Jos de Vie, 20/07/2015 10:31:
Una poesia molto bella.
Per come la ho interpretata io, mi suggerisce un aforisma di Robert Graves che condivido in toto:
Essere un poeta è una condizione piuttosto che una professione.
Posare la penna non significa girare le spalle alla poesia.
Del resto cos’è il silenzio se non un frenetico turbinio di pensieri?
Cos’è l’immobilità se non una interminabile sequenza di tensioni?
Come l’albero spoglio d’inverno è simbolo di catalessi, ma in realtà è un brulicare di impercettibili movimenti, così il poeta che cessa di scrivere incatena la mano ma non l’anima.
Se “sei” poeta e non “fai” il poeta, renderai poesia tutto ciò che ti circonda.
Quello che voglio "fare" è credere nell'uomo.
Anche se ciò mi porta ad essere ritenuta "ingenua".
Questo non significa che io non ne sia, talvolta, così delusa e amareggiata da preferire gli animali.
Ieri osservavo delle rondini e ne ascoltavo il garrire. Che esserini deliziosi! Come la mia gatta al mio ritorno a casa. Non ha la parola, eppure a modo suo mi parla. E reciprocamente ci adoriamo.
Condivido completamente le tue riflessioni e ti ringrazio!
Bello anche il tuo aforisma finale.
Esattamente come tu dici, ci sono le stagioni anche per l'animo: non è sempre autunno e non è sempre primavera, e l'inverno è una stasi che può essere letargo, riposo, ma anche un ritrarsi per meglio riflettere o un tendere l'orecchio per meglio ascoltare e vedere nuovi particolari.
Queste mie righe possono benissimo essere interpretate nel senso di pausa, di privazione o auto-privazione, di mancanza di parole (così che il non vedere /accentui l'ascoltare /e quello che mai verbo potrà dire), ma tutto ciò quasi nella consapevolezza che al diminuire di "a" ne consegua l'aumentare di "b", e quindi non è una poesia rinunciataria in senso assoluto, anzi è dinamica, perché ciò è nella dinamica delle cose;
se ci spostiamo su un altro piano di lettura però c'è proprio un senso chge definirei ascendente (evidentemente la componente mistica rientra dalla finestra laddove chiudo la porta), perché queste righe nascono da uno stato d'animo di emozione-commozione, da un farsi piccoli e nascondersi dietro le cose che non sono cose punto e basta, ma sono animate, e quindi le percepisco come tali e la scrittura viene dopo, la scrittura è un trasfondere ciò che si sente, si avverte, si concepisce come un'orchestra di sincrone voci che infondono poesia colori musica al respiro (Chiudo il quaderno: io voglio
respirare./ La poesia la lascio scrivere / ai pioppi, che sanno far danzare i versi
/ a un semplice soffiare tra le foglie)
William dice "poema impregnado de la magia de Dios", ed è normale che uno si chieda l'origine di tutto ciò che ci è d'intorno; immaginando il bianco della pagina non scritta come qualcosa di simile alla purezza del bianco della neve senza orme, chi scrive ha quasi timore di sporcare quel bianco, che è l'assenza di parole dove tutte le parole esistono inerti prima di diventare espressioni comunicanti
(Sto a margine del foglio: nel bianco / c'è una neve di pianura / quando ancora è intatta, senza orme: / nessun passante, neppure /un gatto o un cane. //Solo il silenzio).
E' un silenzio maestoso perché è quello che percepisce quanto vi è di più alto e più intimo:
(Così ti sento, amore / e mi sei dentro, /albero che affonda le radici, /che tende i rami / alla bellezza degli sguardi, / alle labbra tenere /del sole di gennaio).
Subentra un vento metaforico, vitale, animistico, che scompiglia l'ordine per ricomporlo in forme più alte e universali (La poesia la lascio scrivere al vento,/
che scompiglia l'ordine / di queste mie parole, / e dio voglia solo che passino gli uccelli, /a beccarle tutte coi loro occhi a spillo, // per farne dei lievissimi poemi //d'inchiostro azzurro scritti con le ali).
Una poesia dunque che si mantiene in bilico su un senso di sospensione, e che quindi deve essere lieve, eterea, ma intensamente vissuta e che speravo suscitasse emozioni così come io intensamente le vivo ma senza nominarle, perché in poesia il termine "emozione" non dovrebbe esistere, perché l'emozione se la nomini la uccidi o perlomeno la inflazioni, però essa è lì, fra le cose che la evocano in modo quasi palpabile.
(Scusatemi per l'autocommento, che poi per me non è mai facile)
Grazie a tutti voi.