Raggio di Sole21.
00domenica 11 marzo 2012 14:19




USO DELL'ACCENTO

Quando ci vuole e quando no

Quando si parla, l'accento si fa sentire in tutte le parole, perché tutte lo hanno, tranne rarissime eccezioni. Quando si scrive, non sempre c'è bisogno di segnare l'accento, anzi: i casi in cui è obbligatorio indicarlo sono pochi. Noi, desiderosi di cavarvi da ogni impiccio, ve li indichiamo tutti. Nello scritto, l'accento va segnato:

nelle parole tronche (cioè accentate alla fine) con più di una sillaba: La servitù emigrò in Perù;
nelle seguenti parole formate da una sola sillaba: dà, dì, è, là, lì, né, sé, sì, tè, ciò, già, giù, più, può, scià. Ma attenzione: le prime nove parole di questa lista hanno dei corrispettivi che vanno scritti senza accento. In particolare,

l'accento va messo su... l'accento non va messo su...
dà (verbo dare): Mi dà fastidio da (preposizione): Vengo da Bari
dì (il giorno): La sera del dì
di festa di (preposizione): È amico di Marco
è (verbo essere): È stanca e (congiunzione): coltelli e forchette
là (avverbio di luogo): vai là la (articolo o pronome): La pizza, la mangi?
lì (avverbio di luogo): Rimani lì li (pronome): Non li vedo
né (congiunzione negativa):
Né carne né pesce ne (avverbio o pronome): Me ne vado; te ne importa?
sé (pronome): Chi fa da sé fa per
tre se (congiunzione): Se torni, avvisami
sì (affermazione): Sì, mi piace si (pronome): Marzia non si sopporta
tè (la bevanda): Una tazza di tè te (pronome): Dico a te!

In tutte le altre parole di una sillaba l'accento non va segnato.

Nei casi di ambiguità, quando una parola si distingue da un'altra solo per la diversa posizione dell'accento, può essere utile indicarlo. Per esempio:

mi pare che àbitino qui è un bell'abitìno

l'àncora della nave non è ancóra tornato

Alcuni, quando il pronome sé è seguito da stesso e medesimo, tralasciano di indicare l'accento, perché in questo caso il se pronome non può confondersi con se congiunzione: se stesso, se medesimo. Noi, però, consigliamo di indicare l'accento anche in questo caso, e quindi di scrivere sé stesso, sé medesimo.
Per quanto riguarda la parola su, è meglio scriverla sempre senza accento: "Venite su!"
Scrivete do (prima persona del presente indicativo di dare) e soprattutto sto (prima persona del presente indicativo di stare) sempre senza accento: "Ti do ragione", "Sto qui ad aspettarti". Qualcuno mette l'accento sul verbo do, per distinguerlo dalla nota musicale: ma nessuno confonderebbe questi due do, così come nessuno confonde i due re!
La stessa indicazione vale per fa e sta (terze persone del presente indicativo di fare e stare) e per gli avverbi qui e qua, che non devono mai avere l'accento.








Apro la discussione con appunti presi dal sito dell' Accademia della Crusca

[SM=x142887]

Laura.
Cobite
00lunedì 12 marzo 2012 15:38

l'accento va messo su...


l'accento non va messo su...
 

 dà (verbo dare): Mi fastidio  da (preposizione): Vengo da Bari
 dì (il giorno): La sera del di festa di (preposizione): È amico di Marco
 è (verbo essere): Lisa è stanca e (congiunzione): coltelli e forchette
 (avverbio di luogo): vai  la (articolo o pronome): La pizza, la mangi?
 lì (avverbio di luogo): Rimani  li (pronome): Non li vedo
  (congiunzione negativa): carne pesce ne (avverbio o pronome): Me ne vado,  te ne importa?
  (pronome): Chi fa da fa per  tre  se (congiunzione): Se torni, avvisami
 sì (affermazione): , mi piace si (pronome): Marzia non si sopporta
  (la bevanda): Una tazza di  te (pronome): Dico a te!
  
