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APPUNTI SULLA PUNTEGGIATURA

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2015 01:51
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Citazione da: Accademia della crusca ( www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/punte... )
a cura di A cura di
Mara Marzullo

[...]

«Mentre l’inventario dei grafemi e le regole della loro combinazione è stato abbastanza stabile nel corso dei secoli, lo stesso non si può assolutamente dire per la punteggiatura» (Maraschio 1995), ma, al di là dei cambiamenti storici, ora interessa segnalare alcuni tratti dell’uso e delle norme attuali, ricordando peraltro che la punteggiatura riguarda esclusivamente l’organizzazione sintattica del testo scritto.

Il punto (anticamente punto fermo, maggiore, stabile, finale o periodo) si usa per indicare una pausa forte che segnali un cambio di argomento o l’aggiunta di informazioni di altro tipo sullo stesso argomento. Si mette in fine di frase o periodo e, se indica uno stacco netto con la frase successiva, dopo il punto si va a capo. Il punto è impiegato anche alla fine delle abbreviazioni (ing., dott.) ed eventualmente al centro di parole contratte (f.lli, gent.mo), ricordando che in una frase che si concluda con una parola abbreviata non si ripete il punto (presero carte, giornali, lettere ecc. Non presero i libri).

«Non è raro, nello scrivere moderno, l’uso del punto fermo dove una volta si sarebbero messi i due punti o anche il punto e virgola. Su ciò non possono darsi regole fisse: il prudente arbitrio dello scrittore giudicherà in ogni caso quel che convenga meglio» (Malagoli 1905: 133).

La virgola (detta nel passato anche piccola verga) ... è il segno più versatile, «può infatti agire all’interno della proposizione, ma può anche travalicarne i confini e diventare elemento di organizzazione del periodo nella sua funzione di cesura fra le diverse proposizioni» (Biffi 2002).
-Si usa, o almeno si può usare, la virgola: negli elenchi di nomi o aggettivi, negli incisi (si può omettere, ma se si decide di usarla va sia prima sia dopo l’inciso); dopo un’apposizione o un vocativo e anche prima di quest’ultimo se non è in apertura di frase (Roma, la capitale d’Italia. Non correre, Marco, che cadi). Nel periodo si usa per segnalare frasi coordinate per asindeto (senza congiunzione, es: studiavo poco, non seguivo le lezioni, stavo sempre a spasso, insomma ero davvero svogliato), per separare dalla principale frasi coordinate introdotte da anzi, ma, però, tuttavia e diverse subordinate (relative esplicative, temporali, concessive, ipotetiche, non le completive e le interrogative indirette). Le frasi relative cambiano valore (e senso) a seconda che siano separate o meno con una virgola dalla reggente: gli uomini che credevano in lui lo seguirono cioè ‘lo seguirono solo quelli che credevano in lui’ è una relativa limitativa; gli uomini, che credevano in lui, lo seguirono, ovvero ‘lo seguirono tutti gli uomini perché credevano in lui’, è una relativa esplicativa.
- La virgola non si mette: tra soggetto e verbo (se altre parole si frappongono tra questi due elementi occorre prestare più attenzione); tra verbo e complemento oggetto; tra il verbo essere e l’aggettivo o il nome che lo accompagni nel predicato nominale; tra un nome e il suo aggettivo.

Il punto e virgola (punto acuto, punto coma) segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo uso spesso dipende da una scelta stilistica personale. Si adopera soprattutto fra proposizioni coordinate complesse e fra enumerazioni complesse e serve a indicare un’interruzione sul piano formale ma non sul piano dei contenuti («il capo gli si intorbidò di stanchezza, di sonno; e rimise la decisione all’indomani mattina», A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno).

I due punti (punto addoppiato, doppio, piccolo) avvertono che ciò che segue chiarisce, dimostra o illustra quanto è stato detto prima. Serianni 1989: I 222 riconosce quattro funzioni dei due punti che sembra utile riprendere: sintattico-argomentativa (si introduce la conseguenza logica o l’effetto di un fatto già illustrato); sintattico-descrittiva (si esplicitano i rapporti di un insieme); appositiva (si presenta una frase con valore di apposizione rispetto alla precedente); segmentatrice (si introduce un discorso diretto in combinazione con virgolette e trattini). I due punti introducono anche un discorso diretto (prima di virgolette o lineetta) o un elenco.

Il punto interrogativo (punto domandativo, «che con linea sopra capo... ma tortuosa, si segna», A.M. Salvini, Prose toscane, 1735), si usa alla fine delle interrogative dirette, segnala pausa lunga e l’andamento intonativo ascendente della frase.

