notturnoop9
00mercoledì 21 aprile 2004 00:00
E' un po' lunghetta, scusate... Ma mi è venuta così!
Portate pazienza nella lettura se potete...
FREEDOM (PER ALLEN GINSBERG)
I.
Ti parlerò del vento, Allen
- oh si, del vento –
di quando le corde a stento
al rutilare e scricchiolare
al molo,
come un nero suono soffrono
alle bocche di gennaio
e solitario geme, lui
e stride e
sparge il seme fra le erbe, i tronchi,
tra le mani inchiodate degli amanti.
Ti palerò del sibilo tagliente
come un lampo,
un giardino,
degli istanti ed il violino della notte.
Ti parlerò
- oh si –
ti parlerò del mare e del suo
triste abbraccio, Allen
sulle case, le scogliere,
sulla croce ed il silenzio del tuo cuore.
Ti parlerò, poi
- oh si –
ti parlerò delle navi e del Destino,
di tutte le ore a rovescio,
di uomini soli, senza
amori,
di uomini nel buio che precede le risposte.
Ti parlerò dell’alba e del suo canto
all’uscio,
degli astri, dell’oblio, dell’Universo,
ti parlerò di come il Mondo tutto ed anche il
senso
cada desolato e fragile e
distrutto,
cada in un angolo rosso e
freddo
nella distanza di un ruvido amplesso.
Poi ti parlerò del marmo, Allen
del marmo scolpito con mani
curve,
con mani sporche,
del marmo tra muri dove gli occhi
guardano
- e inopinatamente tacciono –
il palo conficcato e la tua morte.
Ti parlerò, Allen
ti parlerò del ferro e le sue sbarre
corte,
del grigio amianto,
del loro luccicare al sole splendente
di maggio
sopra i campi, i prati,
le distese sconfinate di foraggio.
Ti parlerò del mugugnare sommesso
di un vecchio
e dei suoi piedi sotto un tavolo
storto,
ti parlerò del di dentro divorato
dai tarli assurdi della solitudine.
II.
La solitudine, si
- piatti marci sulla strada,
un respiro –
poi l’alba il tramonto l’alba,
come tutta quanta una vita,
tutta quanta la vita.
Che vita?
Il cielo, forse,
si,
il cielo.
Stasera mi guarda un veliero
con le sue ali bianche,
- sogni,
pazzia,
allucinazioni-
forse il mistero del perdersi in una via
abbandonata,
scura soffitta dell’anima.
E tutta questa mia follia,
questo mio scrivere
e l’ Amore, la mia poesia,
anche ora, adesso
su questo mio letto
sfatto di pugni,
di buchi e silenzi
dalla tua stanza.
Coscienza, si
coscienza
- ma no –
anima,
anima?
E così continua la pioggia,
bagna le macchine, i binari,
le ringhiere sopra l’asfalto,
i cuori in queste città senza
Tempo.
Il Tempo, si
banalità anche dirlo
quando nel vuoto del momento
s’erge l’urlo, la materia, l’Eterno
ed il suo occhio di stelle.
Lacrime, lacrime dalle ciglia,
dalle tue labbra,
dal cielo di Aprile
- giorni passati, giorni felici -
illusioni di fiori che invano
attendono l’oltre,
l’innesto della tua folle
magia.
E quando l’estate
- quelle onde che portavano conchiglie –
era un bagno nudi
a mezzanotte
- e sospiri e sguardi -
più in dietro
- più in dietro, Allen! –
ci sono i segreti di noi,
dei nostri pensieri
perduti.
Dimmi, Allen
dimmi perchè su queste poche righe
senza colore,
su queste righe bianche
e povere,
su queste righe soddisfatte
di niente,
perchè s’agita così il mio
tremore delle cose,
il mio volere,
il mio morire nell’immenso.
Allen, volevo parlarti di tutto,
d’ogni pianto,
d’ogni misero desiderio
d’uomo,
volevo parlarti dell’orologio che si ferma
sulla parete del botto,
dell’inferno che ci portiamo
dentro
e della musica,
della musica.
E invece sono qui, Allen
con il mio manico di scopa
nell’incontro con te
- con te? –
sono con un girasole benedetto
sopra un foglio che scivola piano
nel deserto di me.
Perchè Allen,
perchè si odia, si scrive,
perchè si continua a mentire
in una danza sopra i bordi,
sopra il Male.
Allen, io non so più fermare,
fermarmi
e forse questa è la mia liberazione
dagli altri, da me,
da tutti quelli che
da ogni inconciliabile salto
si lanciano nell’orrore di un disegno.
Allen, ora qui,
sul pavimento della mia sorte
uccisa,
io stendo il tappeto
dei se, dei mai,
delle certezze, delle stoltezze,
della Verità.
Verità, Allen
toppo splendida e audace,
troppo piena
e illusa
- il sussurro della sera –
e piano piano,
quant’è lungo il piano
d’ Al di là?
Allen, qui ogni cosa confonde
e prende
e guida perde distrugge,
come il tuo raggio celeste che fugge
nel bagliore dei miei giorni,
nel mio attimo di vita che accende
la difesa della Libertà.
Vita morte vita
- Dignità –
di un albero, di un cigno,
di un piccolo ragazzo che guarda
- in bilico sul ponte, in bilico sull’attesa –
e nessun detto sulla metallica strada,
nessuno squarcio nel muro
laggiù.
Da lontano fumi, grida, veleni,
bambini fragili, bambini ai seni
delle mamme
al varco della guerra.
Allen, quant’è dura questa perla che ci portiamo
al petto,
sotto i piedi, sotto le estati e i cumuli di
sabbia.
Libertà, Allen
- Libertà!–
come un angelo, un drogato,
la pietà di Cristo sopra i nostri
cuscini.
E questi fiori te li porterò nel vento, Allen
come sempre, come alla fine,
come all’inizio,
- tutto nulla tutto –
e la tua voce a gridare dal tetto del fondo
“Freedom”,
“Freedom!”.
...Notturno...