Cobite
00lunedì 12 marzo 2012 15:48


Grazie Laura.

Ciao

Giancarlo
Raggio di Sole21.
00lunedì 12 marzo 2012 17:20
Grazie Cob: non ero riuscita a copiare la tabella. La questione degli accenti non è da sottovalutare e, inoltre, a volte si confonde l' accento con l' apostrofo, non trovi?

[SM=x142887]

Laura.

Violadaprile
00venerdì 13 febbraio 2015 21:46
allora perché non parlare dell'accento forte e dell'accento debole?

a parte che non sono d'accordo sul sè pronome riflessivo, che per me, da mie antiche letture, va con l'accento grave e non acuto, in quanto la pronuncia è aperta
e non sono d'accordo sul "se stesso" che non vuole MAI l'accento

e inoltre non concordo neppure sull'accentazione dei nomi "che si potrebbero confondere": non accenterei mai àncora o ancòra, sùbito o subìto, àmbito o ambìto eccetera, facendo un torto all'intelligenza del lettore e confessando una mia implicita incapacità di dare indizi sulle distinzioni

e inoltre c'è tutta la gamma delle congiunzioni subordinative, che vanno scritte con accento acuto, a parte quanto prendono una funzione sintattica di complemento (si potrebbero anche chiamare congiunzioni sostantivate):
- ti sto chiedendo perché non sei venuto
- ti chiedo il perchè
nel secondo caso la funzione di complemento oggetto è evidente e, stando ai miei poveri studi di linguistica, la perdita di funzione congiuntiva cambia anche la qualità dell'accento

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ma tornando agli accenti tonici (forti) e agli accenti atoni (deboli), si tratta di una materia importantissima quando vogliamo adottare una metrica poetica, dove spesso anche gli accenti deboli si sentono.

facciamo un esempio del tutto banale, le parole sdrucciole
proviamo a pronunciare "topico" (o qualunque altra)
se scandiamo le sillabbe notiamo che abbiamo un accento forte, che si sente, su to-
e il resto? due sillabe senza accento non stanno in piedi, quindi pronunciamole da sole e scopriamo che avremo -picò
strano vero?

in genere le parole sdrucciole hanno un accento forte sulla prima sillaba e uno debole (a cui non facciamo caso) sull'ultima
sempre

il discorso si complica con le parole bisdrucciole o più lunghe ancora

prendiamo "raggiungere" = qui abbiamo un accento forte (ma basta pronunciare per scoprirlo) sulla sillaba -giun- e un accento debole sulla sillaba -re. La parola bisdrucciola in genere si comporta come una sdrucciola, salvo che la sillaba accentata non è la prima ma la seconda.
è come se avessimo due parole unite, l'accento di una delle quali si sente e l'altro, quello debole, si sente solo se ci si fa caso. Ma non potremmo mai dire "raggiùngère", che trasformerebbe la parola in una parola piana, priva di senso.
possiamo però dire "convenire", dove l'accento tonico sta su -ni- e quello debole su con-, di nuovo sulla prima sillaba.

e con parole più lunghe come facciamo? dobbiamo spezzarle e affidarci all'orecchio.
"confidatemelo" = con (debole) fidà (forte) temelò (debole). in realtà molte parole potrebbero spezzarsi in due, in questo caso entrambe tronche.
"precipitevolissimevolmente", parola lunghissima per antonomasia, ha un solo accento forte su -men-
e poi una serie di accenti deboli, su -ci-, -te, -lis-, -me-.
La pronuncia aiuta.

Aiuterebbero di più notazioni grafiche come gli accenti usati nella poesia latina e greca, che indicano la lunga un accento forte e la breve un accento debole. ma ahimè, non li abbiamo. Bisogna dunque allenare l'orecchio, perché scrivendo di poesia gli accenti sono fondamentali anche per la metrica italiana.

