Edit
(eh addirittura Dante, gli ridarò una lettura. - continuazione del racconto)
ho modificato quasi tutto il brano per motivi di metrica
...
Era notte e
tutto era nero,
in quattro presero un veliero,
come il cielo anch'esso nero
sull'onde via leggero.
In coperta, appena un cero.
Tutti e quattro col pensiero
"di vivere io spero
e vendicarmi per davvero"
Fiammella traballante, fumosa.
Caravella scricchiolante, ondosa.
Via da una fine tragica
su un'imbarcazione magica,
via da ingiusti editti,
i loro cuori battevano zitti.
Cuori di maghi,
di certezze al più un paio,
sperduti come aghi
abbandonati in un pagliaio.
Tal pagliaio, a poco a poco,
per destino prese fuoco,
prese fuoco in un agone:
dei templari una legione
dei maghi bianchi, sol carbone.
I quattro mai stanchi
non eran maghi bianchi.
Magia antica,
chi la sfida langue,
magia vietata,
magia di sangue.
Accovacciati incappucciati
discorron preoccupati,
cullati e sballottati,
dei lor tremuli fati.
«Dove stiamo andando
sballottati tra onda e onda?»
«Per lo meno stiamo andando,
per lo meno non si affonda»
«Farò un altro incantesimo,
le forze mie non lésino.
...
Vedo terre sconosciute,
le canzoni tramandate a tal riguardo sono mute»
«Un demone vermiglio
dentro me mi dà consiglio:
gran periglio è oltrepassare l'orizzonte
e fare un miglio»
«Che dovremmo fare,
forse ritornare?
Vada come vada
siam la setta della giada,
rimettiam piede nel regno
e passeranno a fil di spada,
passeranno così noi,
taglieranno gole e poi
la mia salma assieme a voi
sarà pasto d'avvoltoi».
«Non pensiamo alla città.
Chi di noi più la vedrà?
Finché non spioverà
suonerò col mio sitar.
La bacchetta in mano loro
è sol un po' di legno.
Noi con le scorciatoie,
e a volte un po' d'ingegno,
loro senza gioie
fanno a gara a chi è più degno»
...
Passarono dei giorni
dormendo sotto pelli,
loro ancora adorni
dei lor più bei gioielli.
Tenendosi le mani
sfruttarono gli arcani
e concentrandosi leggeano
le intenzioni dell'oceano.
Approdi 'sì lontani
gli aspettavano un domani.
La più giovane di essi
lasciò gli altri genuflessi,
uscì sul nero ponte
mano destra sulla fronte.
«Niente terra in vista.
Il destino, quanto dista?»
«Spero Dio ci assista»
Scherzò un'altra alle sue spalle,
dilatate le pupille nelle iridi sue gialle.
«Ci colpisca con un fulmine,
il Sommo pusillanime!
Le templari sono asine,
han demenza senza un argine»
«Guarda avanti, forse è un'isola!»
«Sarà invece una nuvola?»
«La speranza non si appisola,
evochiamo una canicola?»
«Ho poche forze, temo.
O' poter blasfemo,
ti rievocheremo
per avere un ciel sereno»
La sua anima fu il mezzo,
ne perse un piccolo pezzo,
sibilò un sussurro,
e il cielo ner da tetro e cupo rese tutto azzurro.
«A gente troppo pia
né potere né magia»
«Ma ai templari ora il tepore
in queste fredde ore
riscalda il loro cuore,
e noi dentro si muore»
«Se il destino ti fa ratto,
puoi solo farti quatto
e fare un altro patto
con quel demone matto»
Intanto i focolari
scoppiettanti dei templari
scaldavan loro i petti
nei notturni lupanari.
«Rosse le bevute,
rosse donne sconosciute,
soldi, dadi e due battute
fanno salda la salute»
«Beltà rare, quale lusso,
ora fammi un bell'inchino,
perché tu sei una plebea
e io sono valvassino»
«Lo farei da quale lato?»
«Ogni lato è l'appropriato»
Con il ventre s'agitava
con movenze sue contorte
ma in quel mentre chi bussava?
Chi bussava così forte?
«A quest'ora c'è il vassallo?!
Che riserbo dia al mio fallo!»
«In quest'orgia io non c'ero,
e dormivo se io c'ero.
Ma un veliero tutto nero
prese il largo oggi invero.
Rintana il tuo tizzone,
è questa la missione.
E adesso, presto, aria.
Sei ancora in missionaria?»
Così andò su un galeone
con un rosso suo flacone,
un flacone non di vino
ma un intruglio clandestino.
«Mari neri e rigidi,
sulle mani ho freddi lividi.
Quando unisci le tue mani
nella posa del candore,
non sai ben se stai pregando
o lottando il tuo rigore»
«Noi li prenderemo,
e in men che non si dica
torneremo al lupanare
dalla rossa nostra amica»