Grazie!
Bog, la poesia sarebbe un tentativo di ragionare sull'alternativa solitudine / stare in rapporto, l'oscillazione fra il riconoscersi come figura solipsistica oppure come strettamente in connessione con altro/i. La dimensione della solitudine in realtà non è radicale perché l'immagine di riferimento sarebbe "il sol pendente ramo", il ramo in quanto tale discende dal corpo dell'albero e non si può scindere da esso, pur mantenendo un suo "percorso" autonomo, mentre le altre immagini richiamano un intreccio strutturale, piante rampicanti che esistono per vivere insieme, come unicum.
Il girasole stesso è ambiguo nel suo "solipsismo" in quanto segue i movimenti del sole, è influenzato e in connessione con altro. Quindi c'è l'ammissione di riconoscere che, sebbene non vi sia aderenza di una connessione e di un intreccio stretto, non può sussistere una condizione eremitica, scissa da ogni cosa, l'autarchia completa.
Nella conclusione si approda, perciò, a non riconoscersi pienamente con nessuna delle immagini in quanto l'io poetico ragiona nell'entroterra del deserto, e da esso può provenire solo aridità, spaccatura. L'interrogativo iniziale così cade perché il problema è più alla base, strutturale, se si ha il deserto dentro qualsiasi metafora floreale si avverte come sconosciuta, lontana, estranea. Il tentativo di riconoscimento si vanifica nel magma giallo e annichilente.
Per l'interpretazione metafisica effettivamente...Potrebbe starci. Questo "stare in connessione" lo pensavo come interazione totalmente umana ma non nascondo che in quell'elemosinare luce e tendere al cielo, non ci possa essere un qualche inconscio rimando a una dimensione ulteriore, forse anche perché ultimamente sto studiando le lettere di San Paolo... Chissà eheh
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
[Quasimodo]