marta83
00sabato 9 agosto 2003 11:42
Ho sempre provato una particolare attrazione per le soffitte: grandi stanze nascoste da un velo di polvere, specchio della vita di intere famiglie, degli anni che scorrono; dei tempi che cambiano, delle mode che passano, di abitudini perse, nascoste o soppresse.
Ricordo che, da piccola, trascorrevo le prime due settimane di agosto nella casa degli zii, in campagna. Franca era, tra le mie zie, la mia preferita; vanitosa, complicata nel modo di prendere la vita, maestra: in comune avevamo solo una certa passione per la danza; eppure c’era un’intesa particolare tra noi due, che mancava tra me e le altre zie; I bambini erano la sua passione…eppure non ne aveva (per scelta,ufficialmente). Così si serviva di quelle settimane per dare sfogo al suo istinto materno represso: organizzava tantissimi giochi per me, tanto che, a volte, lo zio e papà la rimproveravano di viziarmi troppo. Ed io, troppo piccola ed ingenua per capire il perché del suo operare, mi godevo appieno quelle 15 giornate di puro divertimento. L’unico momento del giorno che non passavamo insieme era la sua ora di riposo pomeridiano; quest’ ultima coincideva con la mia unica opportunità per annoiarmi, ma io ero troppo piccola anche per questo! Così aspettavo che lei si fosse addormentata per correre su in soffitta! Era bellissimo scoprire, ogni volta, qualcosa di nuovo in mezzo a quel disordine.
Oltre alle cartacce, ai libri ormai troppo antichi e sudici, c’erano le sue scarpe anni ’60, con la zeppa altissima: al vederle ero solita considerare che era un vero peccato che non fossero più “alla moda” e che, peggio, il mio piede sarebbe stato troppo grande quando io lo sarei stata abbastanza per indossarle al suo posto; c’era la culla in cui papà aveva dormito in quella casa, ogni estate; c’era il cesto di vimini in cui, invece, avevo riposato io, protetto da una scatole trasparente resa grigia dagli anni. Poi, nell’angolino più luminoso, c’erano tutte le “cianfrusaglie” che il nonno conservava scrupolosamente, perché (questo era il suo motto) “quel che conservi, lo ritroverai al momento del bisogno”. Il nonno: my bestfriend! Lui e le sue “brutte” manie da anziano (così gli dicevano:anziano; ma per me era il più giovane della compagnia…)! Quante volte lo sgridarono per quel luminoso angolino in disordine; ma lui non pensò mai di accennare a tutto ciò che occupava la parte restante di quella grande stanza. Per questa e per molte altre ragioni, la soffitta degli zii rientrava tra le mie preferite! Seguiva la soffitta della mia compagna di giochi estiva. Si trovava al terzo piano di casa sua, cosa che la rendeva ancora più attraente, visto che, per raggiungerla, era necessario:
§ Fare in modo che sua madre non si accorgesse di noi;
§ Scavalcare il balcone senza guardare giù;
§ convincere il cane a tacere!
Superati questi ostacoli la soffitta era tutta per noi! Ricordo che la sua famiglia vi riponeva l’albero di Natale già pronto, con le palline impolverate, i fili colorati, le lampadine che noi accendevamo e spegnevamo immediatamente a causa della melodia natalizia che producevano. Un giorno, mentre giocavamo con il suo gatto che “abitava” proprio lì dentro, mi disse “sapessi dove nascondiamo I nostri oggetti preziosi!!”: da quel momento visitarla mi incuriosì ancora di più, tanto che, qualche volta, avrei voluto improvvisarmi ladro per scoprire quel loro piccolo segreto!
Il primo posto della classifica lo occupava, però, la soffitta della nonna di mio padre; vecchissima, buia: era la mia preferita, anche se sono riuscita a vederla un paio di volte, prima di lasciare la città, e solo per pochi minuti ( benché io possa assicurarvi di averne ispezionato ogni millimetro con la mia fantasia!!). Era una stanza grande, senza luce. Aveva il tetto composto da travi e grandi tavole di legno rese scure ed aride dal sole, che s’insinuava tra le fessure, creando un arcobaleno di raggi meraviglioso. Una grande stanza occupata da ogni sorta di oggetti, alcuni dei quali dormivano in quello stanzone da anni ed anni. C’erano delle vecchie macchinette adoperate, un tempo, per tostare il caffè; i nonni della lavatrice ed anche i nonni dei nonni di quest’ultima, qualche antica bottiglia di detersivo che era stata riposta lì, un giorno per caso, e lì era stata “dimenticata”; gli arnesi per fabbricare le scarpe; le tavole di ricambio usate come rete ortopedica del letto. Ma, oltre a questa grande famiglia di oggetti inanimati, aveva dimora in quella grande vecchia stanza- e questo non è frutto della mia immaginazione!- anche una cospicua famiglia di ragni ed una di gechi. Una mattina i loro antenati avevano scoperto questo posto e, dopo averlo analizzato a dovere, se l’erano pacificamente spartito ed ora vi convivevano senza arrecare alcun disturbo ai veri padroni di casa, né disturbarsi tra loro!
Qualche settimana fa sono tornata nella mia città-natale. Passando dalla casa della nonna di papà, ho avuto il piacere di riconoscere nel suo nuovo proprietario un mio vecchio amico d’infanzia (ci si definiva “compagni di quartiere”). Mi presenta alla sua famiglia, spiega alla moglie di chi sono figlia e nipote; poi lei, Claudia, una giovane donna,semplice nel parlare, va a preparare il caffè e noi raccontiamo ai bambini le nostre storielle di quando avevamo la loro età. Pochi minuti dopo, Claudia torna nella stanza in cui ci troviamo, ma senza caffè, né dolcetti. Ha tra le mani una scatola rosa che mi ricorda qualcosa…”L’abbiamo trovata in soffitta. Se davvero sei la nipote della signora Gina…credo che questa scatola sia tua!”, dice quasi sorridendo.
Troppi pensieri si affollano d’improvviso nella mia mente: “Sì…quella scatola…certo..”, soltanto queste poche parole riesco a proferire e mi sento soffocare all’improvviso e fa molto caldo all’improvviso; ho bisogno di andare via, mi serve una scusa…ecco: scusate, dimenticavo: mi si aspetta in macchina, devo andare; il caffè…la prossima volta, grazie di tutto, buona vita! Corro verso la macchina vuota, mentre loro cercano le parole per convincermi a restare.
Quando le trovano, sono già in albergo e fa sempre più caldo mentre fuori la neve nasconde le tegole rosse. Ecco, sono qui, con la mia giovinezza tra le mani…