Il punto esclamativo (affettuoso, patetico, degli affetti, ammirativo) è impiegato dopo le interiezioni e alla fine di frasi che esprimono stupore, meraviglia o sorpresa; segnala una pausa lunga e l’andamento discendente della frase.
-I punti esclamativo e interrogativo possono essere usati insieme, soprattutto in testi costruiti su un registro brillante, nei fumetti o nella pubblicità.

I puntini di sospensione si usano sempre nel numero di tre, per indicare la sospensione del discorso, quindi una pausa più lunga del punto. In filologia, i puntini, posti fra parentesi quadre, servono a segnalare l’omissione di lettere, parole o frasi di un testo riportato (Malagoli 1912 scriveva: «se indicano un’omissione di lettere in una parola, sono tanti i puntini quante le lettere che mancano»).

Il trattino può essere di due tipi: lungo si usa al posto delle virgolette dopo i due punti per introdurre un discorso diretto o, in alternativa a virgole e parentesi tonde, si può usare in un inciso; breve serve invece a segnalare un legame tra parole o parti di parole e compare infatti per segnalare che una parola si spezza per andare a capo, per una relazione tra due termini (il legame A-B), per unire una coppia di aggettivi (un trattato politico-commerciale), di sostantivi (la legge-truffa), di nomi propri (l’asse Roma-Berlino), con prefissi o prefissoidi, se sono composti occasionali (per cui il fronte anti-globalizzazione ma l’antifascismo) e infine in parole composte (moto-raduno, socio-linguistica) in cui tendono a prevalere, però, le grafie unite.

La sbarretta serve a indicare l’alternativa tra due possibilità (scelga il mare e/o la montagna) e nelle date è usata al posto del trattino.

L’asterisco si usa per un’omissione (nel numero di tre consecutivi: non voglio parlare di quel ***) o in linguistica per segnalare che la parola o la frase non è grammaticalmente corretta o è una forma ricostruita teoricamente ma non attestata.

Le virgolette possono essere alte (" "), basse o sergenti (« »), semplici o apici (‘ ’). Alte e basse si usano indifferentemente per circoscrivere un discorso diretto o per le citazioni. Possono anche essere usate per prendere le distanze dalle parole che si stanno usando (e nel parlato si dice infatti «tra virgolette»). Possono essere sostituite spesso con il corsivo, che si usa per parole straniere o dialettali usate in un testo italiano e in citazioni brevi. Le virgolette semplici si adoperano più raramente soprattutto per indicare il significato di una parola o di una frase. In generale, sulla stampa la scelta delle virgolette è fortemente determinata dalle singole regole editoriali.

Le parentesi tonde si usano per gli incisi, in concorrenza con virgole e trattino lungo. Le parentesi quadre servono, ma assai raramente, per segnalare un inciso dentro un altro inciso composto con tonde (quindi al contrario di quanto avviene in matematica le parentesi quadre sono dentro le tonde) oppure racchiudono tre puntini di sospensione per segnalare, come già detto, un’omissione.

Infine, una raccomandazione sull’incontro tra diversi segni di punteggiatura: eventuali punti esclamativi o interrogativi vanno posti prima del segno di chiusura di parentesi, virgolette o trattino lungo (Con te non parlerò mai più! - urlò fuggendo per le scale), gli altri segni vanno posti dopo la parentesi chiusa: non vi parlerò a vuoto (se avrete la grazia di ascoltarmi), ma vi porterò prove tangibili della mia innocenza. Per le virgolette e il trattino la posizione degli altri segni interpuntivi è meno rigida e può dipendere ancora una volta da singole scelte editoriali. Sul valore di una punteggiatura ben scelta si può concludere citando G. Leopardi, che scriveva nel 1820 a Pietro Giordani: "Io per me, sapendo che la chiarezza è il primo debito dello scrittore, non ho mai lodata l’avarizia de’ segni, e vedo che spesse volte una sola virgola ben messa, dà luce a tutt’un periodo. Oltre che il tedio e la stanchezza del povero lettore che si sfiata a ogni pagina, quando anche non penasse a capire, nuoce ai più begli effetti di qualunque scrittura".

[...]


.....
[Modificato da Cobite 25/08/2013 11:07]
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Cito dall'articolo di Valeria Merola:
La punteggiatura torna di moda
L'editoria dimostra un crescente interesse per le tecniche della punteggiatura. Ne abbiamo parlato con lo storico della lingua Luca Serianni.
( www.railibro.rai.it/articoli.asp?id=344 )

[....]
Abbiamo incontrato Luca Serianni, ordinario di Storia della lingua italiana all’università di Roma «La Sapienza» e autore, tra l’altro, dei volumi dedicati a Il primo Ottocento e a Il secondo Ottocento della Storia della lingua italiana diretta da Francesco Bruni per Il Mulino, e, tra le opere più recenti, di un’Introduzione alla lingua poetica italiana (Carocci 2002) e di Viaggiatori, musicisti, poeti (Garzanti 2002).

