verità nella finzione
che la realtà nemmeno si sogna."
- fin da subito ne sarà conscio -
e la sua bellezza sarà dentro
gli occhi di chi non vede.
NOTE
*vitans: participio presente nominativo di "vito, as, avi, atum, are", evitare. Per approfondimento sulla natura dell'espressione da me creata, vedasi it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_evitante_di_personalit%C3%A0