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Consigli per chi scrive da poco e vuole migliorarsi

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2015 17:30
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Interessantissma "guida" alla scrittura per novizi ond'io, scrivendo da meno di un anno, mi sono abbeverato e infine, m'è risultata un po' amara per certi punti devo ammettere;uno di questi è quello sulla rima che, onestamente, condivido veramente poco. Inanzitutto non credo che sole cuore sia una rima ma una assonanza, difatti l'assonanza non ha l'omofonia completa ma solo delle vocali, come io credo che sia questo esempio. Oltretutto non ho visto citati i gradi di ricchezza della rima stessa che si desumono dalla lettera prima della vocale accentata es: mensa immensa è una rima più ricca di volo - solo. Oppure il tipo di rima stranissimo, onestamente non so nemmeno se si può difenire rima, come l'equivocatio che impera nel sonetto 18 di Petrarca, o anche nelle stanze del signor' Ambrogini quando ripete la banalissima parola trïonfo, a quanto detto qui.

Apparte questo, il punto sul quale dissento di più, è quello di questa presunta banalità di certe rime o di rime campate per aria poichè, forse in guisa troppo barocca, io ho sempre visto la rima prima come strumento ritmico(ricordo che nelle arti come in poesia è tutto soggettivissimo quindi io non ostento una verità ma bensì una opinione, una campana forse immeritevole di essere ascoltata che però è in antitesi, io credo, con la guida.SOno del resto di formazone anceschiana), musicale e poi come opportunità di rafforzare le proprie immagini o ascrivere a esse significati esistenziali(?) e, infine, non mi pare di aver' visto una spiegazione del motivo dell'orrore cagionato da sifatte rime, per altro usate,delle volte, dalla nostra migliore tradizione; insomma, dovremo rimproverare la rima carte- parte del Trapassi, o il fin troppo ridondante ira- adira, oppure il Marino quando accosta errori a cori nei suoi amori, oppure distruggere l'ode del monti, dove si segna un significativo passaggio all'oratoria neoclassica a me tanto cara, solo perchè ha osato rimare maraviglia con famiglia sul far del quarto verso? Non è forse la rima prima di tutto un espediente ritmico il quale può essere eventualmente, ma non necessariamente caricato di altri attributi, insomma, non credo che tutti vogliano creare delle stranezze, come Penna.

Sulle ripetizioni io credo valga la pena distinguere tra i vari che, anche quello accentato chè nato, io credo, inizialmente come aferesi di perchè. In questo caso, io mi chiedo, quand'è che la ripetitività diventa troppo ridondante quando ripeto un pronome relativo a distanza di due parole? Beh, mi pare ovvio, ma è ugualmente ridondante e tacciabile di disdoro accostare che in una funziona a scelta con chè i quali differiscono anche per suono? Dovremo forse aborrire l'asticcio?lasso il Lentini, allora, quando scriveva: Eo viso e son diviso da lo viso.

Un'altra perplessità , la quale mi tocca più da vicino, riguarda il lessico, difatti io credo che la padronanza di esso dipenda da quanta famigliarità una persona ha acquisito leggendo e scrivendo determinate opere volgari, forse si voleva sottolineare che in un intercalare pieno di idiomi "contemporanei" mettere un'espressione come: frali, uopo, pompe,virideo, viridario, viro, clangore etc.. sarebbe inappropriato(e qui possiamo anche lapidare Saba)?Oppure farebbe ridere se una poesia che presenta idiomi ancor' non del tutto volgarizzati come et, exemplo, fero, extinguere, extreme. Oppure rimproverare una persona che tenta di scrivere in volgare quando accenna un perfetto sincopato e altri espedienti(andonne ) molti sopravvissuti sino a Parini?Ma possiamo rimproverare se rimproveriamo gli arcaismi, io mi chiedo, anche quei nani extratemporali di laborintus? E forse crocifiggeremo chi osasse coniare o meglio( e epr la prima eprsona di certi verbi bisogna dire barbarizzare), come son solito fare, dal latino come collustro o Sido? Oppure perchè non eguire il, mi rendo conto, liberale precetto oraziano e scrivere dacrjper note ragioni ritmiche(magari anche con quella j che accomunò alievo e maestro) invece di lacrima? Onestamente, in tutto qusto, non ci vedo nulla di male.
Effetto elenco: mi limito a denotare questo: chiare, fresche e dolci acque.Non capisco che vi sia di male, buon ritmo e leggerissima musicalità che legano le varie parole: chàre, frèsche e dòlci àcque

Un ultimo sguardo va al verso: io credo che la lunghezza di un componimento spesso dipenda dal tipo e,del resto, come spero si sarà capito anche in altri punti, dallo stile, antico, moderno o contemporaneo ( antilirico e stranamente sperimentale per quanto riguarda alcuni autori). Se uno, non lapidatemi, alla propria moglie, invece che nascondersi dietro a componimenti brevi e oscuri, decidesse di dedicare un poemetto secondo i canoni classicisti( iniziando con un inno alle muse, o virgilianamente postporlo), sarebbe esso, il componimento tutto, risolvibile in 40 versi? A mio avviso, in una narrazione, sicuramente ci saranno altre insidie ove puossi invescarsi il purino che si accosta alla prima composizione, ma il pericolo del passaggio a vuoto io credo si attenui parecchio; anche se lo riscontrassimo, lo potremo forse rimproverare? Potremo forse rimproverare al Adone i passaggi descrittivi, o meglio gli affreschi descrittivi come disse Anselmi, sicuramente non necessari, ma che costituiscono ,allo stesso tempo, uno dei pregi e dei demeriti dello stesso componimento? Concordo nel mantenere per un' intera strofa la lunghezza del verso, e da classicista direi per tutto il componimento, ma accompagnerei ai versi più usati gli incipit, sopratutto all'endecasillabo ch'è il verso più vario: difatti per ogni incipit anapestico(3 varianti), dattilico(2 varianti), giambico(4 varianti), trocaico(3varianti), abbiamo ristretto il verso da QUADRISILLABO, quaternario al endecasillabo, ma credo faccia bene rammentare che partono dal bisillabo sino a giungere al dodecasillabo e oltre, in italia, mi pare si sia osato fino a un verso di 16 sillabe. Tuttavia, non è finita qui, ci sono anche accoppiamenti di versi nelle strofe piuttosto strane: nella ode ad esempio è permesso mischiare settenari con enedecasillabi, e parini ha osato anche una strofa saffica(Alla Musa), e come dimenticare i distici elegiaci del Carducci o le strofe ascelapidee? Altra importante nota, che non è stata fatta, dovrebbe riguardare l'uso di figure grammaticali quali: l'elisione, l'apocode e l'aferesi, delle figure metriche: sinalefe, dialefe, diaresi, sineresi(essenziali per comporre in versi),ricordare la nozione di assonanza e consonanza delle volte fraintesa, e arricchire i propri versi con espendienti retorici quali annominazione e poliptoto ormai morti, per i prosatori l'esistenza di due cursus ripresi anche dal Boccaccio, tornando alla poesia la metatesi, la diastole e la sua sorella, lo zeugma e, per chi è già esperto del verso, se volesse arcaizzare un po' come non potrebbe conoscere l'anastrofe,e per chi fa satira potrò ricovrare nel rocaille piuttosto che nella semplice e difficilissima da rendere ironia?
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