D: Da dove nasce e come si giustifica questo rinnovato interesse per la punteggiatura? Perché si sente questa esigenza di “regolarizzazione”? Sarebbe possibile individuare una connessione con il ritorno alla scrittura introdotto dalle nuove tecnologie al servizio della comunicazione?
R: Sicuramente la scrittura si sta conquistando nuovi spazi nell’àmbito della comunicazione. Si possono comunque individuare due ragioni fondamentali che sono all’origine di questo curioso interesse rinnovato per le tecniche della punteggiatura. In primo luogo, si assiste ad una generale richiesta di addestramento alla scrittura. Ne offrono una prova i numerosi manuali che, proponendosi di educare la scrittura alla comunicazione, riscuotono un successo non indifferente nel mercato editoriale. In seconda istanza, bisogna tenere presente la situazione dell’insegnamento dell’italiano nella scuola. I programmi scolastici trascurano tradizionalmente le questioni relative alla punteggiatura, che spesso sono state subordinate ad altre esigenze. Non si può tuttavia prescindere dall’acquisizione della competenza tecnica della punteggiatura, perché la punteggiatura scandisce la gerarchia della sintassi del testo scritto.

D: A questo proposito, sarebbe interessante osservare le funzioni della punteggiatura. Lo scrittore inesperto tende ad assecondare, con la punteggiatura, i ritmi del parlato, cercando di riprodurne le pause. La punteggiatura è quindi spesso modulata sui tempi della respirazione, perdendo la sua funzione principale che è quella sintattica, di intervento sul senso della frase.
R: Sì, esatto: la punteggiatura non risponde alle pause del parlato, ma contrassegna i rapporti sintattici esistenti tra le varie parti di una frase. Si pensi al tipico errore di inserimento di una virgola tra il soggetto e il verbo, che riproduce la pausa respiratoria. Anche quando si tratti di un soggetto espanso, cioè arricchito di attributi, avverbi, complementi indiretti, il soggetto non può mai essere separato dal predicato, anche se i ritmi del parlato potrebbero far pensare al contrario. La punteggiatura serve allora a sottolineare questo legame sintattico, che trascende dalle impressioni dello scrivente. Un ulteriore esempio di intervento sul senso attraverso la punteggiatura può essere rappresentato dal capoverso. Il capoverso è infatti una sorta di “super punto”, che marca uno stacco logico – tematico molto forte.

D: Il modo di dire «non spostare una virgola» dimostra la capacità della punteggiatura di orientare il senso della frase. Esiste tuttavia un certo margine di arbitrio nell’utilizzo dell’interpunzione, in cui si possono individuare delle scelte stilistiche?
R: L’oscillazione rispetto alla norma deve sempre essere una consapevole violazione di un orizzonte di attesa. L’importante è che le infrazioni linguistiche siano condotte con una certa coscienza, ovvero che si conosca la regola che si tenta di piegare.

D: L’uso a-sintattico contemporaneo può in qualche maniera avere delle analogie con il modo anticonvenzionale di uso della punteggiatura nella poesia e nella letteratura del Novecento? Esiste un nesso tra la crisi della sintassi e quella dell’interpunzione?
R: No, non direi. Non credo del resto che la punteggiatura stia attraversando una fase di crisi. In alcuni settori essa è impeccabile: penso in particolare alla scrittura saggistica o giornalistica, che rivela una notevole attenzione per l’interpunzione. Diverso è il discorso per le scritture dei giovani, e soprattutto per quelle private. La maggior confusione nell’uso della punteggiatura si manifesta in coincidenza con l’impiego di un periodare complesso, che spesso risulta essere poco dominato. Al contrario, la scrittura giornalistica, che privilegia la paratassi e le frasi brevi, controlla efficacemente anche la punteggiatura.

D: Come si impara ad usare punti, virgole e capoversi? Esistono dei corsi specifici?
R: No, non esistono delle scuole mirate al solo apprendimento delle modalità di impiego della punteggiatura. L’unico consiglio che si può dare è di insistere sulle regole, imparando a intervenire nell’ampio margine di elasticità con cui possono essere applicate.

D: Le nuove tecnologie comunicative, nella loro scrittura svincolata dalle norme, intervengono in qualche modo sulla nostra sensibilità alla punteggiatura?
R: Non si può parlare di un’influenza diretta, perché la scrittura di mail e sms rimane confinata nel proprio àmbito. L’uso della lingua degli sms risponde a regole che valgono solo in quella sfera completamente privata e a sé stante. Lo scarto rispetto alla norma non è quindi preoccupante, perché abbastanza cosciente.