Che anche quando sembra che non venga seguita, sempre aiuta a trovare il ritmo e la musicalità.
:)
Rosy.S
00domenica 15 febbraio 2015 14:53
Violadaprile, 13/02/2015 21:46:

(...) non sono d'accordo sul sè pronome riflessivo, che per me, da mie antiche letture, va con l'accento grave e non acuto, in quanto la pronuncia è aperta
e non sono d'accordo sul "se stesso" che non vuole MAI l'accento




l'accento grave è una barretta la cui estremità superiore è orientata verso sinistra \ che, posta su una vocale, indica la pronuncia della stessa con suono aperto; quando invece su una vocale c'è una barretta con l'estremità superiore orientata verso destra (accento acuto), pronunceremo quella vocale con suono chiuso.


Per quanto riguarda "se stesso" e "se medesimo", è perfettamente inutile porre l'accento (che invece è indispensabile sul pronome "sé" quando non è seguito da "stesso" o "medesimo") in quanto, quando troviamo scritto "se stesso" o "se medesimo" è impossibile confondere quel "se" non accentato con il "se" = congiunzione (che non va mai accentato)


L'accento che va posto sul pronome "sé", è sempre e soltanto acuto;
infatti la "é" va pronunciata con suono chiuso, differenza della congiunzione "se" che va pronunciata con suono aperto (come se fosse scritto "sè")

Dunque, per concludere:


es. 1) Se piove, apro l'ombrello: quel "se" si pronuncia con la e aperta, (alla barèse [SM=g27828] )

es. 2) Ha molta cura di sé: quel "sé si pronuncia con la e chiusa (diciamo alla francése [SM=g27828] )

es. 3) Ha molta cura di se stesso: quel "se" si pronuncia come nell'es. 2) e l'accento non si mette (o comunque io preferisco non metterlo, contando sull'intelligenza del lettore) in quanto non può essere, in nessun caso, confuso con un "se" = congiunzione.


Spero di essere stata chiara, esaustiva e convincente perché mi ci gioco la testa [SM=g1766470] che non c'è altra logica che questa spiegazione logica [SM=g27828]


N.B.

Riguardo all'accentare o meno parole che in base alla posizione dell'accento su una derminata sillaba o su un'altra, o che cambiano di significato a seconda se indichiamo l'accento acuto o grave su una determinata sillaba, ho fatto questa riflessione:

non sempre ciò che vale per la prosa vale anche per la poesia; mi spiego meglio:
quando leggiamo la prosa, possiamo tranquillamente soffermarci, ragionarci su e, dal contesto della frase, capire se una parola non accentata dobbiamo leggerla "àncora" o "ancòra"; se dobbiamo leggere "bòtte" o "bótte":

è chiaro che se scrivo:

gli ha dato tante di quelle botte che non si è più rialzato

leggerò la "o" di "botte" con suono aperto (come se ci fosse l'accento grave),

mentre se scrivo:

è finito il vino nella botte

anche un analfabeta sa che dovrà leggere la "o" di "botte" con suono chiuso, come se avesse l'accento grave [SM=g27827]



In poesia, invece, è preferibile sempre l'immediatezza della comprensione alla prima lettura, in modo da seguire il ritmo naturale della lettura a voce alta; quindi, in genere, non accentiamo le parole il cui significato si capisce immediatamente, ma, nel caso una parola fa senso sia in un senso che nell'altro, onde evitare confusione, è bene indicare l'accento corrispondente alla parola dal significato desiderato. Giusto per non creare equivoci e un0eventuale rilettura, perché ripeto: l'immediatezza in poesia è sempre preferibile, almenno in riguardo alla costruzione sintattica.
Altro conto è invece soffermarsi sulle metafore e sulle allegorie...


(secondo me) [SM=x142860]





Nakurisch
00mercoledì 18 febbraio 2015 13:51
In questa discussione i toni sono andati abbastanza oltre. Abbiamo deciso di oscurare la parte di commenti inutile ai fini del topic, lasciando solo le risposte in cui entrambe avete espresso la vostra opinione in merito. Era il modo più democratico possibile di trattare la cosa.


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Vinum Divinum: La discussione è riaperta, contiamo sul vostro buonsenso [SM=g27811]
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