[...]

Per saperne di più: www.railibro.rai.it/articoli.asp?id=344




[Modificato da Cobite 12/06/2011 08:26]
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L'articolo nel sito originario prosegue con una beve storia della punteggiatura in Italia e altro ancora che ho trovato interessante.

Un saluto


Giancarlo cobite





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Buono a sapersi.
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Ultimamente anch'io non essendo "sommo", mi sono rivisto alcune regole grammaticali.

Ultimamete sono alla prese con l'apostrofo.

L'apostrofo dopo l'articolo indeterminativo un, uno, una

Se la parola che segue l'articolo inizia per vocale ed è maschile non c'è bisogno dell'apostrofo, perché per il maschile esiste la forma autonoma un non apostrofata.
Se invece la parola che segue l'articolo inizia per vocale ed è femminile, bisogna usare l'apostrofo, perché, in questo caso, la forma un deriva da una, dove la vocale a cade per elisione davanti ad altra vocale.
Dunque si dovrà scrivere un altro e un'altra.

In una della mie poesie, postate tempo fa scrissi:"di un estate che già ci ascolta."

A quell'articolo indeterminativo va aggiunta l'apostrofo, o sgaglio?

Vi chiedo di capire sono un povero poeta ignorante.. [SM=x142856]

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18/11/2006 21:55
 
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Estate è femminile quindi si scrive: un'estate.



[SM=x142848]
[SM=x142838] Giancarlo

- La vita scorre sempre, inarrestabile ovunque sia. Il Tempo è la sua misura, l'Amore il suo valore. (Cobite)-

[Modificato da Cobite 18/11/2006 21.59]

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27/12/2008 00:31
 
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Altro capitolo doloroso dopo la punteggiatura, l' elisione, il troncamento è l' accento. Avverbi di luogo, preposizioni, verbi in terza persona singolare, accento acuto...
L'accento è in disuso nella nostra lingua scritta ma così tremendamente importante!
[SM=x142872] [SM=x142872] [SM=x142872] [SM=x142872]

[SM=x142887]

Laura.
[Modificato da Cobite 17/07/2013 09:01]


...

Laura______Raggio di Sole21.
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Re:
Raggio di Sole21., 27/12/2008 00:31:

Altro capitolo doloroso dopo la punteggiatura, l' elisione, il troncamento è l' accento. Avverbi di luogo, preposizioni, verbi in terza persona singolare, accento acuto...
L'accento è in disuso nella nostra lingua scritta ma così tremendamente importante!
[SM=x142872] [SM=x142872] [SM=x142872] [SM=x142872]

[SM=x142887]

Laura.



E che dire del povero congiuntivo se non che è ignorato proprio da quasi tutti i politici che invece dovrebbero usarlo con più accuratezza di altri?

Giancarlo




...

- Quando le parole hanno la musica dentro e la strofa è canto, allora il pensiero è diventato poesia.-
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13/02/2015 01:51
 
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Avverbi di luogo, preposizioni, verbi in terza persona singolare, accento acuto...
L'accento è in disuso nella nostra lingua scritta ma così tremendamente importante!




beh, arrivo nuova nuova e già mi trovo in disaccordo ...
laggiú ? costassú ? lá ? maddai ... " é " voce del verbo essere terza persona singolare?

sorry, tutti questi accenti sono gravi e non acuti
e le preposizioni NON hanno accenti ....

e benché io detesti riportare citazioni, questa è della Treccani =
www.treccani.it/enciclopedia/accento-grave-e-acuto_%28Enciclopedia_dell%27Ital...



perché la scrittura di mail e sms rimane confinata nel proprio àmbito.



a proposito, ambito si scrive senza accento. le parole accentate (per distinguerle dagli omonimi) risalgono ai tempi della bisnonna di mia nonna, e i linguaggi dedicati tipo mail o sms non c'entrano affatto
sono notazioni grafiche ottocentesche, e d'altra parte mia nonna scriveva Affrica con due effe, dobbiamo farne una regola statica e immutabile?

la stessa citazione di cui sopra dice:

In alcuni casi, la differenza di apertura, segnalata nello scritto dall’accento acuto, serve a distinguere parole omografe come bótte (contenitore) ~ bòtte (percosse), chiése (verbo) ~ chièse (plurale di chiesa), nei casi in cui il contesto non basti a disambiguarle.



comunque, io sono uno spirito libero e accetto la stessa libertà anche per gli altri
ma se parliamo di regole, questa è un'altra faccenda

la lingua è una cosa viva, non ce ne dimentichiamo, please
=)
[Modificato da Violadaprile 13/02/2015 02:12]
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